Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16156 del 20/03/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16156 Anno 2018
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CASTELLANETA ROCCO nato il 31/07/1964 a TARANTO
Lf_ ecc
avverso la sentenza del 30/05/2016 della CORTE APPELLO gEZ.DIST. di
TARANTO
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE DE MARZO;

Data Udienza: 20/03/2018

Fatto e diritto
Per quanto ancora rileva, con la sentenza in epigrafe indicata la Corte d’appello
di Lecce, sezione distaccata di Taranto, ha confermato la decisione di primo
grado, quanto alla affermazione di responsabilità di Rocco Castellaneta, in
‘relazione ai reati di cui agli artt. 612 cod. pen. (capi C ed E) e 697 cod. pen.
(capo D).
Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse dell’imputato è inammissibile, in
quanto: a) le dichiarazioni del teste avv. Egidio Leone, quanto al contenuto della

essere poste a base della ricostruzione dei fatti; b) l’affermazione del
Castellaneta, che, dopo avere avvicinato il Leone, gli disse di riferire al suo
avvocato (ossia all’avv. Colarusso, difensore della moglie dell’imputato nella
causa di separazione dal marito), che si sarebbe recato a Milano non ha senso
alcuno – e, infatti, nessuno significato alternativo, idoneo a prospettare

un

ragionevole dubbio viene indicato – se non quello ricostruito, in termini razionali,
dalla Corte territoriale di formulare una minaccia indiretta al Colarusso, le cui
figlie vivevano a Milano; c) la gravità della minaccia non è affatto correlata,
nell’editto accusatorio, in via esclusiva ai comportamenti tenuti dal Castellaneta
e oggetto di distinti capi di imputazione dai quali è stato assolto, giacché nel
primo si fa riferimento anche alle modalità dell’intimidazione; d) il contenuto
della conversazione valorizzata dalla Corte territoriale non rappresenta la prova
del fatto, ma del clima nel quale quest’ultimo, ricostruito in base ai superiori
elementi, è maturato; e) nessuna contraddittorietà è dato cogliere nel collegare
l’episodio intimidatorio del quale s’è detto con la minaccia dì cui al successivo
capo E), cui si correla la contravvenzione di cui al capo D), perché è solo
attraverso una valutazione unitaria dei due episodi che emerge la persistente
determinazione criminosa del Castellate; f) le critiche relative alla valutazione
delle immagini tratte dall’impianto di videosorveglianza, finiscono per aspirare,
peraltro in termini generici, ad una rivalutazione delle prove, inammissibile in
sede dì legittimità e comunque incidono su elementi che sono apparsi alla Corte
d’appello come convergenti sulla conclusione della riferibilità della condotta al
Castellaneta, conclusione fondata, in termini di ragionevole certezza, sugli altri
dati sopra ricordati; g) che le considerazioni dedicate ad elementi che la stessa
sentenza impugnata ritiene privi di valore indiziante sono assolutamente prive di
decisività; h) che le critiche alla valutazione della prova d’alibi del Castellaneta,
oltre che prive di conducenza, quanto all’impiego della tecnica della motivazione
per relationem (giacché la Corte d’appello compie una analitica disamina delle
prove), sono inammissibili, in quanto, come sopra detto, aspirano ad una
rivalutazione delle risultanze istruttorie, preclusa in sede di legittimità; h) la
1

frase pronunciata dal Castellaneta, non richiedono alcun riscontro per poter

mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è giustificata, nella
sentenza impugnata, con motivazione esente da manifesta illogicità, che si
sottrae, pertanto, al sindacato di questa Corte (Cass., Sez. 6, n. 42688 del
24/9/2008, Rv. 242419), anche considerato il principio, espressione della
consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo cui non è necessario che il
gìudìce di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti
generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli
dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia

superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011,
Sermone, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244);
i) la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni
previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità
del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in
aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è
inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova
valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di
mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 04/02/2014, Ferrarío, Rv. 259142), ciò che – nel caso di specie – non ricorre.
Alla inammissibilità del ricorso consegue,

ex art. 616 cod. proc. pen., la

condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in
favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si
stima equo determinare in euro 2.000,00.
P.Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende. «sì deciso in data 20/03/2018
Il Consig tensore
Giusep

Marzo

Il Presidente
Ste fjpo
),

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riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o

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