Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19901 del 23/03/2018
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19901 Anno 2018
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: MENGONI ENRICO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PIAZZA O SED MICHAEL nato il 11/03/1991 a ROMA
avverso la sentenza del 31/10/2016 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ENRICO MENGONI;
Data Udienza: 23/03/2018
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 31/10/2016, la Corte di appello di Roma, decidendo in
sede di rinvio in ordine al trattamento sanzionatorio inflitto, irrogava a Michael
Piazza O Sed la pena di dieci mesi di reclusione e 2.400,00 euro di multa in
ordine al delitto di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
2. Propone ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore,
chiedendo l’annullamento della pronuncia per eccessività del trattamento
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il gravame risulta manifestamente infondato.
La Corte di appello, infatti, ha risposto in modo congruo al decisum di
questo Giudice di legittimità quanto alla pena irroganda, alla luce della nota
sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale e delle novelle che hanno poi
inciso sulla lettera dell’art. 73, comma 5, qui in esame. In particolare, la
sentenza ha individuato la sanzione base in un anno di reclusione e 3.000,00
euro di multa, discostandosi dai minimi edittali con adeguato argomento, ossia
valorizzando il quantitativo di cocaina detenuto e la personalità del soggetto,
gravato da precedenti penali; di seguito, la Corte ha applicato un modesto
aumento a titolo di continuazione e, infine, la diminuente per la scelta del rito
abbreviato.
Sì da pervenire ad una sanzione finale non certo eccessiva e, soprattutto,
sostenuta da non censurabile percorso logico-giuridico.
4. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della
sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella
fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a
norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché
quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 23 marzo 2018
sanzionatorio.