Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11966 del 16/05/2018


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 11966 Anno 2018
Presidente: GENOVESE FRANCESCO ANTONIO
Relatore: FICHERA GIUSEPPE

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17251/2012 R.G. proposto da
Malimpensa Olindo (C.F. MLMLND41R07E515R), rappresentato e
difeso dagli avv.ti Monia Buso e Gregorio Triolo, elettivamente
domiciliato presso lo studio di quest’ultimo, in Roma via Carlo Poma
2.

– ricorrente contro
Firema Trasporti s.p.a., in amministrazione straordinaria (C.F.
04609450632), in persona del commissario straordinario

tempore,

pro

rappresentata e difesa dall’avv. Riccardo Chilosi,

elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Roma piazza Martiri
di Belfiore 2.

– controricorrente avverso
il decreto del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, depositato il
giorno 7 giugno 2012, nel procedimento iscritto al n.r.g. 5945/2011.

Data pubblicazione: 16/05/2018

Sentita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 16
marzo 2018 dal Consigliere Giuseppe Fichera.
FATTI DI CAUSA
Olindo Malimpensa propose opposizione avverso lo stato passivo
della Firema Trasporti s.p.a., in amministrazione straordinaria (di

nascente dall’infortunio sul lavoro subito quando era ancora alle
dipendenze della società poi dichiarata in stato di insolvenza.
Con decreto depositato il giorno 7 giugno 2012, il Tribunale di
Santa Maria Capua Vetere respinse integralmente l’opposizione,
affermando che il credito era andato prescritto, essendo decorsi oltre
dieci anni dal primo atto interruttivo della prescrizione, non risultando
in atti prova dell’avvenuta comunicazione al datore di lavoro
dell’invito a comparire per il tentativo obbligatorio di conciliazione
innanzi alla competente direzione provinciale del lavoro; in ogni caso,
soggiunse il giudice di merito, non poteva invocarsi, quale idoneo atto
interruttivo, la diffida ricevuta direttamente dal commissario
straordinario della Firema quando quest’ultima era stata già
sottoposta alla procedura concorsuale.
Avverso il detto decreto del Tribunale di Santa Maria Capua
Vetere, Olindo Malimpensa ha proposto ricorso per cassazione
affidato a tre mezzi, cui resiste con controricorso la Firema.
Le parti hanno depositato memorie ex art. 380-bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo deduce il ricorrente violazione dell’art. 410,
comma secondo, c.p.c., nonché degli artt. 1219, 2943 e 2945 c.c.,
avendo il tribunale erroneamente ritenuto che la prescrizione del
credito non fosse stata interrotta, attraverso la richiesta di
risarcimento del danno avanzata dal ricorrente in seno al verbale di
comparizione delle parti, nel corso del tentativo obbligatorio di
conciliazione espletato innanzi alla direzione provinciale del lavoro.
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seguito breviter Firema), in relazione al credito di natura risarcitoria,

Con il secondo motivo lamenta violazione dell’art. 40 d.lgs. 8
luglio 1999, n. 270, dell’art. 2, comma 2-bis del d.l. 23 dicembre
2003, n. 347, nonché degli artt. 1219 e 2943 c.c., poiché il giudice di
merito ha affermato che la diffida ricevuta dal commissario
straordinario della Firema, non costituiva atto idoneo ad interrompere

poteri dispositivi dei diritti della società.
Con il terzo motivo deduce vizio di motivazione ex art. 360,
comma primo, n. 5), c.p.c. avendo il giudice omesso di considerare
che anche gli amministratori della società posta in amministrazione
straordinaria avevano ricevuto una diffida, analoga a quella
pervenuta al suo commissario straordinario, idonea quindi ad
interrompere il decorso della prescrizione.
2. Ragioni di priorità logica suggeriscono di esaminare prima il
secondo e il terzo motivo del ricorso, che sono all’evidenza connessi e
parimenti infondati.
2.1. È noto il consolidato orientamento di questa Corte, a tenore
del quale soltanto la presentazione della domanda di insinuazione del
credito nel passivo fallimentare, equiparabile all’atto con cui si inizia
un giudizio ex art. 94 I.fall., determina l’interruzione della
prescrizione del credito medesimo, con effetti permanenti fino alla
chiusura della procedura concorsuale, in applicazione del principio
generale fissato dall’art. 2945, secondo comma, c.c. (Cass.
20/11/2002, n. 16380; Cass. 06/02/2002, n. 1586; Cass.
11/09/1997, n. 8990; Cass. 22/11/1990, n. 11269).
Invero, la costituzione in mora quale mezzo di interruzione della
prescrizione non è compatibile con la pendenza della procedura
fallimentare – e lo stesso discorso, ovviamente, vale per
l’amministrazione straordinaria ex d.lgs. 8 luglio 1999, n. 270, cui è
stata assoggettata l’odierna controricorrente -, perché il fallimento è
un procedimento esecutivo concorsuale, nel quale i creditori del fallito
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la prescrizione, pure essendo invece il detto commissario dotato di

