Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22069 del 06/04/2018


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 22069 Anno 2018
Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: COSTANTINI FRANCESCA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
AL BAKKALI BOUDOUCH AMINE nato il 11/09/1981

avverso l’ordinanza del 13/02/2018 del TRIB. LIBERTA’ di PERUGIA
sentita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCA COSTANTINI;
lette/sentite le conclusioni del PG FRANCA ZACCO che conclude per
l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Perugia
limitatamente al ritenuto pericolo di fuga ed alla invocata sostituzione della
misura, rigetto nel resto.
E’ presente l’avvocato PACCOI DANIELA del foro di PERUGIA in difesa di AL
BAKKALI BOUDOUCH AMINE, che insiste per l’accoglimento del ricorso.
L’avvocato deposita la sentenza N. 31426/17 del 14/6/17 sul precedente ricorso
presentato da AL BACCALI.

Data Udienza: 06/04/2018

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 13.02.2018, il Tribunale di Perugia in funzione di giudice del
riesame rigettava l’appello proposto da Al Bakkali Boudouch Amine, avverso
l’ordinanza, del 28.12.2017, con la quale il GIP del Tribunale di Perugia aveva
respinto l’istanza di revoca o sostituzione della misura degli arresti domiciliari,
applicata in relazione ai reati di cui agli artt. 73 e 80 d.P.R. n. 309/90 (detenzione
in Spagna e trasporto in Italia di Kg. 25 di hashish da cedere a Conti Francesco e

2. Evidenziava il tribunale che la misura degli arresti domiciliari era stata applicata
in sostituzione di quella della custodia in carcere considerando che, pur dovendo
essere ribadita la sussistenza dei ravvisati pericoli di reiterazione criminosa e di
fuga, atteso che le modalità molto ben organizzate delle condotte e le circostanze
della complessa organizzazione criminosa finalizzata alla cessione dimostravano
sicuramente una capacità criminale specifica dell’indagato di notevole spessore,
nonchè una non comune facilità di procurarsi e far trasportare da un paese all’altro
grossi quantitativi di droga, doveva darsi atto del fatto che era stato indicato un
luogo in cui l’Al Bakkali avrebbe potuto essere messo agli arresti domiciliari. Per
quanto riguarda la richiesta di revoca o sostituzione di tale ultima misura, il
tribunale ne ha escluso l’accoglibilità evidenziando, in primo luogo, la irrilevanza,
rispetto alla posizione dell’istante, delle vicende cautelari che avevano interessato
i coimputati. Il tribunale ha, inoltre, ritenuto di dover condividere le conclusioni
già rassegnate dal gip in merito alla permanenza delle riscontrate esigenze
cautelari atteso che l’Al Bakkali, seppure formalmente incensurato, aveva
“dimostrato una non comune intraprendenza criminale non avendo esitato, per
conseguire i notevoli profitti che il traffico di droga garantisce (non bastandogli
quelli che può ricavare dalla dichiarata attività lavorativa), compiere viaggi fuori
dal proprio paese per effettuare rifornimenti ai complici di stanza in Italia.” Inoltre,
l’imputato era stato nelle more condannato in primo grado alla pena di anni sei di
reclusione e euro 40.000 di multa e pertanto poteva essere considerato assai
elevato anche il pericolo di fuga proprio in quanto, a fronte della condanna in primo
grado, la tentazione di riparare nel proprio paese doveva ritenersi ancor più attuale
e concreta.
3. Avverso tale ordinanza ricorre Al Bakkali, tramite il difensore di fiducia,
deducendo innanzitutto violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli
artt. 274, 275 e 291 nonché 125 e 292 cod. proc. pen., mettendo in evidenza che
i giudici della cautela, pur avendo acquisito la documentazione afferente alle
posizioni degli altri coimputati del ricorrente, tutti rimessi in libertà o sottoposti a
misure gradate, sono pervenuti ad una valutazione assolutamente erronea delle
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Mandas Alessandro), con quella gradata del divieto di dimora.

