Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 19219 del 13/07/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 19219 Anno 2018
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: GENTILI ANDREA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
ZICARO FRANCO nato il 20/08/1976 a COSENZA

avverso la sentenza del 21/06/2007 del TRIBUNALE di COSENZA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ANDREA GENTILI;

Data Udienza: 13/07/2017

Ritenuto che il Tribunale di Cosenza, con sentenza del 21 giugno 2007,
ha applicato, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., a Zicaro Franco la pena di
mesi 1 e giorni 20 di arresto, in relazione ai reati di cui ai punti A, B, C della
rubrica a lui contestata, unificati sotto il vincolo della continuazione, e la pena
di euro 800,00 di multa, concesse le attenuanti generiche, relativamente al
reato di cui al capo D della citata rubrica ;
che, avverso detta sentenza ha interposto ricorso per cassazione lo Zicaro

al mancato proscioglimento dell’imputato ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.;

Considerato che il ricorso è inammissibile;
che il ricorrente si è, infatti, limitato a lamentare che il giudice non
avrebbe fornito alcuna motivazione circa l’insussistenza di cause di
proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. senza indicare alcun concreto
riferimento critico alla motivazione della sentenza impugnata né quali
argomenti avrebbero giustificato il proscioglimento;
che deve, peraltro, richiamarsi il costante orientamento di questa Corte,
secondo cui l’obbligo della motivazione, imposto al giudice dagli artt. 111
Cost. e 125, comma 3, cod. proc. pen. per tutte le sentenze, non può non
essere conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di
patteggiamento, rispetto alla quale, pur non potendo ridursi il compito del
giudice a una funzione di semplice presa d’atto del patto concluso tra le parti,
lo sviluppo delle linee argomentative della decisione è necessariamente
correlato all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa
dall’onere di provare i fatti dedotti nell’imputazione;
che da tanto consegue che il giudizio negativo circa la ricorrenza di una
delle ipotesi di cui all’art. 129 cod. proc. pen. deve essere accompagnato da
una specifica motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni
delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause
dì non punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una
motivazione consistente nell’enunciazione – anche implicita – che è stata
compiuta la verifica richiesta dalle leggi e che non ricorrono le condizioni per
la pronuncia di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (ex plurimis: Corte
di cassazione, Sezione III penale, 29 maggio 2012, n. 36610);
che tale orientamento trova applicazione anche nel caso di specie, in cui
la motivazione della sentenza circa l’insussistenza di cause di proscioglimento

ex art. 129 cod. proc. pen. appare, in ogni caso, sufficiente, perché richiama
le fonti di prova che ne escludono l’applicabilità;
che il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile e, tenuto conto
della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale nonché

deducendo la omessa motivazione o comunque la violazione di legge in ordine

rilevato che nella fattispecie non sussistono elementi per ritenere che «la
parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità del ricorso
consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché della somma equitativamente
fissata in C 2000,00 in favore della Cassa delle ammende.

PER QUESTI MOTIVI

spese processuali e della somma di euro 2000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 13 luglio 2017
Il Consigliere es

nsore

il Presiden

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

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