Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18724 del 13/07/2018
Civile Sent. Sez. 1 Num. 18724 Anno 2018
Presidente: DIDONE ANTONIO
Relatore: DI MARZIO MAURO
Data pubblicazione: 13/07/2018
SENTENZA
sul ricorso 18596/2015 proposto da:
Mefin S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, Corso Vittorio Emanuele II n.
308, presso lo studio dell’avvocato Ruffolo Ugo, che la rappresenta
e difende, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro
l
Unicredit
S.p.a.,
nella
quale
si
sono
fuse
per incorporazione
UniCredit Banca S.p.a., UniCredit Banca di Roma S.p.a., Banco di
Sicilia S.p.a., UniCredit Private Banking S.p.a., UniCredit Corporate
Banking S.p.a., UniCredit Family Financing Bank S.p.a. e UniCredit
BancAssurance
Management & Administration S.c.r.l., in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in
Roma, Largo Toniolo n.6, presso lo studio dell’avvocato
Morera
Umberto, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al
controricorso;
– controricorrente avverso
la
sentenza
n.
112/2015 della
CORTE
D’APPELLO di
BOLOGNA, depositata il 23/01/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
16/04/2018 dal cons. DI MARZIO MAURO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale CARDINO
ALBERTO che ha concluso per l’accoglimento del motivo quarto,
quinto, sesto e ottavo;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato P. Cartoni Moscatelli, con delega,
che ha chiesto l’accoglimento;
udito, per la controricorrente, l’Avvocato U. Morera che si riporta per
l’accoglimento del proprio ricorso.
FATTI DI CAUSA
l. –
Con sentenza del 23 gennaio 2015 la Corte d’appello di Bologna
ha respinto l’appello proposto da Mefin S.r.l. nei confronti di Unicredit
S.p.A contro la sentenza con cui il Tribunale di Parma, accertata
l’appartenenza
della
stessa
Mefin
2
S.r.l.,
originaria
attrice,
alla
categoria degli «operatori qualificati», ai sensi dell’articolo 31 del
regolamento Consob numero 11522 del 1998, con il conseguente
esonero, per l’intermediario finanziario convenuto, dagli oneri di
informazione sulla natura e sui rischi degli investimenti in prodotti
finanziari effettuati per conto del cliente, aveva respinto la domanda
volta alla dichiarazione di invalidità o di risoluzione del contratto
«Sunrise Swap n. 298434-453» o «Sunrise Swap 5 anni».
2. –
Per la cassazione della sentenza Mefin S.r.l. ha proposto ricorso
per 14 motivi.
Unicredit S.p.A. ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
l. –
Il Collegio ha disposto l’adozione della modalità di motivazione
semplificata.
2. – Il ricorso contiene 14 motivi.
3. –
Il primo motivo denuncia: «Violazione e falsa applicazione di
norme di diritto, ex articolo 360, comma 1, numero 3, in relazione
agli articoli 1362 e seguenti, 1421 c.c., 23 Tuf, nonché degli articoli
115 e 116 c.p.c.», censurando la sentenza impugnata per aver
qualificato quale valido contratto quadro il documento intitolato
«norme relative alle operazioni di interest rate swap tra Rolo Banca
1473 S.p.A. ed operatori qualificati» del 15 ottobre 2001.
4. – Il motivo è inammissibile per una pluralità di ragioni.
3
4.1. –
L’inammissibilità deriva anzitutto dalla violazione del principio
di autosufficienza.
È difatti cosa nota che il principio di autosufficienza del ricorso per
cassazione, sancito dall’art. 366 c.p.c., impone che esso contenga
tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di
avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto,
C)
~
senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi
compresa la sentenza stessa (Cass. 28 dicembre 2017, n. 31082 ;
Cass. 3 febbraio 2015, n. 1926). In breve –
si può riassumere il
senso del principio citando l’articolo 47 del regolamento della Corte
EDU –
il ricorso deve «consentire alla Corte di determinare natura e
oggetto del ricorso senza dover consultare altri documenti».
