Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16173 del 20/03/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16173 Anno 2018
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
dalla parte civile DI DIO ROSSELLA nato il 03/04/1959 a ROMA
nel procedimento a carico di:
GENTILI STEFANO nato il 01/10/1973 a SAN VITO ROMANO

avverso la sentenza del 13/10/2016 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE DE MARZO;

Data Udienza: 20/03/2018

Fatto e diritto

Per quanto ancora rileva, con la sentenza in epigrafe indicata la Corte d’appello
di Roma, in riforma della decisione di primo grado, ha dichiarato non doversi
procedere nei confronti di Stefano Gentili, in relazione al reato di cui all’art. 635,
comma secondo, cod. pen., perché il fatto non è previsto dalla legge come reato,
e, in ordine al reato di violazione di domicilio, perché estinto per prescrizione in
data anteriore alla sentenza del Tribunale, e ha revocato le statuizioni civili.
Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse della parte civile, Rossella Di Dio,

l’essere l’immobile danneggiato situato nel centro storico, è il risultato di una
mera asserzione della ricorrente, che non può trovare conforto nella circostanza
che il capo di imputazione rechi il generico e semplice richiamo del secondo
comma dell’art. 635 cod. pen., nella formulazione precedente all’abrogazione
disposta dal d. Igs. n. 7 del 2016; b) l’affermazione che il reato sarebbe stato
commesso nel 2008 e non nel 2004 riposa su una serie di deduzioni, correlate ad
atti processuali dei quali non viene riprodotto il contenuto (in tal modo
precludendo la verifica oggettiva del vizio attribuito alla sentenza impugnata) e
prive di confronto con gli elementi indicati dalla Corte d’appello, che hanno
riguardo alla deposizione del teste Gentili, del teste Rossi e alle stesse
dichiarazioni della prte civile, che aveva affermato di essersi recata nell’immobile
nel 2003, al momento dell’acquisto, e poi nel 2008, quando aveva notato il tubo
e la perdita di liquami. Quest’ultima precisazione, non oggetto di contestazione
alcuna, priva di logico fondamento il rilievo contenuto nel ricorso, secondo il
quale l’allagamento del 2008 doveva essere necessariamente contemporaneo ai
lavori (e ciò a tacer del fatto che non viene fornito alcun elemento in grado di
illustrare perché tale conclusione sarebbe, appunto, necessitata). Le superiori
considerazioni non sono scalfite dalle indicazioni integrative contenute nella
memoria, che finiscono per tradursi nell’aspirazione ad una rivalutazione delle
risultanze istruttorie preclusa in sede di legittimità. Alla inammissibilità del
ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle
ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in
euro 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende. Così deciso in data 20/03/2018
Il Consi

stensore

Il Presidente

è inammissibile, in quanto: a) il presupposto in fatto della prima censura, ossia

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