Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22278 del 25/01/2018
Penale Sent. Sez. 1 Num. 22278 Anno 2018
Presidente: TARDIO ANGELA
Relatore: ROCCHI GIACOMO
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MALMUSI PAOLO nato il 07/10/1949 a BOLOGNA
avverso la sentenza del 27/06/2017 del TRIB. SORVEGLIANZA di TORINO
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIACOMO ROCCHI;
lettele conclusioni del PG Mario Pinelli che ha chiesto la declaratoria di
inammissibilità del ricorso
Data Udienza: 25/01/2018
RITENUTO IN FATTO
•
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Sorveglianza di Torino
dichiarava inammissibile e comunque respingeva la domanda di concessione di
misure alternative alla detenzione proposta da Malmusi Paolo.
Il Tribunale richiamava una propria ordinanza del 26/11/2013 con cui aveva
rigettato analoga domanda; rilevava che le ulteriori informazioni acquisite, da
una parte indicavano che le condizioni di salute del soggetto non erano tali da
Malmusi era stato nuovamente denunciato per truffa e più volte controllato con
soggetti pregiudicati per reati contro il patrimonio; inoltre, l’offerta di lavoro
ricevuta rendeva impossibile un effettivo controllo del soggetto e, per di più,
nella ditta in cui si sarebbe svolto il lavoro erano presenti soggetti pregiudicati.
Secondo il Tribunale, comunque, l’istanza era inammissibile: in effetti,
nonostante il precedente rigetto dell’istanza, la Procura di Alessandria non aveva
provveduto a revocare immediatamente il decreto di sospensione dell’ordine di
carcerazione ai sensi dell’art. 656, comma 8, cod. proc. pen. e aveva
illegittimamente emesso un secondo decreto di sospensione avente ad oggetto lo
stesso titolo esecutivo.
La competenza del Tribunale di Sorveglianza sarebbe stata determinata,
quindi, ai sensi dell’art. 677, comma 1, cod. proc. pen.; in ogni caso, gli elementi
raccolti dimostravano che Malmusi non aveva affatto intrapreso un percorso di
reinserimento sociale tale da giustificare la misura dell’affidamento in prova al
servizio sociale, che risultava inidonea a favorirlo.
La detenzione domiciliare non poteva essere concessa con riferimento alla
pena da eseguire, non ricorrendo i presupposti delle gravi condizioni di salute e,
comunque, alla luce della pericolosità del soggetto.
2. Ricorre per cassazione il difensore di Paolo Malmusi, deducendo violazione
di legge ed abnormità.
Il Tribunale di Sorveglianza si era sostituito alle funzioni del P.M., comunque
errando, poiché il divieto di nuova sospensione dell’esecuzione previsto dall’art.
656, comma 7, cod. proc. pen. riguarda “la stessa condanna” e non “lo stesso
titolo esecutivo”. Nel caso in esame, dopo il precedente rigetto da parte del
Tribunale di Sorveglianza, la difesa di Malmusi aveva chiesto ed ottenuto il
riconoscimento della continuazione ex art. 671 cod. proc. pen. e, pertanto, il
titolo esecutivo riguardava condanna diversa, tale dovendosi ritenere l’ordinanza
del giudice dell’esecuzione che riconosceva il vincolo della continuazione.
risultare incompatibili con il regime detentivo, dall’altra dimostravano che
3.
Il Procuratore Generale, nella requisitoria scritta, conclude per la
declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Si deve innanzitutto rimarcare che il Tribunale di Sorveglianza, pur
sospensione dell’esecuzione emesso dalla Procura della Repubblica di
Alessandria, ha comunque esaminato anche nel merito l’istanza, respingendola
con ampia argomentazione che non è oggetto di censura da parte del ricorrente.
In ogni caso, la prospettazione del ricorrente è manifestamente infondata.
Questa Corte ha stabilito che la sospensione dell’ordine di esecuzione
prevista dall’art. 656 cod. proc. pen., funzionalmente preordinata al possibile
conseguimento di una misura alternativa alla detenzione, se già disposta con
riguardo ad alcuna delle condanne oggetto di un provvedimento di unificazione di
pene concorrenti, non può essere reiterata in relazione a successivo
provvedimento che inglobi il precedente, qualora l’istanza di misura alternativa
presentata a seguito dell’originaria sospensione sia stata rigettata, a nulla
rilevando che la pena complessiva risultante dal cumulo rientri nei limiti previsti
per disporre la sospensione (Sez. 1, n. 17045 del 19/03/2015 – dep.
23/04/2015, Polini, Rv. 263380): il comma settimo, con l’espressione “stessa
condanna”, si riferisce anche ad una soltanto delle condanne comprese nel
cumulo, poiché questo istituto comporta la contemporanea esecuzione di tutti i
titoli esecutivi come se fossero riferibili ad un’unica pronuncia, e, quindi,
preclude la separata esecuzione delle singole condanne, al fine di consentire che
delle stesse, autonomamente considerate, si possa sospendere l’esecuzione.
Né il riconoscimento della continuazione in executivis ai sensi dell’art. 671
cod. proc. pen. fa ritenere il soggetto destinatario di una “nuova condanna”,
atteso che, al contrario, si tratta di provvedimento che presuppone precedenti
specifiche condanne.
2. Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue ex lege, in
forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale
ritenuta congrua, di euro 2.000 (duemila) in favore delle Cassa delle Ammende,
non esulando profili di colpa nel ricorso (v. sentenza Corte Cost. n. 186 del
ritenendo inammissibile l’istanza per essere illegittimo il nuovo decreto di
2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 2.000 alla Cassa delle
Ammende.
Il Consigliere estensore
Giacomo Rocchi
Il Presidente
Angela Tardio
Così deciso il 25 gennaio 2018