Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25157 del 08/11/2013
Civile Sent. Sez. 5 Num. 25157 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: BRUSCHETTA ERNESTINO LUIGI
SENTENZA
sul ricorso n. 23358/08 proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore
Centrale
pro tempore,
elettivamente domiciliata in
Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura
Generale dello Stato, che la rappresenta e difende
ope
legis;
— ricorrente —
contro
Cassina Cristina, elettivamente domiciliata in Roma,
Viale Regina Margherita n. 262/264, presso lo Studio
dell’Avv. Salvatore Taverna, che la rappresenta e
difende congiuntamente e disgiuntamente con l’Avv.
Alessandro Paino, giusta delega a margine del
Data pubblicazione: 08/11/2013
controricorso;
– controricorrente e sul ricorso incidentale n. proposto da:
Cassina Cristina, elettivamente domiciliata in Roma,
Viale Regina Margherita n. 262/264, presso lo Studio
difende congiuntamente e disgiuntamente con l’Avv.
Alessandro Paino, giusta delega a margine del
controricorso;
– ricorrente incidentale contro
Agenzia delle Entrate;
– intimata avverso la sentenza n. 94/04/07 della Commissione
Tributaria Regionale della Sicilia, depositata il 20
novembre 2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 2 ottobre 2013, dal Consigliere Dott.
Ernestino Bruschetta;
udito l’Avv. dello Stato Paola Zerman, per la
ricorrente;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Pasquale Fimiani, che ha concluso per
il rigetto del
ricorso principale e assorbito
l’incidentale.
Fatto
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dell’Avv. Salvatore Taverna, che la rappresenta e
Con l’impugnata sentenza n. 94/04/07, depositata il 20
novembre 2007, la Commissione Tributaria Regionale
della Sicilia, respinto l’appello dell’Ufficio,
confermava la decisione n. 422/12/05 della Commissione
Tributaria Provinciale di Palermo che aveva accolto il
ricorso proposto dalla contribuente Cassina Cristina,
mortis causa
di
Cassina Giulio, avverso l’avviso di liquidazione
dell’imposta
di
principale
successione
n.
03/00197/000016/001.
La CTR riteneva dapprima che la contribuente non avesse
compiuto alcun atto di accettazione dell’eredità, tale
non essendo la conversione in euro di quote sociali da
parte del liquidatore d’una Società paterna, col
risultato che essendo la contribuente una semplice
chiamata all’eredità non in possesso di beni relitto
della stessa, in ragione della previsione contenuta
all’art. 36, comma 3, d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346,
non poteva esser considerata “debitrice in solido
dell’imposta di successione”; “a tali assorbenti
motivi”, la CTR aggiungeva però quello ulteriore della
nullità dell’opposto avviso di liquidazione “per
l’assoluto difetto di motivazione sul punto della
mancata considerazione e valutazione delle passività
denunziate e indicate nell’inventario”, osservando, a
riguardo, “che nell’atto impugnato non vi è traccia
dell’Iter
logico
seguito dall’Ufficio per escludere
dette passività impedendo agli eredi di esercitare il
loro diritto di controllo e difesa”; per il che,
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chiamata con altri alla successione
concludeva la CTR, “l’atto impugnato appare viziato da
nullità per difetto di motivazione e ne va dichiarata
la totale inefficacia”.
Contro la sentenza della CTR, l’Agenzia delle Entrate
proponeva ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
La contribuente resisteva con controricorso, a sua
affidato a due mezzi.
Contro il ricorso incidentale condizionato, l’Agenzia
delle Entrate non proponeva difese.
La contribuente si avvaleva della facoltà di depositare
memoria.
Diritto
1.
Ex
art.
335
c.p.c.
i ricorsi principale e
incidentale condizionato, debbono esser riuniti.
2. Col terzo complesso motivo del ricorso principale,
ma da esaminarsi preventivamente pel suo carattere
logico giuridico preliminare, l’Agenzia delle Entrate
censurava la sentenza a’ sensi dell’art. 360, comma l,
n. 3 e 5, c.p.c., deducendo, in rubrica, “Violazione e
falsa applicazione dell’art. 7 1. 212/00 e degli artt.
