Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17251 del 23/02/2018
Penale Ord. Sez. 7 Num. 17251 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: MENGONI ENRICO
sul ricorso prfflosto da:
LEONE LEONARDO nato il 20/10/1993 a GROTTAGLIE
avverso la s,.2ntenza del 11/07/2017 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di
BRINDISI
dato avviso a le parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ENRICO MENGONI;
Data Udienza: 23/02/2018
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza dell’11/7/2017, il Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Brindisi applicava a Leonardo Leone – ai sensi dell’art. 444 cod.
proc. pen. – la pena di un anno, quattro mesi di reclusione e 520,00 euro di
multa in ordine al delitto di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n.
309.
2. Propone ricorso per cassazione il Leone, a mezzo del proprio difensore,
per mancanza di motivazione quanto alla qualificazione giuridica del fatto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il gravame risulta manifestamente infondato.
Rileva questa Corte che – per indirizzo costante e qui da ribadire – in tema
di patteggiamento, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo l’erronea
qualificazione del fatto contenuto in sentenza deve essere limitata ai casi di
errore manifesto, ossia ai casi in cui sussiste l’eventualità che l’accordo sulla
pena si trasformi in un accordo sui reati, mentre deve essere esclusa tutte le
volte in cui la diversa qualificazione presenti margini di opinabilità. (Sez. 3, n.
34902 del 24/6/2015, Brughitta, Rv. 264153: fattispecie nella quale la Corte ha
escluso la dedotta violazione di legge nella qualificazione del fatto di cui alla
sentenza impugnata in ordine alla sussistenza della circostanza aggravante di cui
all’art. 80 d.P.R. n. 309 del 1990, a fronte della detenzione da parte dei due
imputati rispettivamente di kg. 110 e 45 lordi di hashish. In termini, tra le altre,
Sez. 6, n. 15009 del 27/11/2012, Bisignani, Rv. 254865). Orbene, nulla di
quanto precede emerge dal ricorso in esame, nel quale la doglianza risulta
proposta in termini del tutto generici, astratti e privi di qualsivoglia effettivo
riferimento alla pronuncia impugnata.
4. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della
sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella
fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a
norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché
quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata in euro 3.000,00.
chiedendo l’annullamento della pronuncia. La sentenza risulterebbe censurabile
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2018
Il Presidente