Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 21295 del 08/02/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 21295 Anno 2018
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Bancapulia s.p.a.

nel procedimento a carico di Postiglione Michele

avverso l’ordinanza del 02/12/2013 del Tribunale di Potenza

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Angela Tardio;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Sante Spinaci, che ha concluso chiedendo annullarsi l’ordinanza
impugnata con rinvio al Tribunale di Potenza per nuovo esame.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 2 dicembre 2013 il Tribunale di Potenza, in funzione di
giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza depositata il 27 giugno 2013 dalla
Bancapulia s.p.a., volta al riconoscimento e all’ammissione del proprio credito

Data Udienza: 08/02/2017

ipotecario relativo ad alcuni beni immobili nell’ambito del procedimento penale n.
90/1995 R.G. Trib., con conseguente richiesta di partecipazione alla distribuzione
e attribuzione delle somme ricavate.
Il Tribunale, che rappresentava che la parte istante aveva richiamato a
fondamento della sua richiesta il disposto normativo di cui all’art. 1, commi da
189 a 205, legge 24 dicembre 2012, n. 228 (c.d. legge di stabilità 2013),
rilevava, a ragione della decisione, che:
– detta legge aveva apportato alcune modifiche al digs. 6 settembre 2011,

confiscati nell’ambito dei procedimenti di prevenzione per i quali non si applicava
la disciplina dettata dal libro primo del d.lgs. n. 159 del 2011;

l’istante aveva chiesto l’applicazione della indicata normativa con

riferimento alla confisca disposta ex art. 12-sexies d.l. n. 306 del 1992;
– la procedura dettata dalla legge n. 228 del 2012 non era, invece,
applicabile alle altre ipotesi di confisca penale, come segnalato anche dalle
Sezioni Unite civili con sentenza n. 10532 del 2013;
– la situazione prospettata non era coperta dalla normativa richiamata.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto appello la Bancapulia s.p.a., che ne
ha chiesto la riforma con ammissione al pagamento del proprio credito di euro
299.465,12, ai sensi e per gli effetti di cui alla legge 24 dicembre 2012, n. 228,
in forza del titolo derivante dal contratto di mutuo ipotecario, stipulato il 27
dicembre 1991 per notar Di Lizia di Avigliano tra la Cassa rurale e artigiana di
Vietri di Potenza s.c.r.l. e la P.L. Immobiliare s.r.l. con sede in Potenza, in
persona del suo amministratore unico Luigi Postiglione.
2.1. L’appellante, rappresentando di essere legittimata all’azione quale
cessionaria delle attività e delle passività della Banca di credito cooperativo del
Medio Potentino s.r.I., già Cassa rurale e artigiana di Vietri di Potenza, in virtù
dell’atto di cessione del 4 maggio 1998, premetteva che:

il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Potenza con

provvedimento del 13 marzo 1992 aveva sottoposto a sequestro preventivo
alcuni beni, tra i quali una villa sita in agro del comune di Pignola, gravata da
ipoteca della Banca istante, benché l’immobile fosse identificato nel
provvedimento solo con i dati del terreno;
– il Tribunale di Potenza aveva ordinato la confisca dei beni sequestrati con
sentenza del 22 dicembre 2000, che era stata parzialmente riformata dalla Corte
di appello di Potenza che, con sentenza del 24 gennaio 2003, mentre aveva
revocato la confisca di alcuni cespiti, aveva confermato il capo della sentenza
riguardante la confisca del predetto immobile;

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n. 159, disciplinando, almeno in parte, la tutela dei terzi con riferimento ai beni

- a seguito di annullamento di detta sentenza da parte di questa Corte con
sentenza del 19 febbraio 2004, la Corte di appello di Salerno, in sede di rinvio,
con sentenza del 3 marzo 2010, aveva revocato la confisca di alcuni beni,
confermando quella del predetto immobile sito in Pignola;
– con sentenza del 10 maggio 2011 questa Corte aveva annullato la
sentenza impugnata dichiarando estinti per prescrizione alcuni reati, rigettando i
motivi relativi alla disposta confisca dei beni e rinviando alla Corte di appello di
Napoli per la determinazione della pena dei residui reati.