33 e 34 d.lgs. 346/90 ed insufficiente motivazione su
fatti decisivi e controversi della causa”; questo
perché, a giudizio dell’Agenzia delle Entrate, pur
essendo in fatto vero ch’erano “rimaste oscure le
ragioni dell’esclusione delle passività, non esternate
né chiarite dall’Ufficio impositore”, l’opposto avviso
di liquidazione doveva lo stesso esser ritenuto
legittimo non avendo “impedito né limitato in alcun
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volta proponendo ricorso incidentale condizionato
modo il diritto di difesa della contribuente”, giacché
l’Amministrazione ben poteva semplicemente disconoscere
le passività, essendo onere della ricorrente dimostrare
l’esistenza delle stesse. Il quesito era: “se
nell’ambito di una controversia tributaria concernente
la liquidazione dell’imposta di successione dovuta in
considerazione dell’oggetto del giudizio tributario
(che, a differenza del giudizio amministrativo, non è
limitato agli aspetti di mera legittimità dell’atto
impositivo impugnato, ma si estende al merito del
rapporto) costituisca motivo di nullità dell’atto di
liquidazione impugnato la circostanza che l’Ufficio non
abbia esplicitamente chiarito le ragioni per le quali
non abbia ammesso in deduzione le passività risultanti
dall’inventario redatto dagli eredi, sebbene – alla
luce della disciplina legale della materia e in
considerazione del contenuto dei motivi di impugnazione
proposti dai contribuenti avverso tale atto – i
chiamati all’eredità fossero perfettamente in grado di
verificare la correttezza della determinazione
dell’imposta operata dall’Ufficio ed avessero comunque
pienamente compreso che la differenza tra la somma
pretesa e quella asseritamente dovuta fosse dovuta alla
omessa deduzione delle passività, così da poter
adeguatamente contrastare nella competente sede
giudiziaria le ragioni della pretesa fiscale, e se sia
pertanto giuridicamente corretta la sentenza impugnata
nella presente sede, che ha annullato l’avviso di
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via principale dai chiamati all’eredità ed in
liquidazione dell’imposta di successione dovuta dai
:
chiamati all’eredità in base alla propria dichiarazione
per il fatto che l’Ufficio non aveva esternato le
ragioni per le quali non aveva ammesso in deduzione le
passività dichiarate, sebbene con il proprio ricorso
introduttivo l’odierno intimato avesse contestato la
perciò dimostrato di aver perfettamente compreso che la
determinazione dell’imposta era dipesa da tale
circostanza”.
Il motivo è infondato.
L’impugnata sentenza, nella sua parte narrativa, ha
accertato che l’avviso di liquidazione era “concernente
l’imposta principale”. E l’accertamento non è stato
oggetto di censura. L’imposta è stata quindi liquidata
sulla scorta della dichiarazione per cui, a’ sensi
dell’art. 33, comma 2, lett. a) b), comma 3, d.lgs. n.
346 cit., nell’avviso le eventuali esclusioni di
passività “esistenti” debbono “risultare” indicate per
dar modo al contribuente p.es. di documentarle ecc. E
ciò differentemente da quanto previsto per l’imposta
“complementare” liquidata a seguito di rettifica per
causa della “inesistenza” delle passività infedelmente
dichiarate; laddove, in effetti, dall’art. 34, comma 2
e 2
bis,
d.lgs. n. 346 cit. ha invece disposto che
siano obbligatorie l’indicazione della prova contraria
a quella documentale offerta dal contribuente e la
motivazione circa il mancato riconoscimento
dell'”esistenza” delle passività dedotte. Tuttavia,
mancata deduzione delle predette passività e avesse
come questa Corte ha già avuto occasione di chiarire,
anche in ipotesi di liquidazione dell’imposta
principale debbono risultare esplicitate dall’Ufficio
le specifiche ragioni di esclusione di ciascuna
passività (Cass. sez. trib. n. 8190 del 2011).
Altrimenti, in mancanza, con ripercussioni
verrebbe negato. Questo, in particolare, perché l’art.
24, comma 2, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, consente
solamente l’integrazione dei motivi proposti col
ricorso introduttivo della lite fiscale. Motivi di
ricorso che, in assenza delle ragioni dell’esclusione
delle passività, non potrebbero esser indicati e quindi
nemmeno integrati. Dalla infondatezza del presente
motivo conseguenza della necessità di motivare
l’esclusione delle passività in parola – la CTR ha
fatto discendere la non impugnata statuizione di totale
nullità dell’avviso per difetto assoluto di
motivazione.
3. Con ciò rimangono assorbiti gli altri motivi del
ricorso
principale
il
ed
ricorso
incidentale
condizionato.
4.
Nella
novità
del
richiamato
orientamento
giurisprudenziale, debbono esser fatte consistere le
ragioni che inducono questa Corte a compensare
integralmente le spese processuali del presente.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi principale e incidentale;
rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito
7
costituzionali, il diritto difensivo del contribuente
’SENTE DA Z.E(IlST?”
Al SENSI DITA..
– N.5
N.131 T
MATERIA
quello incidentale; compensa integralmente le spese
grado.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del
giorno 2 ottobre 2013