Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24930 del 06/11/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 24930 Anno 2013
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 2316-2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

UNION

PRINTING

SPA

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in

. ROMA VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio

dell’avvocato PANARITI PAOLO, che lo rappresenta e
difende giusta delega a margine;

Data pubblicazione: 06/11/2013

- controricorrente
avverso la sentenza n.

225/2007

della COMM.TRIB.REG.

di ROMA, depositata il 04/12/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del

21/05/2013

dal Consigliere Dott. ROBERTO

udito per il ricorrente l’Avvocato FRIGIDA che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato BUZZI delega
Avvocato PANARITI che ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

GIOVANNI CONTI;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. L’Ufficio di Viterbo dell’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti della Union Printing spa
diversi avvisi di accertamento per la ripresa a tassazione, relativa agli anni di imposta compresi fra
il 1996 ed il 1999, del tributo IVA, rideterminando il reddito di dichiarato per costi relativi a
consulenze commerciali solo apparentemente fornite da società (Arca sas).
2. La società contribuente proponeva autonomi ricorsi alla CTP di Viterbo che li accoglieva

fiscali.
3. Sull’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate la CTR del Lazio, con sentenza pubblicata il
4.12.2007, riformava parzialmente la decisione di primo grado, respingendo l’impugnazione
proposta dall’Agenzia delle Entrate relativamente al recupero delle detrazioni effettuate con
riferimento alle prestazioni per consulenza effettuate dalla società Arca sas e confermando le
ulteriori riprese.
5. Per quel che qui ancora interessa la CTR, nel disattendere le doglianze relative alla mancata
ripresa a tassazione dei compensi relativi alle consulenze commerciali e finanziarie rese dalla Arca
sas di Pepponi Michele, evidenziava che l’esistenza di vincoli parentali fra i soci delle due società
non incideva sull’autonoma individualità delle due società, dotate di autonomi organi deliberativi,
non essendo peraltro emersa alcuna irregolarità contabile nella tenuta dei libri sociali e nei
documenti fiscali delle due compagini societarie. Anche il Tribunale di Viterbo, d’altra parte, aveva
confermato che la compartecipazione di un socio ad entrambi i sodalizi non era indice
dell’insussistenza delle prestazioni. Non poteva, invece, la CTR compiere alcuna valutazione in
ordine all’antieconomicità dell’operazione, essendo la scelta di affidamenti di incarichi esterni
riservata alla sfera decisionale della società e dei suoi organi che rispondevano nei confronti dei
soci e dei terzi dei propri atti.
6. L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a 3 motivi, al quale ha
resistito la società contribuente con controricorso e ricorso incidentale, affidato a tre motivi, rispetto
al quale l’Agenzia non ha depositato difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
7. Con il primo motivo l’Agenzia ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art.21 e 54 DPR
n.633/72, nonché degli artt.2697,2727 e 2729 c.c., in relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c.
Lamenta che la CTR, nel respingere l’appello in ordine ai pretesi costi per operazioni inesistenti,
aveva valorizzato l’autonomia decisionale delle due società, omettendo di considerare che, una
volta dimostrato, da parte dell’Ufficio, il carattere inesistente delle prestazioni di servizio da parte

parzialmente con riferimento agli anni 1996 e 1997 e 1999, per l’anno 1998 confermava le riprese

di Arca sulla base di un corposo compendio indiziario, era onere della società contribuente
dimostrare l’esistenza delle operazioni al di là della regolarità formale.
8. Con il secondo motivo l’Agenzia ha dedotto il vizio di insufficiente motivazione in ordine ad un
fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art.360 comma 1 n.5 c.p.c. Si duole che
la CTR, aveva totalmente omesso di vagliare gli elementi, indicati nelle difese, che comprovavano
l’inesistenza delle prestazioni di consulenza commerciale e finanziarie, limitandosi a considerare

