Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19031 del 17/07/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 19031 Anno 2018
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: LUCIOTTI LUCIO

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3017/2017 R.G. proposto da:

IMPRESA GENERALE PUBBLICITA’ JCDECAUX s.p.a., in
persona del legale rappresentante pro tempore, Du tiene de Vere Fabrizio
Attila Francesco, rappresentata e difesa, per procura speciale a margine del
ricorso, dall’avv. Giuseppe CACCIATO, ed elettivamente domiciliata in
Roma, alla via Marocco, n. 18, presso lo studio legale ‘frivoli & Associati,
nella persona dell’avv. Marco PASQUALI;

– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 06363391001, in persona del
Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA

Data pubblicazione: 17/07/2018

GENERALE DELLO STATO, presso la quale è domiciliata in Roma,
alla via dei Portoghesi n. 12;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3761/13/2016 della Commissione tributaria

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 07/06/2018 dal Consigliere Lucio
Rilevato che:
1. L’Agenzia delle entrate, sulla scorta delle risultanze di una verifica
fiscale eseguita dalla G.d.F. a carico dell’Impresa Generale Pubblicità
JCDECAUX s.p.a., concessionaria per la vendita di spazi pubblicitari, a

seguito di quella effettuata nei confronti della Aegis Media Italia s.p.a.,
esercente l’attività di consulenza nel settore pubblicitario (c.d. «centro
media»), emetteva un avviso di accertamento nei confronti della suddetta
ICDECAUX s.p.a. con cui contestava alla medesima di avere, nell’anno
d’imposta 2007, indebitamente detratto l’IVA addebitata sulle fatture
emesse dal centro media per «diritti di negoziazione» o «provvigioni», in
realtà qualificabili come premi di fine anno o premi fedeltà, e quindi come
cessioni di danaro a titolo gratuito, in quanto tali non assoggettabili ad IVA.
2.

Divenuto definitivo l’avviso di accertamento per omessa

impugnazione, i relativi importi venivano iscritti a ruolo e l’agente della
riscossione attivava la procedura di riscossione mediante notifica della
cartella di pagamento, ricevuta la quale la società contribuente avanzava alla
competente Agenzia delle entrate istanza di annullamento in autotutela del
predetto avviso di accertamento e contestuale istanza di rimborso
dell’imposta «per duplicazione ed indebito arricchimento».
3. Il provvedimento di rigetto dell’istanza veniva impugnato dalla
società contribuente dinanzi alla CTP di Milano che rigettava il ricorso ed il
successivo appello veniva respinto dalla CTR che rilevava l’insussistenza sub
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regionale della LOMBARDIA, depositata il 24/06/2016;

specie di un interesse di carattere generale, neppure prospettato dalla
contribuente, che consentisse l’impugnazione del diniego di autotutela
dell’atto impositivo divenuto definitivo, e, quanto alla questione dell’indebito
arricchimento dell’amministrazione finanziaria, sosteneva che la società
appellante non aveva fornito alcuna prova del fatto che l’Aegis Media s.p.a.

«la questione della duplicazione dell’imposta e, dunque del rimborso
presupporrebbe comunque la qualificazione dei diritti di negoziazione e
quindi l’esame del merito della pretesa tributaria», preclusa dalla intervenuta
definitività dell’atto impositivo.
4. Avverso tale statuizione la società contribuente propone ricorso per
cassazione affidato a quattro motivi, cui replica l’intimata con
controricorso.
5. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis
cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio;
6. Il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con motivazione
semplificata.
Considerato che:
1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente deduce, in via
meramente ipotetica, «ove la sentenza impugnata debba intendersi come
meramente confermativa della declaratoria di inammissibilità» del ricorso
introduttivo pronunciata dai giudici di primi grado, la violazione dell’art.
19, comma 1, lett. g), del d.lgs. n. 546 del 1992 da parte della CTR, per non
essersi avveduta che quella rivolta all’amministrazione finanziaria era
un’istanza di autotutela ma anche di rimborso dell’IVA versata, entrambe
rigettate con il provvedimento poi impugnato;
1.1. Il motivo è inammissibile perché prospettato in maniera ipotetica
(arg. da Cass. n. 7394 del 19/03/2008) e, comunque, perché non coglie la
ratio decidendi della sentenza impugnata che ha respinto l’appello della società
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avesse effettivamente pagato l’IVA addebitata in rivalsa e che, in ogni caso,

contribuente anche nel merito delle questioni attinenti l’istanza di rimborso
avanzata contestualmente a quella di autotutela.
2. Tale ultima considerazione rende evidente l’infondatezza anche del
secondo motivo di ricorso, con cui la ricorrente deduce la violazione
dell’art. 112 cod. proc. civ., per avere la CTR pronunciato ultrapetita

l’alterazione del principio di neutralità, la duplicazione dell’imposta e
l’indebito arricchimento per l’erario e, per l’effetto, il diritto al rimborso»,
ha ritenuto tali questioni, in quanto involgenti «la qualificazione dei diritti di
negoziazione e, quindi, l’esame del merito della pretesa tributaria», precluse
dalla definitività dell’avviso di accertamento.
2.1. Al riguardo, peraltro, non può prescindersi dal rilievo che la
statuizione censurata nel motivo in esame si pone perfettamente nell’ambito
del perimetro dei poteri decisori del giudice di merito, in quanto quella della

defintività della pretesa fiscale incardinata nell’avviso di accertamento è
questione comunque ricompresa nel “thema decidendum” risultante dalle

prospettazioni delle parti, peraltro costituente un preliminare quanto
imprescindibile elemento di valutazione della domanda di rimborso.
2.2. A ciò aggiungasi che la CTR ha rigettato l’istanza di rimborso
avanzata dalla società contribuente non soltanto per la preclusione
derivante dall’intervenuta definitività dell’atto impositivo, ma anche per
aver rilevato l’omesso adempimento della ricorrente all’onere, su di essa
incombente, di fornire la prova che la intermediaria Aegis Media s.p.a.
avesse effettivamente pagato l’IVA addebitata in rivalsa. Il che rende
definitivamente ragione dell’infondatezza della censura in esame.
3. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente deduce la «illegittimità
della sentenza impugnata per violazione del principio di neutralità come
connotato dagli artt. 1, 17, comma 1, 18 e 19, comma 1, del DPR n.
633/72», avendo la CTR erroneamente subordinato «il diritto al rimborso al
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laddove, anziché decidere «se dall’accertamento fossero conseguiti:

committente al pagamento dell’Iva da parte del prestatore, nel caso di
specie AEGIS MEDIA Spa», peraltro nella specie neppure contestato
dall’amministrazione finanziaria, «stante l’autonomia del rapporto d’imposta
tra committente, nel caso di specie l’odierna ricorrente, ed erario e le
evidenziate alterazion[i] della neutralità dell’IVA e duplicazione d’imposta».

della sentenza impugnata per violazione del principio di non contestazione
di cui all’art. 115 del c.p.c.», sostenendo che l’amministrazione finanziaria
non aveva mai contestato in giudizio il mancato versamento dell’IVA da
parte della Aegis Media s.p.a. che aveva emesso le fatture oggetto di ripresa
a tassazione.
5. I motivi sono per più versi inammissibili. Da un lato, in ragione
dell’intervenuta definitività dell’avviso di accertamento, che, così come
correttamente rilevato dai giudici di appello, preclude l’esame nel merito
delle questioni che, come quelle indicate nel terzo motivo di ricorso e
relative all’indebito arricchimento dell’amministrazione finanziaria e alla
duplicazione d’imposta, avrebbero dovuto essere dedotti in sede di
impugnazione dell’atto impositivo.
6. Da un altro lato, il quarto motivo è inammissibile per difetto di
autosufficienza. Si legge in Cass. n. 20637 del 2016 che «il ricorso per
cassazione con cui si deduca l’erronea applicazione del principio di non
contestazione non ‘può’ prescindere dalla trascrizione degli atti sulla cui
base il giudice di merito ha ritenuto integrata la non contestazione negata
dal ricorrente». Trascrizione del tutto mancante nel ricorso in esame, in cui
la ricorrente si è limitata a riportare per riassunto le posizioni processuali
assunte dalle parti nel giudizio di merito.
7. In relazione alla questione posta nel predetto quarto motivo, sembra
comunque necessario ricordare che nella giurisprudenza di questa Corte si è
affermato che «In tema di contenzioso tributario, ove la controversia abbia
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4. Con il quarto motivo di ricorso la ricorrente deduce la «illegittimità

ad oggetto l’impugnazione del rigetto dell’istanza di rimborso di un tributo
avanzata dal contribuente, quest’ultimo riveste la qualità di attore in senso
non solo formale – come nei giudizi di impugnazione di un atto impositivo ma anche sostanziale, con la duplice conseguenza che grava su di lui l’onere
di allegare e di provare i fatti ai quali la legge ricollega il trattamento

l’Ufficio nega la sussistenza di detti fatti, o la qualificazione ad essi attribuita
dal contribuente, costituiscono mere difese, come tali non soggette ad
alcuna preclusione processuale, salvo la formazione del giudicato interno o
– dove in concreto ne ricorrono i presupposti – l’applicazione del principio
di non contestazione» (Cass. n. 29613 del 2011; in tema di onere della prova
in materia di azioni di rimborso v. anche Cass. n. 8439 del 2004 e n. 24951
del 2011). Si è quindi affermato che il principio di non contestazione,
sicuramente applicabile al processo tributario (Cass. n. 1540 del 2007),
opera soltanto sul piano della prova (Cass. n. 9732 del 2016). Alla stregua di
tali principi è evidente che, a fronte della omessa produzione da parte della
società contribuente di documentazione che dimostrasse l’avvenuto
pagamento dell’IVA da parte della Aegis Media s.p.a., nessuno specifico
onere di contestazione incombeva sull’amministrazione finanziaria rispetto
a quella che era una mera affermazione di parte, rimasta indimostrata,
perché «ove l’onere della prova dei fatti costitutivi della pretesa fatta valere
in giudizio non incomba all’Amministrazione finanziaria, quest’ultima non
ha l’onere di contestare espressamente i fatti [soltanto] affermati dal
contribuente» (Cass. n. 19187 del 2006).
7.1. 11 motivo di ricorso esaminato è quindi anche palesemente
infondato.
8. Pare infine opportuno precisare che nella specie neppure può dirsi
violato il principio di neutralità dell’IVA, che deve comunque far salva
l’eventualità di una perdita da parte dell’Erario. Invero, alla stregua di Cass.
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impositivo rivendicato nella domanda e che le argomentazioni con le quali

n. 17174 del 2015 (in motivazione, pag. 9 e segg.), deve «ribadirsi il
principio di derivazione comunitaria secondo cui la erronea liquidazione in
fattura dell’IVA non autorizza l’operatore che abbia assolto all’obbligazione
di rivalsa a portare in detrazione l’imposta ovvero a richiedere il rimborso
della eccedenza, atteso che l’art. 17, paragr. 1 e 2, e l’art. 20, paragr. 1, lett.a)

interpretati dalle sentenze della Corte di Giustizia, riconoscono il predetto
diritto esclusivamente nei limiti dell’importo dell’IVA “effettivamente
dovuta” in relazione alla operazione commerciale conclusa dalle parti» (sent.
cit., pag. 12). Il che, ovviamente, presuppone trattarsi di prestazione
imponibile, nella specie invece esclusa (Cass. n. 14406 e n. 19557 del 2017;
n. 5721 del 2018).
9. In estrema sintesi, il ricorso va rigettato e la ricorrente, rimasta
soccombente, condannato al pagamento in favore della controricorrente
delle spese del presente giudizio di legittimità nella misura liquidata in
dispositivo.

P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della
controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro
7.000,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito
dall’art. 1, comma 17, della 1. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto
per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 07/06/2018
si ente
ILI

della VI direttiva del Consiglio del 17.5.1977 n. 77/388/CEE, come

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