Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21392 del 10/04/2018
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21392 Anno 2018
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DI ROCCO ACHILLE nato il 18/02/1981 a CHIARAVALLE
avverso la sentenza del 30/03/2016 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ANDREA PELLEGRINO;
Data Udienza: 10/04/2018
La Corte di Appello di L’Aquila, con sentenza in data 30/03/2016, in parziale riforma della
pronuncia resa dal Tribunale di Teramo in data 02/07/2014 nei confronti di Achille Di Rocco,
assolveva il medesimo dal reato di cui all’art. 116, comma 13, Cds perché il fatto non è più
previsto dalla legge come reato e rideterminava la pena in relazione imputazioni di cui all’art.
648 cod. pen. e agli artt. 477, 482 cod. pen., nella misura di anni uno, mesi due, giorni venti
di reclusione ed euro 900,00 di multa, con conferma nel resto della sentenza di primo grado.
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo il seguente motivo: violazione di legge in
relazione all’art. 133 cod. pen.
Il motivo è manifestamente infondato.
La graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le
circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la
esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e
133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri
ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di
mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, Ferrario,
Rv. 259142), ciò che – nel caso di specie – non ricorre. Invero, una specifica e dettagliata
motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o
aumenti per circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla
misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto dell’impiego
dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. le espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o
“congruo aumento”, come pure il richiamo – anche se implicito – alla gravità del reato o alla
capacità a delinquere (Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, Denaro, Rv. 245596).
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte cost. 13 giugno
2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene equa, di euro tremila a favore della
cassa delle ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro tremila alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 10/04/2018
L’estensore
Il P sidente
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO