Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24677 del 04/11/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 24677 Anno 2013
Presidente: CARNEVALE CORRADO
Relatore: BISOGNI GIACINTO

CronZ

SENTENZA

Rep.

sul ricorso proposto da:

Ud. 3/07/13

Berardino Di Prospero, elettivamente domiciliato in
Roma, via Ferdinando di Savoia 3, presso lo studio
dell’avv. Marino Marini, rappresentato e difeso
dall’avv.to Salvatore Di Caprio per procura speciale a
margine del ricorso;

– ricorrente contro

Comune di Città Sant’Angelo, elettivamente domiciliato
in Roma, via Principessa Clotilde 2, presso lo studio

(54

dell’avv.to Nino Paolantonio, rappresentato e difeso

2013
dall’avv.to Ugo Di Silvestre per procura speciale a
margine del controricorso e in forza di determinazione

1

Data pubblicazione: 04/11/2013

n. 463 del 9 novembre 2006 di conferimento di incarico
professionale;

controrícorrente

avverso la sentenza n. 710/05 della Corte d’appello di
L’Aquila emessa il 2 marzo 2005 e depositata il 23

sentito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Federico Sorrentino che ha concluso per
il rigetto dei ricorsi;

Rilevato che:
l. Bernardino Di Prospero ha convenuto in giudizio
il Comune di Città Sant’Angelo, con atto di
citazione del 28 marzo 1994, esponendo di aver
eseguito, lavori di costruzione del parcheggio di
Largo Baiocchi in esecuzione di contratto di
appalto del 4 giugno 1986. Ha affermato che, per
poter ottenere il pagamento delle opere
contabilizzate dal direttore dei lavori, era
stato costretto ad annullare il primo stato di
avanzamento e a formulare contestualmente due
atti di sottomissione ad una nuova
contabilizzazione. Ciò aveva significato una
riduzione dei prezzi già stabiliti nel progetto
di variante e una conseguente perdita di lire
7.281.026 subìta in una manifesta situazione di
vizio del consenso. Ha inoltre affermato che, nel
percepire il secondo stato di avanzamento, aveva

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agosto 2005, R.G. n. 480/03;

formulato una riserva allo stato finale dei
lavori in base alla quale la sua ditta doveva
considerarsi creditrice della somma residua di
lire 22.020.135 e di lire 16.549.251 per
revisione prezzi. Ha chiesto la declaratoria di
nullità degli atti di sottomissione e la condanna

interessi moratori previsti dal Capitolato
generale delle opere pubbliche e degli interessi
legali.
2. Si è costituito il Comune e ha eccepito
l’improponibilità della domanda in quanto
soggetta al giudizio arbitrale per la previsione
di cui all’art. 42/51 del capitolato generale
delle opere pubbliche. Ha chiesto il rigetto
della domanda nel merito poiché le opere eseguite
erano state tutte sottoposte a collaudo con
regolare liquidazione risultante dal conto
finale.
3. Il Tribunale di Pescara con sentenza n. 324/2002
ha respinto la domanda e compensato le spese
processuali.
4. Ha proposto appello il Di Prospero chiedendo alla
Corte di appello di L’Aquila di accertare il
vizio del consenso alla sottoscrizione degli atti
di sottomissione a una nuova contabilizzazione
dei lavori già eseguiti nell’ambito del primo
S.A.L. con conseguente annullamento di tali atti
e accertamento del credito di lire 7.281.026

3

del Comune al pagamento delle somme indicate con

(euro 3.760,34) nonché dei crediti per revisione
prezzi e oggetto di riserva. Ha chiesto inoltre
il pagamento di interessi legali e moratori sulle
somme corrisposte in ritardo nel corso del
rapporto.
5. La Corte di appello di L’Aquila ha accolto
l’appello