Nel caso in esame il ricorso non contiene «la specifica indicazione»
(articolo 366, numero 6, c.p.c.) del documento in discorso –
il
documento intitolato «norme relative alle operazioni di interest rate
swap tra Rolo Banca 1473 S.p.A. ed operatori qualificati» del 15
ottobre 2001 -, giacché, oltre ad indicare il luogo di reperibilità del
medesimo, né lo trascrive, né ne riassume comprensibilmente il
contenuto,
limitandosi
mancherebbe
per
intermediazione
a
menzionare
essere
finanziaria,
gli
configurato
peraltro
sul
elementi
come
di
cui
contratto
discusso
esso
di
presupposto,
richiamato in riferimento ad una non meglio precisata «recente
interpretazione giurisprudenziale» (pagina 22 del ricorso), che detto
contratto abbia natura di mandato senza rappresentanza.
4.2. –
Il motivo è altresì inammissibile per le modalità del suo
confezionamento,
svolgendo
cumulativamente
censure
diverse
concernenti la validità del contratto (articoli 1421 c.c. e 23 Tuf), la
sua interpretazione (articoli 1362 e seguenti c.c.) ed il complessivo
4
~
governo del materiale istruttorio (articoli 115 e 116 c.p.c.). Si tratta
dunque all’evidenza di doglianze eterogenee, e per di più in relazione
di reciproca esclusione (giacché la denuncia di violazione di legge non
può essere mediata dalla riconsiderazione delle risultanze istruttorie:
Cass. 11 gennaio 2016, n. 195; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26110;
Cass. 4 aprile 2013, n.8315; Cass. 16 luglio 2010, n. 16698; Cass.
26 marzo 2010, n. 7394; Cass., Sez. Un., 5 maggio 2006, n. 10313),
che denunciano ipotetici assortiti errores commessi dal giudice di
merito sotto profili totalmente distinti.
Orbene, in materia di ricorso per cassazione, l’articolazione di un
singolo motivo in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe
potuto essere prospettato come un autonomo motivo, costituisce
ragione
d’inammissibilità
dell’impugnazione
quando
la
sua
formulazione non consente o rende difficoltosa l’individuazione delle
questioni prospettate (Cass. 17 marzo 2017, n. 7009, sulla scia di
Cass., Sez. Un., 6 maggio 2015, n. 9100).
Tale principio è d’altronde conforme alle indicazioni raccolte nel
Protocollo siglato il 17 dicembre 2015 dalla Corte di cassazione e dal
Consiglio nazionale forense, a mezzo dei loro presidenti, in merito alle
regole redazionali dei motivi di ricorso in materia civile e tributaria,
Protocollo le cui soluzioni interpretative sono per la loro provenienza
tendenzialmente meritevoli di essere valorizzate.
Il
muove
protocollo
dalla
considerazione
che
«il
sovradimensionamento degli atti difensivi di parte possa essere di
ostacolo alla effettiva comprensione del loro contenuto essenziale con
effetti negativi sulla chiarezza e celerità della decisione», ed afferma
tra l’altro che: «L’esposizione deve rispondere al criterio di specificità
e di concentrazione dei motivi e deve essere contenuta nel limite
massimo
di
30
pagine»
(in
questo
5
caso
le
pagine
sono
apparentemente
oltre
80,
e
le
regole
redazionali
previste
dal
Protocollo, che suggerisce l’impiego di caratteri di 12 punti ed
un’interlinea di 1,5, sono ignorate, con l’uso di caratteri ed interlinee
a tratti minuscole, sicché le pagine sono in realtà molte di più).
Ebbene, nell’endiadi «specificità e concentrazione», la concentrazione
si contrappone evidentemente a diluizione, sicché, non dovendo il
C)
~
motivo essere diluito,
ossia
allungato col
superfluo e col
non
direttamente pertinente, esso non può simultaneamente svolgere più
censure, il che per l’appunto può nuocere –
salvo non si versi nella
situazione evidenziata dalla citata Cass., Sez. Un., 6 maggio 2015, n.