Tribunale che aveva rigettato la sua istanza relativa al credito vantato, pari, al 30
giugno 2013, a euro 299.465,12, di cui euro 167.683,51 per capitale ed euro
131.781,61 per interessi legali, formulando due motivi.
2.2.1. Con il primo motivo l’appellante deduceva la propria legittimazione a
chiedere il riconoscimento del credito sui beni oggetto di sequestro e successiva
confisca, e, a ragione, ricordava che Luigi Postiglione, amministratore unico e
socio della P.L. Immobiliare s.r.I., era stato condannato per i delitti di usura, di
tentativo di estorsione e di estorsione continuata; rappresentava che, in
relazione alla ratio della loro previsione normativa, il sequestro e la confisca si
configuravano come misura di sicurezza e come misura di prevenzione, senza
che, pertanto, assumesse peculiare valenza la distinzione tra le diverse ipotesi di
confisca e la formale riconducibilità della fattispecie in esame nell’ambito della
legislazione antimafia; rilevava che, in particolare, non poteva ammettersi una
illegittima e irragionevole disparità di trattamento, a fronte di situazioni
disciplinate da istituti aventi analoghe finalità ed effetti giuridici, e che il mancato
riconoscimento e la soppressione dei diritti dei terzi titolari di diritti reali di
garanzia, costituiti con data certa, integrava violazione dei principi di giustizia
distributiva; sottolineava che non esisteva nell’ordinamento penale alcuna norma
che escludeva l’applicabilità della procedura di cui alla legge n. 228 del 2012 alle
altre ipotesi di confisca penale, mentre l’interpretazione restrittiva era contraria a
principi costituzionali e legislativi della irretroattività della legge meno
favorevole, oltre a essere contraddetta dall’orientamento seguito da altri giudici
di merito e dal carattere tendenzialmente organico della disciplina dalla stessa
dettata.
2.2.2. Con il secondo motivo l’appellante deduceva la esistenza dei
presupposti per l’ammissione al riconoscimento del credito ex lege n. 228 del
2012, poiché l’atto notarile che ne costituiva il titolo era stato rogato il 27
dicembre 1991 e l’ipoteca era stata iscritta 9 gennaio 1992, mentre il
provvedimento di sequestro era del 13 marzo 1992 e la confisca era stata
ordinata il 22 dicembre 2000.

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2.2. L’appellante, tanto premesso, denunciava l’erroneità della ordinanza del

3. Con ordinanza emessa in esito all’udienza camerale del 18 settembre
2015, la Corte di appello di Potenza, ritenuto che avverso il diniego di
ammissione al credito, come affermato dalle Sezioni Unite civili con sentenza n.
10532 del 2013, era ammesso come unico mezzo di impugnazione il ricorso per
cassazione ai sensi dell’art. 666, comma 5, cod. proc. pen., ha disposto la
trasmissione degli atti a questa Corte.

Il Sostituto Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta,

chiedendo l’annullamento con rinvio per nuovo esame dell’ordinanza impugnata,
attesa la fondatezza del ricorso alla luce del richiamato disposto normativo e dei
ripercorsi principi di diritto fissati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di
tutela dei terzi creditori assistiti da garanzia reale

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso va accolto per un motivo diverso, pregiudiziale e assorbente
rispetto a quello dedotto, dovendosi rilevare d’ufficio la nullità del provvedimento
impugnato, che è stato emesso dal Tribunale di Potenza, in funzione di giudice
dell’esecuzione, investito dalla istanza della Bancapulia s.p.a. diretta a ottenere il
riconoscimento della efficacia della garanzia reale costituita su beni confiscati ex
art. 12-sexies d.l. 8 giugno 1992 n. 306, per l’omessa notifica del decreto di
fissazione dell’udienza camerale all’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la
destinazione dei beni confiscati.

2. La domanda di riconoscimento e ammissione del credito ipotecario è stata
avanzata dalla Bancapulia s.p.a. in data 27 giugno 2013 con riferimento a beni
oggetto della ridetta confisca nell’ambito del procedimento penale n. 90/1995
R.G. Trib.

3. Va in primo luogo affermato in diritto il principio che la disciplina
contenuta nell’art. 1, commi da 194 a 206, legge n. 228 del 2012 trova
applicazione non soltanto in relazione alle confische di prevenzione, quando il
relativo procedimento non sia soggetto alle norme di cui al d.lgs. n. 159 del 2011
per essere stata la proposta formulata prima della data della sua entrata in
vigore, ma anche alle confische disposte in sede penale ai sensi dell’art. 12sexies d.l. n. 306 del 1992.
La giurisprudenza di legittimità ha, in tal senso, condivisibilmente affermato
che «la disciplina prevista per i sequestri e le confische di prevenzione dall’art. 1,

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4.

commi 194 e ss. della legge 24 dicembre 2012 n. 228, in tema di tutela dei terzi
e di rapporti con le procedure concorsuali, si applica anche ai casi di confisca
definitiva penale ex art. 12-sexies del D.L. 8 giugno 1992 n. 306 (cosiddetta
“confisca allargata”), con la conseguenza che la misura ablativa prevale su
eventuali ipoteche, salvo una successiva tutela di tipo risarcitorio in favore del
creditore garantito» (tra le altre, Sez. 1, n. 21 del 19/09/2014, dep. 2015, Ag.
Naz. amm.ne e destin. beni sequestrati, Rv. 261712).
Deve, peraltro, darsi atto che, successivamente alla decisione e nelle more

interpretativo è stato confermato dalla legge n. 161 del 2017, recante modifiche
al d.lgs. n. 159 del 2011, il cui art. 37 dispone, con chiara finalità di
interpretazione autentica, che «le disposizioni di cui all’articolo 1, commi da 194
a 206, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si interpretano nel senso che si
applicano anche con riferimento ai beni confiscati, ai sensi dell’articolo 12-sexies
del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla
legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni, all’esito di procedimenti
iscritti nel registro di cui all’articolo 335 del codice di procedura penale prima del
13 ottobre 2011».