del

Di

Prospero

condannando il Comune a corrispondergli, sulle
somme pagate in ritardo, gli interessi legali per
i primi novanta giorni e gli interessi praticati
dagli istituti di credito per il periodo
successivo, a decorrere dalla ricezione del
relativo mandato di pagamento presso la
competente tesoreria provinciale e sino al
soddisfo. Ha confermato la compensazione delle
spese del giudizio di primo grado e posto a
carico del Comune le spese della C.T.U. Ha
condannato il Comune al pagamento delle spese del
giudizio di appello.
6. Ricorre per cassazione Berardino Di Prospero
affidandosi a sei motivi di impugnazione con i
quali deduce: a) violazione e falsa applicazione
dell’art. 13 ultimo comma del D.L. 28 febbraio
1983 n. 55 (convertito in legge 26 aprile 1983 n.
131); b) violazione e falsa applicazione degli
artt. 35/36 del D.P.R. 16 luglio 1962 n. 1063; c)
violazione e falsa applicazione, in relazione al
primo S.A.L., degli artt. 37 del D.P.R. n.
1063/1962 (Capitolato generale d’appalto), 63 del

4

parzialmente

Capitolato speciale d’appalto, degli artt. 326,
328, 329, 343 della legge n. 2248 del 20 marzo
1865, degli artt. 19 e 21/22 del R.D. 25 maggio
1895 n. 350; d) omessa motivazione sul mancato
riconoscimento della revisione prezzi richiesta;
e) violazione e falsa applicazione dell’art. 1224

dell’art. 91 c.p.c.
7. Si difende con controricorso il Comune di
Sant’Angelo e propone ricorso incidentale
denunciando a sua volta violazione e falsa
applicazione dell’art. 91 c.p.c. per avere la
Corte di appello posto interamente a suo carico
le spese del giudizio di appello nonostante la
soccombenza solo parziale.
Ritenuto che
8. Sussistono i presupposti di legge per la riunione
dei ricorsi.
9. Con il primo motivo di ricorso si afferma che la
Corte di appello ha erroneamente applicato l’art.
13 ultimo comma del D.L. n. 55/1983 in quanto
disciplinante fattispecie diversa (forniture di
beni e servizi) da quella per cui si controverte
(costruzione di opere pubbliche) con conseguente
illegittima correzione del disposto dell’art. 35
D.P.R.

n.

1063/1962

(Capitolato

Generale

d’appalto per i lavori pubblici).
10.La censura alla decisione della Corte di appello
è infondata. La giurisprudenza di questa Corte

5

c.c., f) violazione e falsa applicazione

(Cass. civ. sezione I, 13752 del 27 giugno 2005)
ha, anche di recente (cfr.

Cass. civ. sezione I,

n. 17197 del 9 ottobre 2012),

riaffermato che il

sesto comma dell’art. 13 del D.L. n. 55 del 1983,
introdotto dalla legge di conversione n. 131 del
1983, il quale dispone che, “qualora la fornitura

mutuo della Cassa Depositi e Prestiti, il calcolo
del tempo contrattuale per la decorrenza degli
interessi di ritardato pagamento non tiene conto
dei giorni intercorrenti tra la spedizione della
domanda di somministrazione e la ricezione del
relativo mandato di pagamento presso la
competente sezione di tesoreria provinciale,
purché tale circostanza sia stata richiamata nel
bando di gara”, è applicabile anche ai contratti
di appalto di opere pubbliche, e la condizione
del richiamo nel bando di gara, cui esso
subordina l’effetto sospensivo della mora, è
assolta anche dalla diretta previsione
contrattuale del ricorso al finanziamento della
Cassa DD.PP., la quale soddisfa l’obbligo di
trasparenza e buona fede nei confronti
dell’appaltatore, al cui adempimento è
finalizzata la previsione di legge.
11. La stessa giurisprudenza di questa Corte ha
chiarito che, in tema di appalto di opere
pubbliche, il capitolato generale approvato con
D.P.R. 16 luglio 1962 n. 1063 ha valore normativo