relative risultanze. Non corrisponderebbe al vero quanto affermato nell’ordinanza
impugnata circa il fatto che Conti Francesco è stato rimesso in libertà “in forza del
meccanismo di perdita di efficacia della misura cautelare custodiale” risultando
dagli atti che al predetto la misura della custodia in carcere venne sostituita con
quella degli arresti domiciliari presso una comunità terapeutica, mentre alla
perdita di efficacia della misura cautelare (arresti domiciliari), è seguita quella
dell’obbligo di presentazione alla P.G. poi revocato. Il ricorrente avrebbe dunque
subito un trattamento discriminatorio rispetto ai correi. Si contesta, inoltre, la

elementi il tribunale della libertà abbia ritenuto il pericolo di reiterazione criminosa,
essendo il ricorrente incensurato ed essendo ormai estinto il contesto in cui sono
maturati gli illeciti. Il tribunale non avrebbe, poi, adeguatamente motivato sui
profili della necessaria attualità e concretezza delle esigenze cautelari. Infine,
avrebbe omesso totalmente di prendere in considerazione un ulteriore motivo di
doglianza dedotto con l’appello, ovvero l’abbondante lasso temporale che il
ricorrente ha trascorso sottoposto a restrizione cautelare. Si lamenta, infine,
ulteriore violazione e vizio di motivazione in relazione agli artt. 274, 275 e 291
nonché 125 e 292 cod. proc. pen. per non avere il tribunale dato contezza delle
ragioni per le quali non fosse possibile concedere all’indagato una misura attenuata
ed in grado, comunque, di garantire le ipotetiche esigenze cautelari ravvisate.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
2. Il ricorrente censura le valutazioni espresse dal Tribunale di Perugia con
riferimento alle esigenze cautelari e alla omessa sostituzione della misura
riproponendo le specifiche doglianze già dedotte in appello e sulle quali il Tribunale
ha fornito ampia ed argomentata motivazione.
3. Per quanto riguarda in primo luogo la questione relativa al rilievo da attribuire
alle vicende cautelari riguardanti i coimputati dell’Al Bakkali che, ad avviso del
ricorrente, avrebbero dovuto essere prese in considerazione dal tribunale ai fini di
una diversa valutazione circa la possibilità di applicare anche al ricorrente una
misura più lieve, è sufficiente rammentare che, secondo la consolidata
giurisprudenza di legittimità, ogni procedimento cautelare è del tutto autonomo
rispetto agli altri procedimenti incidentali

de libertate, ancorché innestati nel

medesimo processo, e la frammentazione che ne deriva implica, per il margine di
discrezionalità del giudice nella verifica delle singole posizioni, una diversità di
valutazioni e di decisioni provvisorie e strumentali che non riflettono una

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ravvisata permanenza delle esigenze cautelari non comprendendosi in base a quali

valutazione complessiva della vicenda e sono inidonee ad influenzarsi
reciprocamente. Pertanto, in tema di revoca delle misure cautelari, non può
costituire “elemento nuovo” idoneo a superare il giudicato cautelare la
sopravvenuta diversa e più favorevole valutazione operata nei confronti di un
diverso soggetto coindagato dello stesso reato (tra le molte Sez. 6, n. 39346 del
03/07/2017, Castagna, Rv. 271056; Sez. 6, n. 49078 del 2017, Gori, n.nn.; Sez.
6, n. 54548 del 24/11/2016, Tirozzi, n.nn.; Sez. 2, n. 5165 del 04/11/1999,
Candela, Rv. 214667). Del resto, anche le pronunce invocate nel ricorso a

diverso principio, non conferente nel caso che occupa, secondo il quale in tema di
revoca o modifica della misura cautelare, il provvedimento favorevole emesso nei
confronti di un coindagato può costituire fatto nuovo sopravvenuto, del quale tener
conto ai fini della rivalutazione del quadro indiziario, ma non delle esigenze
cautelari, che devono essere vagliate con riferimento a ciascun indagato (Sez. 2,
n. 20281 del 18/02/2016, Ficicchia, Rv. 266889). Ad ogni buon conto, si evince
dal provvedimento impugnato che il tribunale ha comunque esaminato le posizioni
dei diversi coimputati giungendo ad escludere anche eventuali disparità di
trattamento. Per quanto attiene poi, in particolare, alla vicenda relativa al correo
Francesco Conti, deve escludersi che il collegio cautelare sia caduto in errore,
risultando dagli atti che effettivamente la misura custodiale degli arresti
domiciliari, al medesimo applicata, aveva perso efficacia ex art. 303 cod. proc.
pen. per decorrenza dei termini, come da provvedimento del gip di Perugia del
3.5.17, che con autonoma disposizione aveva poi dato applicazione alla diversa
misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
4. Per quanto attiene alle ulteriori doglianze, la difesa si è limitata a richiamare
circostanze già dedotte e delibate in sede cautelare, quali la incensuratezza del
ricorrente, senza indicare elementi di novità rispetto al quadro già considerato. In
assenza di elementi nuovi, se non il mero decorso del tempo, è evidente allora che
la motivazione resa dal gip e dal tribunale del riesame circa la permanenza delle
esigenze cautelari non può che ovviamente riferirsi alla valutazione,
espressamente richiamata nell’ordinanza, del periodo temporale trascorso senza
che l’appellante avesse commesso trasgressioni e alla necessità di mantenere la
misura degli arresti domiciliari, escludendosi evidentemente non solo la possibilità
di revoca ma anche di attenuazione della misura in atto. Per contro, i giudici della
cautela hanno invece dato atto del permanere dei

pericula libertatis

originariamente ravvisati, sia sotto il profilo della recidivanza che del pericolo di
fuga, ritenuti vieppiù attuali in considerazione della intervenuta condanna del
ricorrente ad una pena particolarmente severa. La valorizzazione di tale elemento
di novità deve ritenersi del tutto legittimamente operata anche alla luce della
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sostegno della tesi difensiva non paiono rilevanti essendosi in esse affermato il

elaborazione giurisprudenziale in materia secondo cui la pronuncia di una sentenza
di condanna in primo grado a rilevante pena detentiva può fondare un
provvedimento di aggravamento della misura in corso, a norma degli artt. 299,
comma quarto, e 275, comma primo bis, cod. proc. pen., quando, all’esito di una
valutazione congiunta con gli altri preesistenti e specifici elementi, si possa
ragionevolmente ritenere che si siano aggravate le esigenze cautelari di cui all’art.
274, comma primo, lett. b) e c), cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 34691 del 07/07/2016,
Cacciola, Rv. 267796; Sez. 4, n. 25008 del 15/01/2007, Granata, Rv. 237001).

giudizio di fatto demandato al giudice di merito ed è suscettibile di censura in sede
di legittimità soltanto nei termini di cui all’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc.
pen. La pronuncia, invece, risulta conforme al principio per cui il novum idoneo a
consentire una nuova valutazione del quadro cautelare non può individuarsi nel
mero decorso del tempo in custodia cautelare. Ed invero, secondo il costante
insegnamento di questa Corte, in tema di misure cautelari personali,
l’attenuazione o l’esclusione delle esigenze cautelari non può essere desunta dal
solo decorso del tempo di esecuzione della misura o dall’osservanza puntuale delle
relative prescrizioni, dovendosi valutare ulteriori elementi di sicura valenza
sintomatica in ordine al mutamento della situazione apprezzata all’inizio del
trattamento cautelare (ex plurimis, Sez. 2, n. 1858 del 09/10/2013, Scalamana,
Rv. 258191; Sez. 5, n. 16425 del 02/02/2010, Turato, Rv. 246868). Il decorso del
tempo in status detentionis non è pertanto di per sé idoneo a far venir meno i
pericula libertatis, incidendo soltanto sul diverso profilo dei termini massimi di
durata della restrizione disciplinati dall’art. 303 cod. proc. pen.
5. Al rigetto del ricorso consegue, ex lege, la condanna di parte ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così decis il 6 aprile 2018.

Il Consi

stensore

Il Presidente

Per altro verso non può non considerarsi che la valutazione di tali elementi è

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