Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44671 del 20/09/2013
Penale Sent. Sez. 2 Num. 44671 Anno 2013
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: VERGA GIOVANNA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
VAIRA BERARDINO N. IL 07/12/1955
avverso la sentenza n. 1876/2012 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 06/07/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/09/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. K;(_,A2_, °LI(
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che ha concluso per a ni trI u_Q-e-c> rrn e,y) (70 /2en1
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(R-oe<_A_A--4D-AP- Data Udienza: 20/09/2013 MOTIVI DELLA DECISIONE Ricorre per Cassazione Vaira Berardino avverso la sentenza della Corte d'Appello di Bologna
che, in data 6.7.2012, ha confermato la sentenza del locale tribunale con riferimento alle
truffe consumate nei mesi di dicembre 2004 e febbraio 2005.
Deduce il ricorrente che il provvedimento impugnato è incorso in:
1. violazione di legge e vizio della motivazione. Sostiene che la corte territoriale ha errato
nella lettura ed interpretazione delle norme extrapenali. Rileva che con il Ribadisce che il danno diversamente da quanto indicato dalla corte di merito deve
essere valutato globalmente e non mensilmente. Ritiene che comunque l'imputato è
incorso in errore sul fatto con conseguente assenza dell'elemento soggettivo
2. errata applicazione della legge sul trattamento sanzionatorio. Rileva che la corte
territoriale, pur circoscrivendo a due soltanto gli episodi per i quali è pronunziata
sentenza, ha lasciato tuttavia inalterata la pena inflitta
Il ricorrente presentava motivi aggiunti con i quali chiedeva declaratoria di prescrizione. Il primo motivo di ricorso è inammissibile perchè ripropone le stesse ragioni già discusse e
ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi lo stesso considerare, per di più, non
specifico. La mancanza di specificità del motivo, invero, dev'essere apprezzata non solo per la
sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le
ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione,
questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di
aspecificità, conducente a mente dell'art. 591 cod. proc. pen., comma primo, lett. c),
all'inammissibilità. Le argomentazioni esposte nel motivo in esame si risolvono in generiche
censure che tendono unicamente a prospettare una diversa ed alternativa lettura dei fatti di
causa, ma che non possono trovare ingresso in questa sede di legittimità a fronte di una
sentenza che ha dato conto, rispondendo in maniera specifica a tutte le doglianze avanzate,
che il reato contestato sussiste per le rate mensili di luglio ( poi dichiarato prescritto) dicembre 2004 e febbraio 2005 perché in relazione a tali rate le ore lavorate in eccedenza non
compensavano integralmente quelle "carpite" all'azienda ospedaliera mediante il raggiro del
badge affidato a terze persone, con la conseguenza che il Vaira ebbe dunque a percepire
emolumenti che non gli erano dovuti. In relazione a dette mensilità sussistevano tutti gli
elementi costitutivi del reato di truffa e cioè: l'aver tratto in errore l'azienda ospedaliera presso
la quale lavorava, mediante il raggiro del proprio badge smarcato da altro soggetto; l'essersi
procurato un ingiusto profitto, rappresentato da emolumenti eccedenti quelli che gli erano
dovuti; l'aver cagionato specularmente un ingiusto danno patrimoniale all'ente erogatore di
detti i emolumenti. Sussisteva inoltre il necessario elemento psicologico del reato in quanto
l'imputato era perfettamente consapevole di un utilizzo improprio truffaldino del proprio badge,
l comportamento addebitato il ricorrente non ha procurato alcun danno alla struttura. evidentemente finalizzato a risultare presente sul luogo di lavoro per un certo numero di ore,
secondo un monte ore che lui sapeva che era dovuto. Così agendo era perfettamente
consapevole che, anche a dispetto delle ore effettuate in eccedenza e non retribuitegli sarebbe
potuto accadere, come effettivamente è avvenuto, quanto meno nelle tre indicate mensilità,
che le sue ore effettivamente lavorate finissero con l'essere inferiore al debito orario che egli
doveva rispettare cosicché gli emolumenti percepiti sarebbero risultati eccedenti rispetto a
quelli realmente a lui spettanti.
E' evidente infatti che, a fronte di una sentenza di appello, come quella in argomento, che ha come motivo di ricorso in Cassazione non può essere considerata come critica argomentata
rispetto a quanto affermato dalla Corte d'Appello.
Il secondo motivo di ricorso è fondato. Se è vero, come indicato dalla Corte territoriale, che il
Tribunale, nonostante la ritenuta sussistenza di una truffa continuata, previa concessione delle
circostanze attenuanti generiche in misura equivalente alla contestata e ritenuta aggravante,
ha fissato la pena detentiva nel minimo edittale ( mesi 6 di recl.), con conseguente
impossibilità di una riduzione della stessa, in sede d'appello, a seguito di declaratoria di
prescrizione, pena l'irrogazione di pena illegale, è pur vero che tali considerazioni non possono
essere svolte, con riguardo alla pena pecuniaria (C 400,00) che non è stata fissata nel minimo
edittale.
Il reato però, tenendo conto anche delle intervenute sospensioni pari a mesi 2 e gg. 7, è
prescritto. La sentenza deve pertanto essere annullata senza rinvio per estinzione del reato
con conferma delle statuizioni civili e condanna del ricorrente alla rifusione delle spese
sostenute dalla parte civile Policlinico Sant'Orsola Malpighi SpA che liquida in C 3.200,00 oltre
IVA e CpA:
P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
Conferma le statuizioni civili e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalla
parte civile Policlinico Sant'Orsola Malpighi SpA che liquida in C 3.200,00 oltre IVA e CpA.
Così deliberato in Roma il 20.9.2013
Il Consigliere estensore
Giovanna VERGA fornito una risposta specifica ai motivi di gravame la ripresentazione delle stesse doglianze