9100- alla comprensibilità di ciascuna di esse.
Nel caso in esame, il motivo, spiegato nei termini che si sono indicati,
rende
incomprensibile
l’individuazione
dell’esatta
linea
di
demarcazione tra l’una e l’altra censura, la cui identificazione rimette
in definitiva, inammissibilmente, a questa Corte.
4.3.
L’inammissibilità,
inoltre,
discende
dalla
violazione
di
elementari principi dettati nella materia dalla Corte di cassazione.
4.3.1. –
Ed invero, per quanto riguarda l’asseritamente erronea
interpretazione del documento del 15 ottobre 2001, la censura si
infrange contro la regula iuris secondo cui, in tema di interpretazione
del contratto, il sindacato di legittimità non può investire il risultato
interpretativo in sé, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto
riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del
rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e logicità
della motivazione addotta, con conseguente inammissibilità di ogni
critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di
merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi
6
~
di fatto da questi esaminati (Cass. 10 febbraio 2015, n. 2465; Cass.
26 maggio 2016, n. 10891; Cass. 14 luglio 2016, n. 14355). In
particolare, la parte che, con il ricorso per cassazione, intenda
denunciare
un
errore
di
diritto
o
un
vizio
di
ragionamento
nell’interpretazione di una clausola contrattuale, non può limitarsi a
richiamare genericamente le regole di cui agli artt. 1362 e ss. c.c.,
C)
~
avendo l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati
ed il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi
discostato (Cass. 15 novembre 2013, n. 25728).
In questo caso, l’indicazione degli specifici canoni ermeneutici violati
è totalmente mancante: essa in definitiva si risolve in ciò, che
l’interpretazione motivatamente fornita dal giudice di merito non è
gradita alla ricorrente per cassazione, la quale ve ne contrappone una
diversa ad essa più favorevole, svolgendo così una censura di pieno
merito. E non dovrebbe essere necessario rammentare la nozione
istituzionale secondo cui la Corte di cassazione non è mai (salvo il
caso della cassazione e decisione del merito) giudice del fatto
sostanziale.
4.3.2. –
Quanto alla violazione del principio della disponibilità e di
quello della valutazione delle prove, basterà rammentare che in tema
di ricorso per cassazione, una questione di violazione o di falsa
applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una
erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di
merito, ma, rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest’ultimo
abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti,
ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso,
valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove
legali,
ovvero
abbia
considerato
7
come
facenti
piena
prova,
~
recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti
invece a valutazione (Cass. 27 dicembre 2016, n. 27000; Cass. 11
dicembre 2015, n. 25029; Cass. 19 giugno 2014, n. 13960).
Al
di
fuori
di
tali
circoscritte
ipotesi,
il
principio
del
libero
convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c.,
interamente
opera
sul
piano
dell’apprezzamento
di
merito,
insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione
delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un
vizio
di
violazione
o
falsa
applicazione
di
norme
processuali,
sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360, comma l, n. 4, c.p.c.,
bensì un errore che deve essere censurato attraverso il corretto
paradigma normativa del difetto di motivazione, e dunque nei limiti
consentiti dall’art. 360, comma l, n. 5, c.p.c., come riformulato
dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134
del 2012. (Cass. 12 ottobre 2017, n. 23940).
Di guisa che, nel caso in esame, i citati articoli 115 e 116 c.p.c. non
sono stati richiamati a proposito (e peraltro sono citati erroneamente
in riferimento al numero 3 dell’articolo 360 c.p.c., che, come si sa,
attiene alla violazione della legge sostanziale), in vista di una nuova
valutazione del documento in discorso, tale da condurre a ribaltare il
giudizio di merito al riguardo compiuto dalla Corte territoriale.