debbono presentare domanda agli organi fallimentari per il
pagamento dei loro crediti secondo le forme previste dagli artt. 93,
101 e 103 I.fall., mentre i debiti pecuniari si considerano tutti scaduti
alla data di dichiarazione del fallimento.
Sicché sarebbe del tutto inefficace un atto di costituzione in mora

44 I.fall., non può eseguire pagamenti o comunque atti di
adempimento opponibili alla massa, come sarebbe parimenti
inefficace un atto di costituzione in mora, per debiti della società in
procedura, compiuto nei confronti del curatore, il quale non ha la
libera disponibilità dei diritti e degli obblighi della società fallita (vedi
Cass. n. 1586 del 2002, cit.).
Del resto, questa Corte ha già avuto modo di chiarire, con
riferimento alla soppressa amministrazione controllata ex art. 191
I.fall., in cui l’imprenditore pacificamente non era privato della
titolarità della propria impresa (tanto da conservare la capacità
processuale attiva e passiva in relazione ai giudizi già iniziati) ed il
commissario giudiziale non aveva poteri dispositivi del patrimonio di
detto debitore, che detto organo – essendo privo della legittimazione
a porre in essere atti che, in qualche modo, potessero incidere sul
patrimonio dello stesso debitore assoggettato alla procedura – non
poteva rendersi destinatario di atti interruttivi della prescrizione (così
Cass. 04/06/2007, n. 12953).
2.2. Deve allora affermarsi il seguente principio di diritto:

“Nel

caso di impresa sottoposta alla procedura di amministrazione
straordinaria delle grandi imprese in crisi, l’atto di costituzione in
mora proveniente dal creditore è parimenti inefficace, sia se compiuto
direttamente nei confronti dell’impresa già ammessa alla procedura,
perché essa non può più eseguire pagamenti, ai sensi dell’art. 49 del
d.lgs. n. 270 del 1999 – che richiama l’art. 44 I.fall. -, sia se
indirizzato al suo commissario straordinario, il quale non ha la libera
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compiuto nei confronti di una società già fallita che, ai sensi dell’art.

disponibilità dei diritti e degli obblighi dell’impresa in procedura,
determinando l’interruzione della prescrizione del credito soltanto la
presentazione della domanda di insinuazione nello stato passivo”.
2.3. Nella vicenda che ci occupa, diviene di conseguenza
irrilevante la circostanza che, in data 19 novembre 2010, il ricorrente

amministratori della medesima società già in amministrazione
straordinaria, una diffida e messa in mora in relazione al credito
risarcitorio per cui è lite, in quanto la domanda di insinuazione al
passivo risulta depositata innanzi alla cancelleria del Tribunale di
Santa Maria Capua Vetere soltanto il successivo 16 dicembre 2010,
quando erano già decorsi oltre dieci anni dalla data in cui il lavoratore
e la società – allora

in bonis – comparvero (il precedente 20

novembre 2000) davanti alla direzione provinciale del lavoro di
Padova per il tentativo obbligatorio di conciliazione;

dies a quo

questo, da cui occorre far decorrere, secondo la tesi del medesimo
Malimpensa, una nuova prescrizione decennale.
3. Alla luce di quanto sopra, il primo motivo resta inammissibile
per difetto di interesse, essendo decorso – come visto sopra – oltre
un decennio dalla comparizione delle parti innanzi alla direzione
provinciale del lavoro, data alla quale il ricorrente, proprio attraverso
il motivo in discussione, intende fare risalire il precedente atto
interruttivo della prescrizione del suo diritto al risarcimento del danno
subito.
4. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Respinge il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente,
delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per
compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento,
agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
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abbia notificato sia al commissario straordinario della Firema, che agli

Così deciso in Roma, il giorno 16 marzo 2018.

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