4. Si rileva, inoltre, che l’art. 1, comma 200, legge n. 228 del 2012, che
demanda al giudice dell’esecuzione presso il tribunale che ha disposto la confisca
di procedere all’accertamento della sussistenza e dell’ammontare del credito,
oggetto della domanda di ammissione, e della sussistenza delle condizioni di cui
all’art. 52 d.lgs. n. 159 del 2011, rinvia, quanto alla procedura, alle disposizioni
relative all’incidente di esecuzione di cui all’art. 666, commi 2, 3, 4, 5, 6, 8 e 9,
cod. proc. pen., indicando come destinataria della immediata comunicazione del
provvedimento ammissivo del credito l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e
la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, alla
quale competono gli ulteriori adempimenti previsti nei successivi commi.
4.1. L’art. 110 d.lgs. n. 159 del 2011, confermando sostanzialmente il
disposto dell’art. 1 d.l. n. 4 del 2019, convertito nella legge n. 50 del 2010,
disciplina, poi, la natura, il ruolo e le funzioni della indicata Agenzia,
riconoscendole la personalità giuridica di diritto pubblico (comma 1) nell’esercizio
dei compiti assegnatile di amministrazione e custodia dei beni sequestrati e di
amministrazione e destinazione dei beni confiscati.
Il successivo art. 114, modificato dall’art. 7 d.lgs. n. 218 del 2012, nello
stabilire il foro esclusivo per le controversie di natura amministrativa derivanti
dall’applicazione delle norme per l’amministrazione e la destinazione dei beni
confiscati alla criminalità organizzata (foro determinato ai sensi dell’art. 135 cod.

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del deposito della motivazione della presente sentenza, l’indicato indirizzo

amm., comma 1, lett. p), statuisce al comma successivo che «all’Agenzia si
applica il testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e
difesa in giudizio dello Stato e sull’ordinamento dell’Avvocatura dello Stato di cui
al R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art.1», norma questa alla cui stregua la
rappresentanza, il patrocinio e l’assistenza in giudizio delle amministrazioni dello
Stato, anche se organizzate con autonomo ordinamento, spetta all’Avvocatura
dello Stato. Di qui la necessaria applicazione del successivo art. 11, comma 2,
R.D. n. 1611 del 1933, ai sensi del quale tutti gli atti giudiziali e le sentenze

anche di ufficio» (art. 1 cit., comma 3).
4.2. Questa Corte, valorizzando il detto contesto normativo, ha rimarcato
che -al di fuori dei casi tipici di incidente proposto dal soggetto condannato- il
rapporto esecutivo non intercorre esclusivamente tra il pubblico ministero e il
soggetto istante, poiché «coinvolge -trattandosi di beni confiscati- i soggetti cui
la legge attribuisce compiti gestionali e amministrativi in forza dell’intervenuta
confisca», e «la nozione di ‘interessato’ […] identificata nel titolare di posizioni
giuridiche, siano esse di diritto pubblico o di diritto, L.] non può che riconoscersi
in capo all’ANBSC, soggetto che dovrebbe -in ipotesi- occupasi di estinguere, in
tutto o in parte, il credito vantato dall’istante» (Sez. 1, n. 45260 del 27/09/2013,
Italfondiario s.p.a., n.m.).
Su tale premessa, la successiva giurisprudenza di legittimità ha,
coerentemente affermato che, in tema di confisca ex art.

12-sexies d.l. n. 306

del 1992, per le controversie di natura amministrativa derivanti dalla
applicazione delle norme per l’amministrazione e la destinazione dei beni
confiscati, «il decreto di fissazione dell’udienza camerale fissata per la
discussione dell’incidente di esecuzione proposto […] per il riconoscimento della
efficacia della garanzia reale a suo tempo costituita sul bene confiscato» deve
essere «notificato all’Agenzia, parte nel processo», la cui rappresentanza e difesa
in giudizio «spetta all’Avvocatura dello Stato, cui, ai sensi dell’art. 11, comma
secondo, del R.D. 30 ottobre 1933 n. 1611, devono essere notificati gli atti
giudiziali e le sentenze, a pena di nullità da pronunciarsi anche d’ufficio» (tra le
altre, Sez. 1, n. 21 del 19/09/2014, citata, Rv. 261713, e in motivazione).

5. Nella specie, pertanto, alla omessa notifica della vocatio in ius, non
risultante dall’esame degli atti disponibili, qui consentito per verifiche
processuali, segue, in quanto sanzionata a pena di nullità degli atti successivi, la
nullità dell’ordinanza impugnata, che deve essere per tale ragione annullata con
rinvio al Tribunale di Potenza.

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devono essere notificati nei modi ivi indicati «a pena di nullità da pronunciarsi

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di
Potenza.

Così deciso il 08/02/2017

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