E, d’altro canto, il motivo, spiegato ai sensi degli articoli 115 e 116
c.p.c., neppure può essere ricondotto della sua formulazione –
sorvolando sull’erroneità
all’ambito di applicazione del numero 5
dell’articolo 360 c.p.c., giacché esso non ha ad oggetto un fatto,
inteso, secondo quanto chiarito da questa Corte, come fatto storico,
principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza
o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le
8
parti e presenti carattere decisivo per il giudizio (Cass. S.U., n.
8053/2014 ), bensì la valutazione del documento in discorso.
S. –
Il secondo motivo denuncia: «Violazione e falsa applicazione di
norme di diritto, ex articolo 360, comma 1, numero 3, in relazione
agli articoli 1325, 1421 c.c., 23 Tuf, e comunque agli articoli 101,
C)
~
comma 2, 115 e 116 c.p.c.», censurando la sentenza impugnata per
aver omesso di rilevare la nullità del contratto d’intermediazione
finanziaria del 15 ottobre 2001 in quanto sottoscritto dalla sola
società ricorrente.
6. – Il motivo va disatteso.
Non è il caso qui di dilungarsi sui molteplici profili di inammissibilità
del motivo, che pure palesemente sussistono alla stregua dei principi
ricordati ai §§ 4.1., 4.2., 4.3., 4.3.1. e 4.3.2 ..
Basterà rammentare che le Sezioni Unite di questa Corte hanno di
recente stabilito il principio, al quale il Collegio intende uniformarsi,
secondo cui: «In tema d’intermediazione finanziaria, il requisito della
forma scritta del contratto-quadro, posto a pena di nullità (azionabile
dal solo cliente) dall’art. 23 del d.lgs. n. 58 del 1998, va inteso non in
senso strutturale, ma funzionale, avuto riguardo alla finalità di
protezione dell’investitore assunta dalla norma, sicché tale requisito
deve ritenersi rispettato ave il contratto sia redatto per iscritto e ne
sia consegnata una copia al cliente, ed è sufficiente che vi sia la
sottoscrizione di quest’ultimo, e non anche quella dell’intermediario, il
cui consenso ben può desumersi alla stregua di comportamenti
concludenti dallo stesso tenuti» (Cass., Sez. Un., 16 gennaio 2018, n.
898).
9
~
Il terzo motivo denuncia: «Violazione e falsa applicazione di
7. –
norme di diritto, ex articolo 360, comma 1, numero 3, in relazione
agli articoli 6 del decreto legislativo 5/2003, 1325, 1421 c.c., 23 Tuf
nonché 101, comma 2, e 345 c.p.c., e, comunque, in relazione agli
articoli 115, 116 c.p.c., nonché 345 c.p.c.», censurando nuovamente
il mancato rilievo della nullità per difetto di forma del contratto
C)
~
~
d’intermediazione finanziaria del 15 ottobre 2001.
8. – Il motivo va disatteso.
Tralasciati anche in questo caso i profili di inammissibilità, che ancora
una volta sussistono in applicazione dei principi ricordati ai §§ 4.1.,
4.2., 4.3., 4.3.1. e 4.3.2., è sufficiente richiamare l’autorità della
pronuncia delle Sezioni Unite da ultimo citata.
Il quarto motivo denuncia: «Violazione e falsa applicazione di
9. –
norme di diritto, ex articolo 360, comma 1, numero 3, in relazione
agli articoli 6 decreto legislativo 5/2003, 1325, 1352 e 1421 c.c.,
nonché 101, comma 2, 115, 116 e 345 c.p.c.», censurando la
sentenza impugnata per non aver rilevato la nullità di ciò che la
ricorrente qualifica come «preteso contratto denominato “Sunrise
Swap 5 anni» per violazione del requisito di forma convenzionale
secondo la stessa ricorrente previsto nel documento del 15 ottobre
2001,
considerato
dalla
Corte
territoriale
quale
contratto
d’intermediazione finanziaria.
10. – Il motivo va disatteso.
‘
E
nuovamente
superfluo
dilungarsi
sui
molteplici
profili
di
inammissibilità della censura, che pure sussistono in base agli principi
10
ricordati ai§§ 4.1., 4.2., 4.3., 4.3.1. e 4.3.2., trattandosi di doglianza
manifestamente priva di pregio.
La stessa Mefin S. r.I. ha riferito di aver sottoscritto «un sedicente
“modulo
per
operazioni
in
prodotti
derivati
OTC
tassi”
dd.
1 O. 7.2004», che si assume essere, secondo la prospettazione della
stessa ricorrente, «privo dei c.d. “elementi costitutivi essenziali” per il
perfezionamento di una operazione di swap» (pagina 4 del ricorso): e
che, secondo quanto ritenuto dai giudici di merito, è in effetti il
contratto quadro che sorregge il successivo contratto di swap.
Sicché il richiamo alla violazione della asserita pattuizione di forma
convenzionale, riconducibile all’articolo 1352 c.c., è chiaramente fuori
bersaglio, giacché il requisito formale è per ammissione della stessa
ricorrente sussistente, mentre la censura concerne il contenuto
non certo la forma –
dell’accordo, che non potrebbe, secondo la
ricorrente, «giammai essere qualificato come contratto di swap»
(pagina 40 del ricorso) per la mancanza di talune indicazioni giudicate
essenziali, non si sa in relazione a quali parametri normativi, dalla
società.
11. –
Il quinto motivo denuncia: «Violazione e falsa applicazione di
norme di diritto, ex articolo 360, comma 1, in relazione agli articoli
99, 112 e 113 c.p.c.», censurando la sentenza impugnata, per aver
giudicato inammissibile, per la sua novità, la domanda di nullità del
contratto per mancanza di causa derivante dalla incongruità del c.d.
nazionale.
12. – Il motivo è inammissibile perché aspecifico.
Rimane infatti avvolto nell’oscurità, alla lettura del ricorso, il perché il
c.d. nazionale sarebbe incongruo, così da determinare, secondo la
11
ricorrente, la nullità del contratto per mancanza di causa in ragione
del difetto di alea a carico della banca.
Ciò esime dall’osservare che un problma di incongruità del nozionale
in tanto si può porre, evidentemente, in quanto si versi in ipotesi di
swap di copertura, mentre in questo caso, come subito si vedrà, il
giudice di merito ha ritenuto trattarsi di swap speculativo, sicché la
doglianza è nuovamente fuori centro.
13. –
Il sesto motivo denuncia: «Violazione e falsa applicazione di
norme di diritto, ex articolo 360, comma 1, numero 3, in relazione
agli articoli 6 del decreto legislativo 5/2003, 1325 e 1421 c.c., 23 Tuf,
nonché
101,
comma
2,
115,
116
e 345 c.p.c.»
censurando
nuovamente la sentenza impugnata per non aver pronunciato la
nullità del contratto di swap per mancanza di causa, in conseguenza
della mancanza di necessaria correlazione funzionale tra rischio e
tipologia
del
prodotto
finanziario
acquistato,
il
quale
avrebbe
perseguito finalità speculative, con grave sbilanciamento del rapporto
a favore della banca.
14. – Anche in questo caso il motivo è inammissibile.
14.1. –
La tesi, in sostanza, si riassume in ciò, che la società avrebbe
stipulato il contratto di swap al fine di cautelarsi dal rischio di
oscillazione dei tassi di interesse (il che coincide in effetti con una
tipica funzione economica deii’IRS) e che, tuttavia,
il contratto
avrebbe invece perseguito finalità speculative tali da porre l’alea
unicamente a carico di Mefin S.r.l ..
E questo, secondo la consulenza di parte prodotta dalla stessa
società, la cui efficacia probatoria –
12
è subito da dire – è pari a zero,
perché Mefin S.r.l. avrebbe potuto guadagnare «so/o in caso di
significativo
rialzo
dei
tassi
di
interesse,
ipotesi
pressoché
impossibile».
