Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19250 del 07/02/2018
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19250 Anno 2018
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
EL KHADIRI JAWAD nato il 18/07/1991
avverso la sentenza del 30/11/2016 del TRIBUNALE di GENOVA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ALFREDO GUARDIANO;
Data Udienza: 07/02/2018
FATTO E DIRITTO
1. Con la sentenza di cui in epigrafe, pronunciata ai sensi degli artt. 444
e ss., c.p.p., il tribunale di Genova applicava nei confronti di El Khadiri
Jawad, in relazione al reato in rubrica ascrittogli, la pena ritenuta di
giustizia.
2. Avverso tale sentenza, di cui chiede l’annullamento, ha proposto
di motivazione in ordine, sia alla mancata indicazione delle ragioni che
hanno impedito l’applicazione in favore del ricorrente di una pronuncia di
proscioglimento ex art. 129, c.p.p., sia alla determinazione dell’entità
della pena.
3. Il ricorso va dichiarato inammissibile, perché sorretto da motivi
manifestamente infondati. Ed invero nel procedimento di applicazione
della pena su richiesta delle parti (art. 444 e ss. c.p.p.), queste ultime
non possono prospettare con il ricorso per cassazione questioni
incompatibili con la richiesta di patteggiamento formulata per il fatto
contestato e per la relativa qualificazione giuridica risultante dalla
contestazione, in quanto l’accusa come giuridicamente qualificata non
può essere rimessa in discussione. L’applicazione concordata della pena,
infatti, presuppone la rinuncia a far valere qualunque eccezione di
nullità, anche assoluta, diversa da quelle attinenti alla richiesta di
patteggiamento e al consenso a essa prestato. Cosicché, in questa
prospettiva, l’obbligo di motivazione del giudice è assolto con la semplice
affermazione dell’effettuata verifica e positiva valutazione dei termini
dell’accordo intervenuto tra le parti e dell’effettuato controllo degli
elementi di cui all’art. 129 c.p.p. conformemente ai criteri di legge (cfr.,
ex plurimis,
Cass., sez. II, 14/01/2009, n. 5240). È, pertanto,
inammissibile il ricorso per cassazione proposto per asserita mancanza
di motivazione, in ordine alla sussistenza di una causa di non punibilità
ex art. 129 c.p.p., della sentenza del giudice di merito emessa ai sensi
dell’art. 444 c.p.p., qualora, dal testo della sentenza impugnata, non
appaia “ictu oculi” la ricorrenza di una delle ipotesi di proscioglimento di
cui all’art. 129 c.p.p., essendo sufficiente, in questo caso, una implicita
ricorso per cassazione l’imputato, lamentando violazione di legge e vizio
motivazione sulla insussistenza delle ipotesi in questione (cfr. Cass., sez.
III, 01/10/2009, n. 39987). Per converso la giurisprudenza del Supremo
Collegio, ha chiarito, altresì, che in tema di patteggiamento, non è
consentito all’imputato, dopo l’intervenuto e ratificato accordo, proporre
questioni, in sede di ricorso per cassazione, in ordine alla mancata
applicazione dell’art. 129 c.p.p., senza precisare per quali specifiche
del giudizio (cfr. Cass. sez. IV, 17/09/2013, n. 41408, rv. 256401). Il
ricorso dell’imputato va, pertanto, dichiarato inammissibile, sia perché il
giudice di merito ha espressamente affermato l’insussistenza degli
elementi per un’eventuale pronuncia in senso favorevole al reo, ex art.
129, c.p.p. (anche indicando specificamente gli atti processuali a tal fine
valutati: cfr. p. 3), sia perché i rilievi difensivi sono formulati in termini
assolutamente generici, non avendo il ricorrente indicato specificamente
le ragioni che avrebbero imposto l’adozione di una delle formule di
proscioglimento previste dalla indicata disposizione normativa. Sotto
diverso
aspetto
va
ribadito
l’orientamento
dominante
nella
giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in tema di patteggiamento,
una volta che l’accordo tra le parti sia stato ratificato dal giudice con la
sentenza di applicazione della pena, non è consentito censurare il
provvedimento nei profili di determinazione quantitativa della sanzione,
a meno che non risulti applicata una pena illegale (cfr.,
ex plurimis,
Cass., sez. VI, 18.9.2003, n. 38943, rv. 227718), circostanza non
riscontrabile nel caso in esame e nemmeno dedotta dal ricorrente.
4. Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna del ricorrente,
ai sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento
e della somma di euro 2000,00 a favore della cassa delle ammende,
tenuto conto della circostanza che l’evidente inammissibilità dei motivi di
impugnazione, non consente di ritenere il ricorrente medesimo immune
da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilità
(cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
2
ragioni detta disposizione avrebbe dovuto essere applicata al momento
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 2000,00 in favore della
cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 7.2.2018.