Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 17250 del 23/02/2018
Penale Ord. Sez. 7 Num. 17250 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: MENGONI ENRICO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
GRAZIANI FABIO nato il 04/07/1986 a -FERAMO
avverso la sentenza del 04/07/2016 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso aie parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ENRICO MENGONI;
Data Udienza: 23/02/2018
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 4/7/2016, la Corte di appello di L’Aquila, in parziale
riforma della pronuncia emessa il 29/10/2015 dal Giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Teramo, rideterminava la pena inflitta a Fabio
Graziani in due anni di reclusione ed 8.000,00 euro di multa, in ordine al delitto
di cui all’art. 73, comma 4, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
2. Propone ricorso per cassazione il Graziani, personalmente, chiedendo
sussistenza dei presupposti per una pronuncia di proscioglimento ai sensi
dell’art. 129 cod. proc. pen., invero ravviabili dagli atti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il gravame risulta manifestamente infondato.
Osserva il Collegio, infatti, che la doglianza proposta emerge come del tutto
generica, astratta e priva di qualsivoglia legame con le emergenze processuali,
invero neppure menzionate; ancora, non è fatto alcun cenno alla motivazione
stesa dalla Corte di appello, tamquam non esset, che, per contro, appare
congrua ed immeritevole di censura.
E senza tacere, da ultimo, che l’appello proposto non aveva ad oggetto, in
alcun modo, l’eventuale sussistenza di una causa di non punibilità ex art. 129
cod. proc. pen. (che il ricorso, peraltro, neppure individua nella sua specificità),
ma soltanto il riconoscimento dell’ipotesi lieve di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R.
n. 309 del 1990, le circostanze attenuanti generiche e l’esclusione della recidiva.
4. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della
sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella
fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a
norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché
quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata in euro 3.000,00.
/
l’annullamento della pronuncia. La Corte di appello non avrebbe verificato la
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2018
Il Presidente
nsigliere estensore