motivazione insoddisfacente, per di più fondata, indebitamente, sul giudicato penale, al quale la
CTR aveva fatto riferimento evocando in modo apodittico e generico talune prove testimoniali.
9. Con il terzo motivo l’Agenzia ha prospettato la violazione dell’art.654 c.p.p., in relazione
all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c.Lamenta che la CTR aveva omesso ogni vagli critico rispetto alla
decisione resa dal giudice penale, con ciò determinando il vizio prospettato alla stregua della
giurisprudenza di questa Corte.
10. La società contribuente ha dedotto l’inammissibilità ed infondatezza di tutti i motivi del ricorso
principale, evidenziando la correttezza in diritto della motivazione e la sua esaustività, avendo la
stessa società dimostrato l’inconsistenza degli elementi indicati dall’Agenzia a sostegno della
pretesa inesistenza delle prestazioni correlate a consulenze commerciali e finanziarie ricevute dalla
società contribuente.
11 Aggiungeva che corretto era stato, altresì, il riferimento al giudicato assolutorio reso in sede
penale, poiché il giudice penale aveva compiuto una completa disamina degli elementi probatori
attraverso la quale era giunto a ritenere pienamente regolari le operazioni contabili, senza dire che
la CTR aveva compiuto una propria autonoma valutazione.
12. Il secondo motivo di ricorso, che merita un esame preliminare per ragioni di ordine logico, è
fondato.
12.1 Orbene, è necessario ripercorrere, sia pur sinteticamente, i punti salienti dell’elaborazione
giurisprudenziale di questa Corte a proposito dell’incidenza delle operazioni oggettivamente
inesistenti ai fini della incidenza sulle dichiarazioni reddituali del contribuente.
12.2 Ora, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, una volta che l’amministrazione
ha contestato in modo specifico, anche attraverso presunzioni semplici(Cass.n. 9784/2010), i dati
emergenti dalle scritture contabili del contribuente evidenziando obiettivi elementi dai quali
desumere l’inattendibilità delle scritture e fatture utilizzate dal contribuente, ovvero la inesattezza
degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati ovvero la inesattezza delle
indicazioni relative alle operazioni che danno diritto alla detrazione, spetta al contribuente
(cessionario/committente) che ha portato in detrazione l’IVA fornire la prova contraria che

l’inconducenza del rapporto di parentela fra i soci delle due società e così dando luogo ad una

l’apparente cedente/prestatore non è un mero soggetto (fittiziamente) interposto e che la operazione
è stata “realmente” conclusa con esso, non essendo tuttavia sufficiente a tale scopo la regolarità
della documentazione contabile esibita e la mera dimostrazione che la merce sia stata effettivamente
consegnata o che sia stato effettivamente versato il corrispettivo, “trattandosi di circostanze non
concludenti, la prima in quanto insita nella stessa nozione di operazione soggettivamente
inesistente, e la seconda perché relativa ad un dato di fatto inidoneo di per sè a dimostrare

