Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5299 del 06/03/2018
Civile Sent. Sez. L Num. 5299 Anno 2018
Presidente: DI CERBO VINCENZO
Relatore: TORRICE AMELIA
SENTENZA
sul ricorso 15298-2016 proposto da:
EDILCAVE DI TRIFOGLI PIO & C. S.A.S. IN LIQUIDAZIONE
C.F. 052315302584, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA GALLIA 120, presso lo studio
dell’avvocato OTTAVIO MARTA, che la rappresenta e
2017
difende giusta delega in atti;
– ricorrente –
4796
contro
I.N.P.S.
ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE C.F. 80078750587, in persona del legale
Data pubblicazione: 06/03/2018
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura
Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli
avvocati ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE, LELIO
MARITATO, giusta delega in atti;
–
avverso la sentenza n. 6881/2015 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 11/12/2015 r.g.n.
4469/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 05/12/2017 dal Consigliere Dott. AMELIA
TORRICE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO, che ha concluso per
il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato EMANUELE DE ROSE.
– controricorrente
N.R.G. 15298 2016
Fatto
1.
Con la sentenza indicata in epigrafe, pronunciata ai sensi dell’art. 352 c. 6 c.p.c., la Corte
di Appello di Roma ha confermato la sentenza di primo grado che aveva respinto la querela di
falso proposta da Edilcave di Trifogli Pio & C s.a.s in relazione alla firma apposta sulla ricevuta
postale di ritorno della lettera raccomandata del 15.7.2003 inviata dall’Inps.
2.
La Corte territoriale ha ritenuto che alla firma apposta per ricezione di una lettera
c.c. e che la presunzione di conoscenza di arrivo dell’atto al destinatario e della sua conoscenza
ai sensi dell’art. 1335 c.c. avrebbe potuto essere superata con elementi di prova contrari. Tanto
sul rilievo che l’attestazione di ricezione, in quanto allegata ad una lettera e non ad un atto
giudiziario notificato a mezzo a posta ai sensi degli artt. 7 e 8 della L. n. 890 del 1982, non gode
del regime privilegiato dell’atto pubblico, che ai sensi dell’art. 2700 c.c. riguarda fatti che il
pubblico ufficiale attesti da lui stesso compiuti o avvenuti in sua presenza o dallo stesso accertati.
3.
Avverso questa sentenza Edilcave di Trifogli Pio & C s.a.s ha proposto ricorso per
cassazione affidato ad un unico motivo. L’Inps ha resistito con controricorso.
Motivi
4.
Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente denuncia “violazione ed errata applicazione delle
norme di diritto”.
5.
Sostiene chei diversamente da quanto affermato dalla Corte territoriale, la fattispecie
dedotta in giudizio non sarebbe disciplinata dalle disposizioni contenute nel D.M. 1.10.2008 ma
dalle disposizioni contenute nelle Condizioni Generali del Servizio Postale D.M. 9.4.2001 in
quanto la ricevuta postale di ritorno risaliva al 23.7.2003.
6.
Assume che l’art. 32 del citato D.M. impone all’agente postale di consegnare l’atto al
destinatario o ad altra persona individuata e che siffatta attività comporterebbe l’obbligo
dell’agente di accertare l’identità e la qualità della persona che riceve in consegna l’atto.
7.
Il ricorso è inammissibile.
8.
Il Collegio ritiene di dare continuità, condividendolo, al principio più volte affermato da
questa Corte secondo il quale il vizio della sentenza previsto dall’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.,
dev’essere dedotto, a pena d’inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366, n. 4,
c.p.c., non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate ma anche, e soprattutto,
mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente
dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata
debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con
l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo
alla corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della
1
raccomandata da parte del destinatario non va attribuita la fede privilegiata di cui all’art. 2700
N.R.G. 15298 2016
lamentata violazione (Cass. 24298/2016, 87/2016, 3010/2012, 5353/2007; Ord. 187/2014,
16308/2013)
9.
Come già rilevato nel punto 2 di questa sentenza, la Corte territoriale ha escluso che
trovassero applicazione l’art. 2700 c.c. e le disposizioni contenute negli artt. 7 ed 8 della L. n.
890 del 1982 evidenziando la differenza della disciplina relativa al recapito della posta
raccomandata e quella relativa alla notificazione a mezzo posta degli atti giudiziari.
Con queste argomentazioni il ricorrente non si confronta minimamente, ma si limita a
richiamare il D. M. del 1.10.2008 e il D.M. 9.4.2001, ai quali non v’è alcun riferimento nella
sentenza impugnata.
11.
La deduzione di violazione ed errata applicazione di norme di diritto risulta formulata nel
ricorso senza alcuna specificazione delle norme che la Corte territoriale avrebbe violato e dei
principi affermati dalla giurisprudenza di questa Corte e nemmeno risulta esposta una reale
critica della soluzione adottata dal giudice del merito nel risolvere le questioni giuridiche poste
dalla controversia.
12.
Sulla scorta delle considerazioni svolte il ricorso va dichiarato inammissibile.
13.
Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente in applicazione del
principio di cui all’art. 91 c.p.c.
14.
Ai sensi dell’art. 13 c. 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, deve darsi atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello
stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte
Dichiara l’inammissibilità del ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate
in C 4.500,00, per compensi professionali, C 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese
generali forfetarie, oltre IVA e CPA.
Ai sensi dell’art. 13 c. 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 5 dicembre 2017
10.