6

di beni e servizi venga effettuata con ricorso a

e vincolante solo per i contratti stipulati dallo
Stato e non riguarda quelli stipulati da enti
pubblici diversi i quali in mancanza di
specifica norma di legge – possono legittimamente
essere regolamentati da un capitolato speciale
che, per certi aspetti, rinvii a quello generale

alcuni risvolti specifici della vicenda. In tale
caso, l’applicabilità o meno al contratto di
appalto di specifiche norme del capitolato
generale è questione di interpretazione
negoziale, riservata al giudice di merito ed
insindacabile in sede di legittimità, se
adeguatamente e correttamente motivata. Ciò
consente di ritenere applicabile la normativa
pattizia, che richiama l’art. 13 citato, relativa
ai termini di pagamento e derogatoria rispetto
alla disciplina degli artt. 35 e 36 del d.P.R. 16
luglio 1962 n. 1063, così come modificati
dall’art. 4 della legge 10 dicembre 1981 n. 741.
12. Sempre con il primo motivo di ricorso il Di
Prospero lamenta che la Corte di appello ha
erroneamente interpretato lo stesso articolo 13
in quanto ha escluso dal calcolo degli interessi
per il ritardato pagamento il periodo
intercorrente fra la data di redazione del
certificato di pagamento e quella di spedizione
della domanda di somministrazione del
finanziamento.

7

e, per altri, disciplini con efficacia autonoma

13.11 motivo è infondato perché il dispositivo della
sentenza impugnata va letto, al di là della
dizione testuale, che può indurre in equivoco,
come affermativo del diritto a percepire gli
interessi legali sino alla data della spedizione
della richiesta di somministrazione del

praticati dagli istituti di credito dalla data di
ricezione del mandato di pagamento presso la
competente tesoreria provinciale e sino al
soddisfo.
14.Con il secondo motivo di ricorso si deduce che la
Corte di appello ha correttamente ritenuto
l’applicabilità dell’art. 35 del D.P.R. n.
1063/1962, se pure con il correttivo dell’art.
13, ma ha erroneamente interpretato il contenuto
dell’art. 35 in ordine alle modalità di calcolo
degli interessi legali e moratori e non ha
inoltre erroneamente escluso l’applicazione
dell’art. 36 del Capitolato Generale di appalto
per i lavori pubblici.
15.11 motivo è inammissibile. Il ricorrente non
chiarisce quando e in che modo ha dedotto il
ritardo nel pagamento della rata di saldo.
Risulta peraltro fondata l’osservazione di parte
controricorrente secondo cui il pagamento del
saldo, alla pari di quello relativo alle altre
somme spettanti al ricorrente, doveva essere
posto in relazione alla ricezione del mandato di

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finanziamento e degli interessi moratori

pagamento presso la tesoreria piuttosto che
all’effettuazione del collaudo.
16. Con il terzo motivo di ricorso si deduce la
violazione delle sopracitate disposizioni di
legge che comporta la nullità, per violazione di
norme imperative, del secondo e terzo atto di
in

quanto

la

pubblica

amministrazione, ultimata la contabilizzazione
dei lavori relativi al primo stato di
avanzamento, ha richiesto arbitrariamente alla
ditta appaltatrice la sottomissione a una nuova
contabilizzazione a prezzi diversi e inferiori a
quelli pattuiti. Analogamente una arbitraria
riduzione dei prezzi e variazione delle voci
contemplate nel contratto è avvenuta secondo il
ricorrente in occasione del secondo stato di
avanzamento lavori mentre un ulteriore danno è
stato arrecato al Di Prospero dal rifiuto
dell’amministrazione di pagare i lavori eseguiti
in economia in ottemperanza e conformità alla
perizia di variante dell’originario contratto di
appalto.
17. Il motivo è inammissibile perché consiste in una
completa immutazione della domanda originaria e
non può ritenersi scrutinabile in questa sede in
quanto il potere del giudice di rilevare
d’ufficio l’eventuale nullità (o inesistenza) di
un atto negoziale va coordinato con il principio
della domanda, fissato negli artt. 99 e 112 cod.

9

sottomissione

proc. civ.: soltanto quando la nullità si ponga
come ragione di rigetto della pretesa attorea,
per essere l’atto elemento costitutivo della
domanda, essa può essere rilevata dal giudice in
qualsiasi stato e grado del giudizio,
indipendentemente dall’iniziativa delle parti

qualora, invece, sia la parte a chiedere la
dichiarazione di invalidità di un atto ad essa
pregiudizievole, la pronuncia del giudice deve
essere circoscritta alle ragioni di legittimità
enunciate dall’interessato e non può fondarsi su
elementi rilevati d’ufficio o indicati
tardivamente (Cass. civ., I sezione, n. 18062
dell’8 settembre 2004).
18. Con il quarto motivo di ricorso si deduce che la
Corte

di

senza

appello,

fornire

alcuna

motivazione, ha ritenuto di non considerare come
dovuto al Di Prospero la somma di 597 euro
risultante dalla C.T.U. a titolo di revisione dei
prezzi. Con lo stesso motivo il ricorrente
ritiene spettanti la revisione e gli interessi
legali e moratori su tutte le somme che saranno
riconosciute in accoglimento del ricorso.
19. Il motivo è infondato in quanto la Corte di
appello sia pure con motivazione sintetica ha
ritenuto infondati i motivi di gravame attinenti
al rigetto della domanda di condanna del Comune
alla corresponsione di ulteriori somme rispetto a

10

(anche attraverso il mutamento delle difese);

quelle già riconosciute.
20. Con il quinto motivo di ricorso il ricorrente ha
censurato la mancata condanna del Comune alla
corresponsione degli interessi sulla somma
corrisposta dal Di Prospero a titolo di
anticipazione del compenso spettante al C.T.U.

dell’amministrazione comunale.
21. Il motivo è infondato. La consulenza tecnica
d’ufficio è strutturata, nel processo civile,
essenzialmente quale ausilio fornito al giudice
da un suo collaboratore esterno all’ordine
giudiziario, piuttosto che quale mezzo di prova
in senso proprio, costituendo, dunque, un atto
necessario del processo che l’ausiliare compie
nell’interesse generale della giustizia e,
correlativamente, nell’interesse comune delle
parti (Cass. civ. sezione III n. 1023 del 17
gennaio 2013). Pertanto deve ritenersi che nessun
diritto al rimborso delle spese della C.T.U.
spetti alla parte vincitrice che le ha anticipate
se non per effetto della decisione che definisce
la controversia e regola la sorte delle spese
processuali e di quelle di C.T.U.
22. Con il sesto motivo di ricorso il ricorrente
lamenta che la Corte di appello ha condannato
l’amministrazione comunale al pagamento delle
spese processuali del solo giudizio di appello
mentre non ha considerato il giudizio di primo

11

che la Corte di appello ha posto a carico

grado nel corso del quale l’amministrazione
comunale ha corrisposto parte delle somme
rivendicate dal Di Prospero.
23. Con l’unico motivo di ricorso incidentale il
Comune di Città Sant’Angelo lamenta la violazione
dell’art. 91 c.p.c. in riferimento al capo della

di appello ha posto a carico del Comune le spese
processuali a fronte di una soccombenza solo
parziale che avrebbe dovuto indurre la Corte di
appello a compensare anche le spese del giudizio
di appello confermando la statuizione del giudice
di primo grado che aveva posto a carico del Di
Prospero le spese della C.T.U.
24. I due motivi, simmetrici, debbono essere
trattati congiuntamente e si dimostrano entrambi
infondati perché lamentano sotto profili diversi
una violazione inesistente dell’art. 91 c.p.c.
atteso

che

la

liquidazione delle

spese

processuali rientra nei poteri discrezionali del
giudice del merito, potendo essere denunziate in
sede di legittimità solo violazioni del criterio
della soccombenza o liquidazioni che non
rispettino le tariffe professionali

(Cass. civ.

sezione I, n. 14542 del 4 luglio 2011).

25. Le spese del giudizio di cassazione devono
essere compensate in considerazione del rigetto
di entrambi i ricorsi e valutata la controversia
nel suo complesso. In tema di liquidazione delle

12

sentenza di secondo grado con la quale la Corte

spese giudiziali, nessuna norma prevede, infatti,
per il caso di soccombenza reciproca delle parti,
un criterio di valutazione della prevalenza della
soccombenza dell’una o dell’altra basato sul
delle

domande

ciascuna

di

esse,

l’oggetto

della

lite

accolte

o

respinte

valutato

dovendo

essere

nel

complesso

suo

per

(Cass.

civ. sezione I, n. 1703 del 24 gennaio 2013).

P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa
le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
3 luglio 2013.

numero

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