12.3 Ne consegue che il giudice tributario di merito, investito della controversia sulla fondatezza
dell’atto impositivo, è tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi
forniti dall’Amministrazione, dando atto in motivazione dei risultati del proprio giudizio e solo in
un secondo momento, qualora ritenga tali elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e
concordanza, deve dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, che
ne è onerato ai sensi degli articoli 2727 e ss. e 2697, secondo comma, cod. civ.v.Cass.n.12802/2011;Cass.n.5282/2011-.
12.4 Passando ora alla questione relativa alle valutazioni alle quali è chiamato il giudice tributario
in simili frangenti la stessa sfugge, ordinariamente, al sindacato della Suprema Corte alla quale è
precluso non solo il riesame delle prove la cui valutazione sia stata fatta in modo difforme da quella
prospettata dal ricorrente, ma altresì l’accertamento di un eventuale travisamento delle prove stesse.
Ma è pur vero che il controllo della motivazione è possibile (ed anzi dovuto) in sede di legittimità
se risulti evidente l’esistenza di un vizio logico — prospettato ritualmente dal ricorrente- tale da
tradursi in una insufficiente motivazione.
12.5 Proprio in punto di decisività si è di recente chiarito (Cass.n.12623/12) che la stessa
«concerne non il fatto sulla cui ricostruzione il vizio stesso ha inciso, bensì la stessa idoneità del
vizio denunciato, ove riconosciuto, a determinarne una diversa ricostruzione e, dunque, afferisce al
nesso di casualità fra il vizio della motivazione e la decisione, essendo, peraltro, necessario che il
vizio, una volta riconosciuto esistente, sia tale che, se non fosse stato compiuto, si sarebbe avuta
una ricostruzione del fatto diversa da quella accolta dal giudice del merito e non già la sola
possibilità o probabilità di essa.
12.6 In definitiva, il mancato esame di elementi probatori, contrastanti con quelli posti a
fondamento della pronunzia, costituisce vizio di omesso esame di un punto decisivo solo se le
risultanze processuali non esaminate siano tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di
mera probabilità, l’efficacia probatoria delle altre risultanze sulle quali il convincimento è fondato,
onde la rado decidendi venga a trovarsi priva di base” (cfr. Cass.n. 12623/2012 che richiama Cass.
n. 10156/2004; Cass.n.9368/2006;Cass.14752/2007).

l’estraneità alla frode -v.Cass.n.9108/2012-.

12.7 Orbene, applicando i superiori principi al caso di specie, ritiene la Corte che il giudice di
appello ha totalmente pretermesso l’esame di un compendio di elementi offerti dall’Agenzia a
sostegno del carattere fittizio delle prestazioni di consulenza commerciale e finanziarie fatturate
dalla Arca s.a.s. in favore della società contribuente che, partendo dai vincoli di parentela esistenti
fra i soci delle due strutture societarie, aveva riguardato la contestuale esistenza di attività di
consulenza della medesima tipologia rese nel medesimo periodo dalla società contribuente,

anzidette, la gestione del conto corrente della Arca sas da parte del Peppone Roberto -che era
parimenti amministratore delegato della Union Printing e che provvedeva a versare il denaro
relativo alle prestazioni per poi ritirarlo con causali del tipo “ripartizione utili” o prelevamento
soci”- e, ancora, le dichiarazioni rese dallo stesso Pepponi Michele, dalle quali sarebbe emersa la
concreta natura delle prestazioni effettuate, la mancanza di documentazione comprovante
l’effettività del lavoro svolto e l’inadeguatezza della compagine societaria al concreto svolgimento
degli incarichi e l’assenza di qualsiasi forma di collaborazione con terze persone o società per la
realizzazione delle stesse.
12.8 A fronte di siffatto corposo compendio probatorio, la CTR ha per un verso isolato dall’intero
materiale quello concernente l’esistenza del vincolo parentale fra i soci della società, offrendone
una lettura peraltro parziale, scollegata dagli ulteriori indici messi in evidenza dall’Agenzia al fine
di conclamare l’inesistenza di reali ed effettive prestazioni di consulenza e tralasciando tutti gli altri
elementi.
12.9 L’affermazione alla quale è dunque giunta la ctr, a cui tenore la regolarità contabile e fiscale
dei documenti relativi alle due società avrebbe giustificato il convincimento circa la reale esistenza
delle prestazioni fatturate, appare palesemente incongrua e lacunosa, avendo il giudice di appello
non solo tralasciato di considerare compiutamente gli elementi appena indicati, sul carattere
decisivo dei quali non è dato dubitare, stante l’obiettiva ed intrinseca idoneità a costituire un
compendio sussumibile nell’ambito delle presunzioni semplici, ma anche parcellizzato l’indagine
ad esso riservata attraverso la valorizzazione di elementi intrinsecamente inidonei a confermare
l’esistenza o meno della prestazione.
12.10 Ed infatti, la sottolineatura della correttezza contabile e fiscale della documentazione delle
due società non poteva costituire elemento ex se idoneo a confermare l’effettività dell’operazione
che, all’evidenza, non poteva che desumersi da elementi ulteriori rispetto a quelli cartolari e che per
l’appunto l’Amministrazione era tenuta a fornire.
12.11 D’altra parte, la totale pretermissione delle dichiarazioni- ampiamente favorevoli al costrutto
prospettato dall’Ufficio- rese dallo stesso soggetto figurativamente indicato come prestatore

