Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24363 del 29/10/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 24363 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: BOGNANNI SALVATORE

ORDINANZA
sul ricorso 13034-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001 in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente contro
SBRIGLIA MASSIMO (SBRMSM52TO6F839T) elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA ANASTASIO II n. 442, presso lo studio
dell’avvocato MISURACA MARCO, rappresentato e difeso dagli
avvocati GASPARRO FRANCESCO GIUSEPPE, ALFREDO
FRANCO, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 29/10/2013

avverso la sentenza n. 66/28/2010 della Commissione Tributaria
Regionale di NAPOLI dell’8.3.2010, depositata il 22/03/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
10/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE
BOGNANNI.

IMMACOLATA ZENO.

Ric. 2011 n. 13034 sez. MT – ud. 10-10-2013
-2-

E’ presente il Procuratore Generale in persona del D

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CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione SESTA (Tributaria)
R.G. ric. n. 13034/11

Ricorrente: agenzia entrate
Controricorrente: Massimo Sbriglia

riguardante la cartella di pagamento,
Ordinanza
Svolgimento del processo

1. L’agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della commissione tributaria regionale della Campania n. 66/28/10, depositata il 22 marzo
2010, con la quale essa accoglieva l’appello di Massimo Sbriglia
contro la decisione di quella provinciale, sicchè l’opposizione
del medesimo, relativa all’atto di diniego di revoca in autotutela
riguardante la cartella di pagamento emessa per le imposte Irpef,
Irap, Iva ed addizionali in relazione agli anni 1997-2001 veniva
ritenuta fondata. In particolare il giudice di secondo grado osservava che in generale col pagamento della prima rata relativa al
chiesto condono si determinava l’efficacia del medesimo, di modo
che il contribuente ben poteva chiedere l’annullamento dell’atto
esecutivo in autotutela, ancorché non avesse impugnato per tempo
quella cartella. Sbriglia resiste con controricorso.
Motivi della decisione

2.

Innanzitutto va esaminata l’eccezione di inammis

ilità

formulata dal controricorrente, secondo cui il ricorso sarebbe inammissibile per tardività, atteso che esso era stato consegnato
all’ufficiale giudiziario in data 9.5.20011, mentre la sentenza
era stata pubblicata il 22.3.2010, e quindi a termine già scaduto
il giorno 6 di quel mese.
L’eccezione è infondata, posto che il termine lungo scadeva
invece il giorno 7, che cadeva di sabato, e quindi esso slittava
necessariamente al lunedì successivo, appunto giorno 9.5.2011, in

Oggetto: impugnazione atto di diniego di revoca in autotutela

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virtù della norma di cui all’art. 155, comma 5 cpc., come novellato dall’art. 2, lett. f) L. n. 263 del 2005.
3. Ciò premesso, col primo motivo la ricorrente deduce violazione di norme di legge, in quanto la CTR non considerava che
l’atto di diniego in autotutela non è previsto tra quelli impugna-

zialmente il contribuente intendeva fare valere ragioni di merito
inerenti alla cartella di pagamento, che invece non era stata impugnata tempestivamente, e che perciò era divenuta defi ta ci
ca la pretesa erariale.
Il motivo è fondato nei limiti di cui appresso. Ineo il contribuente che richiede all’Amministrazione finanziari di ritirare, in via di autotutela, un avviso di accertamento divenuto definitivo, ovvero una cartella di pagamento, come nella specie, non
può limitarsi a dedurre eventuali vizi dell’atto medesimo, la cui
deduzione deve ritenersi definitivamente preclusa, ma deve prospettare l’esistenza di un interesse di rilevanza generale
dell’Amministrazione alla rimozione dell’atto. Ne consegue che
contro il diniego dell’Amministrazione di procedere all’esercizio
del potere di autotutela può essere proposta impugnazione soltanto
per dedurre eventuali profili di illegittimità del rifiuto e non
per contestare la fondatezza della pretesa tributaria (V. pure
Cass. Sentenza n. 11457 del 12/05/2010. Sezioni Unite 16097 del
2009). Infatti tale tipo di atto rientra nella discrezionalità da
cui l’attività di autotutela è connotata in questo caso, altrimenti si darebbe ingresso ad una inammissibile controversia sulla legittimità di un atto impositivo ormai definitivo, ove
l’impugnazione fosse ammessa in ogni ipotesi (V. pure Cass. Sez.
U, Sentenza n. 3698 del 16/02/2009, Sezioni Unite: 7388 del 2007).
4. Col secondo motivo la ricorrente denunzia violazione di
norme di legge, giacchè il giudice di appello non considerava che
si trattava soltanto di condono c.d. clemenziale e non premiale,
atteso che in materia di imposte dirette e di Iva, imposta spettante alla CEE, il beneficio in argomento è strutturato in maniera
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bili indicati nell’art. 19 D.lgs. n. 546/92, atteso che sostan-

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differente rispetto alle altre fattispecie, nel senso che il relativo procedimento si perfeziona solamente allorché tutte le rate
vengano pagate, e non soltanto la prima, riguardando esso unicamente l’esclusione della sanzione.
La censura ha pregio, posto che l’art. 9 bis L. n. 289/02 di-

dichiarazioni e non versate, per le quali il condono si perfeziona
solamente col pagamento di tutte le rate, con la conseguenza che
soltanto in tale ipotesi la sanzione non viene applicata, mentre
invece il pagamento della prima rata non rende efficace il relativo procedimento amministrativo. Al riguardo più volte questa Corte
ha statuito che “in tema di condono fiscale, in assenza di disposizioni quali quelle di cui agli artt. 8, 9, 15 e 16 della legge
27 dicembre 2002, n. 289 – che considerano efficaci le ipotesi di
condono ivi regolate anche senza adempimento integrale insuscettibili di applicazione analogica, perché connesse a norme di tipo
eccezionale, nell’ipotesi prevista dall’art. 9 bis della legge citata la non applicazione delle sanzioni si verifica solo se si
provvede al pagamento (in un’unica soluzione o in modo rateale)
delle imposte, nei termini e nei modi di cui alla medesima disposizione, con la conseguenza che, nel caso di omesso o non integrale pagamento, l’istanza di definizione diviene inefficace e si verifica la perdita della possibilità di avvalersi della definizio e
anticipata (Cfr. anche Ordinanza n. 8027 del 21/05/2
n. 19546 del 23/09/2011).
Dunque sul punto la sentenza impugnata rn risu

motivata in

modo giuridicamente corretto.
5. Ne deriva che il ricorso va accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata, senza rinvio, posto che la causa
può essere decisa nel merito, atteso che non occorrono ulteriori
accertamenti di fatto, ex art. 384, comma 2 cpc., e rigetto di
quello introduttivo.
6. Quanto alle spese dell’intero giudizio, sussistono giusti
motivi per compensare quelle del doppio grado, mentre le altre
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sciplina l’ipotesi di iscrizione a ruolo di imposte risultanti da

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successive seguono la soccombenza, e vengono liquidate come in
spositivo.
P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza im

a senza rinvio,

e, decidendo nel merito, rigetta quello intr

tivo; compensa le

spese del doppio grado, e condanna il controricorrente al rimborso
di quelle del presente giudizio, che liquida complessivamente in
euro 2.000,00(duemila/00) per onorario, oltre alle altre prenotate
a debito.
Roma, così deciso il 10 ottobre 2013.

La Corte

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