14.2. –
Anzitutto l’inammissibilità discende dalla circostanza che la
ricorrente non ha individuato la ratio decidendi posta a sostegno della
decisione impugnata.
Difatti la Corte territoriale ha radicalmente escluso che il contratto
fosse stato stipulato per la menzionata finalità e non per una finalità
speculativa, affermando che la convinzione riferita dal Bacchi, ossia
del legale rappresentante della società, «che i tre contratti in derivati
da lui conclusi con la banca fossero finalizzati ad una “assicurazione
contro il rischio futuro dei tassi” è smentito dalle avvertenze
contenute nel contratto quadro relative alle operazioni di interest rate
swap da lui sottoscritto».
E dunque il motivo neppure sfiora la motivazione posta dalla Corte di
merito a fondamento della decisione assunta.
14.3. – Al di là di quanto precede, premesso che il contratto di swap
non è certo in sé immeritevole –
e ritenere il contrario costituirebbe
del resto una grottesca compressione dell’autonomia negoziale -, nel
quadro di applicazione del secondo comma dell’articolo 1322 c.c. (v.
p. es. Cass. 31 luglio 2017, n. 19013, la quale sostiene che, in caso di
swap con funzione di «copertura» occorre che vi sia una correlazione
tra l’operazione ed il rischio da coprire; v. pure Cass. 18 luglio 2017,
n. 18781), a parte il fatto che il motivo è nel suo complesso
inammissibile perché non autosufficiente, dal momento che l’esatto
contenuto del contratto di swap in discorso, come già si diceva, non è
comprensibilmente descritto, sicché la Corte non è neppure in grado
13
di apprezzare il contenuto della pattuizione, nel caso di specie
l’immeritevolezza
è
fatta
discendere
non
già
dall’intrinseca
conformazione del rapporto, ma dagli esiti economici prodottisi ex
post, peraltro sulla base di valutazioni di parte come tali prive di
qualunque efficacia probatoria.
Ora, è facile ritenere «pressoché impossibile» l’aumento dei tassi di
C)
~
interesse, quando, alla scadenza del periodo di riferimento, un
incremento non vi sia stato: ben più difficile è preconizzare in anticipo
ciò che accadrà, per il che –
per l’appunto –
viene stipulato il
contratto IRS con funzione di copertura delle possibili oscillazioni dei
tassi di interesse, oscillazioni che, nella comune esperienza, non sono
affatto nè impossibili, né necessariamente lievi. Sicché, in definitiva, il
sostenere in una fattispecie come quella considerata la tesi della
nullità del contratto per mancanza di causa, in conseguenza della
mancanza di alea, possiede in sé –
e cioè se l’assenza di causa non
emerga alla stregua del testo contrattuale valutato ex ante –
la
stessa fondatezza che avrebbe la tesi della nullità del contratto di
assicurazione
per
il
rischio
di
incendio
o
di
terremoto,
che
costituiscono normalmente eventualità remote alquanto, una volta
che l’incendio o il terremoto non abbiano avuto luogo. Insomma, i
contratti aleatori sono previsti dall’ordinamento e non vanno certo
incontro in se stessi ad un giudizio di immeritevolezza. È fortemente
opinabile, poi, se il giudizio di meritevolezza possa essere impiegato a
fini di riequilibrio equitativo del contratto, ma certo ciò sia possibile –
ammesso che
l’operazione va almeno compiuta secondo una
valutazione operata ex ante, non ex post, sì da giudicare meritevoli i
contratti di swap in cui l’investitore ha guadagnato e immeritevoli
quelli in cui ha perso.
14
cd
15. –
Il settimo motivo denuncia: «Violazione e falsa applicazione di
norme di diritto, ex articolo 360, comma 1, numero 3, in relazione
agli articoli 342 e 346 c.p.c.», censurando la sentenza della Corte
d’appello per aver ritenuto che la sentenza di primo grado non fosse
stata impugnata nella parte in cui aveva rigettato la domanda di
nullità per difetto di causa.
C)
~
~
16.
–
Il
motivo
è assorbito per effetto della
pronuncia
di
inammissibilità del precedente.
17. –
L’ottavo motivo denuncia: «Violazione e falsa applicazione di
norme di diritto, ex articolo 360, comma 1, numero 3, in relazione
agli articoli 1362 e seguenti, 1421 c.c., nonché 115 e 116 c.p.c.»,
censurando la sentenza impugnata per non aver considerato il rilievo
probatorio del documento numero 18 prodotto dalla banca nel
giudizio di primo grado nonché i documenti 3 e 4 prodotti dall’attrice.
18. – Il motivo è inammissibile ed è spiegato contro l’evidenza.
Sono palesemente sussistenti tutti i vizi di inammissibilità già elencati
nello scrutinio del primo motivo, ai §§ 4.1., 4.2., 4.3., 4.3.1. e 4.3.2 ..
Ma, al di là di questo, il motivo in questione si riferisce al contratto di
swap
oggetto
del
contendere,
che,
contrariamente
a
quanto
sostenuto dalla ricorrente, è stato considerato dal giudice del merito e
ritenuto valido, mentre la censura si appunta sulla valutazione del
suo contenuto, valutazione evidentemente interdetta in questa sede,
mirando a rimettere in discussione il giudizio di merito, attraverso la
considerazione di una pluralità di elementi, che secondo la ricorrente,
avrebbero dovuto condurre ad una declaratoria di inesistenza o
invalidità del menzionato contratto.
15
19. –
Il nono motivo denuncia: «Violazione e falsa applicazione di
norme di diritto, ex articolo 360, comma 1, numero 3, in relazione
agli articoli 115 e 116 c.p.c.», censurando la sentenza impugnata per
aver omesso di esaminare il documento 29 prodotto dalla banca.
20. -Anche qui l’inammissibilità è macroscopica.
Il documento è stato esaminato mediante il richiamo al giudizio già
svolto dal primo giudice. Viene ancora una volta sollecitata una
inammissibile rivalutazione del fatto.
21. –
Il decimo motivo denuncia: «Violazione e falsa applicazione di
norme di diritto, ex articolo 360, comma 1, numero 3, in relazione
agli articoli 115 e 116 c.p.c., 1322, 1325 e 1421 c.c.», censurando la
sentenza
impugnata,
nuovamente,
per
aver
ritenuto
valido
e
meritevole di tutela il contratto di swap.
22. –
Il pletorico motivo in esame, che ripropone argomenti già
abbondantemente svolti e ribaditi, è palesemente inammissibile sotto
tutti i profili già evidenziati in riferimento al primo ed al sesto motivo.
23. –
L’undicesimo motivo denuncia: «Violazione e falsa applicazione
di norme di diritto, ex articolo 360, comma 1, numero 3, in relazione
agli articoli 1421 c.c., 23 Tuf, 101, comma 2, 115, 116 e 345 c.p.c.»,
censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto inammissibile la
domanda di nullità «del preteso contratto denominato interest rate
swap d.d. 15.10.2001, la domanda di nullità del preteso contratto
denominato Atlantic swap d.d. 19.11.2002 nonché la domanda di
nullità di tutte le pretese operazioni in derivati dedotte in giudizio».
16
24. – Il motivo è inammissibile.
Esso non è autosufficiente.
Alla lettura del ricorso rimane ignoto lo specifico contenuto di tali
distinti contratti di swap, antecedenti rispetto a quello inizialmente
dedotto in giudizio, né si sa quali siano «tutte le pretese operazioni in
C)
~
~
derivati dedotte in giudizio», non meglio identificate.