l’inidoneità di Pepponi Michele, all’epoca diciottenne, a rendere le prestazioni specialistiche

dell’attività di consulenza risultante delle fatture non poteva, come gli altri elementi essere per ciò
stesso, essere totalmente pretermessa rispetto al giudizio relativo al preteso carattere inesistente
delle operazione.
12.12 Ed è appena il caso di evidenziare che il divieto di prova testimoniale nel giudizio tributario
sancito dall’art.7 d.lgs.n.54611992 non impedisce di considerare la valenza probatoria del le
dichiarazioni di terzi raccolte dalla polizia tributaria ed inserite nel processo verbale di
E acquisite nell’ambito di indagini

amministrative le quali, benché sfornite, ex se, di dirimente efficacia probatoria, comunque non si
pongono in contrasto con il citato comma 4 dell’art. 7 (Cass. 11 marzo 2002, n. 3526 e, più di
recente, Cass.2916/13).Ciò perché il divieto di assunzione testimoniale vale con precipuo
riferimento ai poteri delle commissioni tributarie e non 111pure dei poteri degli organi amministrativi
di verifica. Il che trova la sua naturale spiegazione nella circostanza che Elle dichiarazioni dei terzi
raccolte dai verificatori, quand’anche nell’ambito di un procedimento penale, e inserite nel processo
verbale di constatazione, hanno natura di mere informazioni acquisite nell’ambito di indagini
amministrative e sono, pertanto, pienamente utilizzabili quali elementi di prova —cfr.Cass. ult.cit.-.
12.13 Non meno sibillino è risultato il riferimento alla vicenda penale definita dai “Giudici dei
Tribunale di Viterbo”, quanto meno nella parte in cui, per confermare l’insussistenza di elementi a
sostegno della pretesa fiscale, la CTR ha fatto riferimento “anche a prove testimoniali che
confermerebbero la esistenza delle operazioni” menzionate nella sentenza penale. Si tratta,
all’evidenza, di un richiamo assolutamente superficiale al fine di confermare la tesi sostenuta dalla
società contribuente proprio se correlato al richiamo, operato dall’Agenzia, a dichiarazioni
testimoniali che avrebbero, per contro, specificamente confermato il carattere fittizio delle attività
poste in essere da Arca.I giudici di merito, avrebbero infatti dovuto specificare le ragioni che
rendevano le prove richiamate nel processo penale dirimenti rispetto alle ulteriori emergenze, di
segno contrario, prospettate dall’Ufficio ed invece totalmente tralasciate.
12.14 Alla stregua delle superiori considerazioni, la censura proposta con il secondo motivo è
fondata e determina l’assorbimento del primo motivo e del terzo motivo.
19. In conclusione, in accoglimento del secondo motivo di ricorso principale, assorbiti il primo ed il
terzo motivo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della CTR del Lazio, che
provvederà a nuovo esame nei limiti delle censure accolte
P.Q.M.
La Corte
Accoglie il secondo motivo di ricorso principale, assorbiti il primo ed il terzo motivo.

constatazione n che equivalgono a mere informazioni

Cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della CTR del Lazio che provvederà a
nuovo esame nei limiti delle censure accolte, la quale pure provvederà alla liquidazione delle spese
del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma il 21 maggio 2013 nella camera di consiglio della V sezione civile.

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