Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15665 del 08/03/2018
Penale Ord. Sez. 7 Num. 15665 Anno 2018
Presidente: TRONCI ANDREA
Relatore: TRONCI ANDREA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAIMONDO ALFONSO nato il 30/08/1963 a ROMA
avverso la sentenza del 18/03/2016 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Presidente ANDREA TRONCI;
Data Udienza: 08/03/2018
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.
Il difensore di fiducia di Alfonso RAIMONDO propone tempestiva
impugnazione avverso la sentenza in data 18.03.2016 con cui la Corte d’appello
di Roma ha confermato la pronuncia emessa dal Tribunale della stessa Capitale,
di condanna del prevenuto a pena di giustizia per il reato previsto e punito
dall’art. 385 cod. pen.
Più precisamente, il provvedimento impugnato sarebbe incorso in una
duplice violazione dell’art. 606 lett. b) cod. proc. pen.: in primo luogo, per via
criminosa, rientrando nella nozione di domicilio “ogni pertinenza ed
appartenenza del luogo specificamente individuato”, con conseguente esclusione
dell’ipotizzato allontanamento; secondariamente, in ragione del mancato
riconoscimento della circostanza attenuante disciplinata dall’art. 385 co. 4 cod.
pen., asseritamente applicabile ove il detenuto rientri nel luogo di detenzione
domiciliare non già furtivamente, bensì “visto dagli agenti incaricati della
sorveglianza e consapevole di essere visto”, in tal caso essendosi in presenza di
un comportamento “assimilabile alla costituzione” in carcere.
2.
Il ricorso va dichiarato inammissibile, con le conseguenti statuizioni
previste dall’art. 616 del codice di rito, nella misura di giustizia specificata in
dispositivo: esso, invero, risulta meramente reiterativo delle medesime doglianze
già sottoposte al vaglio del giudice d’appello e dallo stesso correttamente
disattese, con la puntualizzazione, quanto alla prima censura, che essa, oltre che
generica, si connota altresì come non consentita, alla luce della ricostruzione
fattuale operata dal Tribunale e ribadita dalla Corte capitolina, la quale, al di là
della doverosa interpretazione in senso ristretto del concetto di abitazione qui
rilevante, ha osservato che, all’atto dell’intervento degli agenti operanti, il
RAIMONDO fu visto correre verso di loro, “proveniente dall’esterno del
comprensorio ove si trovava l’immobile in cui egli era ristretto”; e, quanto alla
seconda doglianza, che essa risulta manifestamente infondata, alla luce del
consolidato insegnamento giurisprudenziale, frutto della valutazione della ratio
della disposizione qui invocata, per cui “Non integra la circostanza attenuante di
cui all’art. 385, comma quarto, cod. pen., il solo fatto che la persona evasa dalla
detenzione domiciliare rientri spontaneamente nel luogo di esecuzione della
misura da cui si è arbitrariamente allontanata, essendo indispensabile che la
stessa si presenti presso un istituto carcerario o si consegni ad un’autorità che
abbia l’obbligo di tradurla in carcere” (così, ex multis, Sez. 6, sent. n. 4957 del
21.10.2014 – dep. 03.02.2015, Rv- 262154).
dell’eccepito difetto della stessa materialità della contestata fattispecie
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di € 3.000,00 alla cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, l’08.03.2018