25. – Il dodicesimo motivo denuncia: «Violazione e falsa applicazione
di norme di diritto, ex articolo 360, comma 1, numero 3, in relazione
agli articoli 345 e 346 c.p.c., e, comunque, in relazione agli articoli
115 e 116 c.p.c.», censurando la sentenza impugnata per aver
addebitato ad essa ricorrente di non aver impugnato la sentenza di
primo grado nella parte in cui aveva ritenuto che Mefin S.r.l. non
avesse assolto all’onere di dimostrare la mancanza dei requisiti di
esperienza e competenza in materia di strumenti finanziari collegati
alla posizione di operatore qualificato.
26. – Il motivo è inammissibile dal momento che la Corte territoriale
ha motivato sul punto, ritenendo che la società dovesse essere
considerata
operatore
qualificato,
né
si
pone
un
problema
di
ribaltamento dell’onere della prova, giacché la Corte ha rammentato
che Bacchi aveva espressamente dichiarato di
possedere «una
specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in
strumenti
finanziari»,
correttamente
richiamando
il
principio
formulato da Cass. 26 maggio 2009, n. 12138, secondo cui, a fronte
dell’espressa
operatori
ammissione
qualificati,
di
ricade
appartenenza
sull’interessato
contraria.
17
alla
categoria
l’onere
della
degli
prova
27.
Il
tredicesimo
motivo
denuncia:
«Violazione
e
falsa
applicazione di norme di diritto ex articolo 360, comma 1, numero 3,
in relazione agli articoli 345 e e 346 c.p.c., e, comunque, in relazione
agli articoli 115 e 116 c.p.c.», censurando la sentenza impugnata per
aver considerato Mefin S.r.l. operatore qualificato ex articolo 31 del
regolamento Consob numero 11.522 del 1998
28. – Il motivo è anche questa volta palesemente inammissibile.
Come si è già detto, gli articoli 115 e 116 c.p.c. non sono richiamati a
proposito (v. § 4.3.2.), mentre il motivo –
che non ha nulla a che
vedere con la nozione di imprenditore qualificato come considerata
sul piano normativo –
mira a rimettere in discussione la valutazione
di fatto compiuta dal giudice di merito, il quale ha valorizzato la già
menzionata dichiarazione proveniente dal Bocchi evidenziando che,
secondo quanto già stabilito dal Tribunale, non era stata allegata
alcuna circostanza specifica
da cui desumere la
mancanza del
dichiarato requisito di competenza ed esperienza in materia di
operazioni in valori mobiliari.
29. –
Il quattordicesimo motivo denuncia:
«Violazione e falsa
applicazione di norme di diritto, ex articolo 360, comma 1, numero 3,
in relazione agli articoli 115, 116 c.p.c., e, comunque, in relazione
agli articoli 345 e 346 c.p.c.», censurando la sentenza della Corte
d’appello per aver ritenuto che
non fosse stata impugnata
la
statuizione di primo grado di rigetto della domanda nullità del
contratto di swap per omessa indicazione della facoltà di recesso del
cliente.
18
30. –
Il motivo è assorbito dal rigetto del precedente, giacché,
rimasta ferma l’attribuzione alla società di operatore qualificato,
rimane parimenti ferma l’inapplicabilità dell’invocata disposizione ai
sensi dell’articolo 31 del regolamento Consob numero 11.522 del
1998.
31. –
Le spese seguono la soccombenza. Secondo il già citato
Protocollo il
mancato rispetto dei
limiti dimensionali
indicati è
valutabile ai fini della liquidazione delle spese del giudizio, che
vengono nel caso di specie liquidate di conseguenza, anche in ragione
della inusuale, e per di più in larghissima parte superflua e ripetitiva,
dilatazione del ricorso.
32. –
Sussistono
presupposti per il raddoppio del contributo
unificato.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore della
controricorrente,
delle
spese
sostenute
per
questo
giudizio
di
legittimità, liquidate in complessivi € 13.300,00, di cui € 200,00 per
esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15°/o ed agli
accessori di legge, dando atto, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002,
articolo 13, comma l quater, che sussistono i presupposti per il
versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a
norma dello stesso articolo 13, comma l bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione
civile, il 16 aprile 2018.
19
’
.
20