Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5160 del 06/03/2018


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 5160 Anno 2018
Presidente: VIVALDI ROBERTA
Relatore: PELLECCHIA ANTONELLA

SENTENZA

sul ricorso 9636-2015 proposto da:
ITALCREDI

SPA

in

persona

del

suo

legale

rappresentante pro tempore, Presidente del C.d.A. Avv.
ROBERTO SAVASTA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA COSSERIA 2, presso lo studio dell’avvocato
GIUSEPPE PLACIDI, rappresentata e difesa dall’avvocato
UMBERTO FERRARI giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro

TERZO GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
AVEZZANA 6, presso lo studio dell’avvocato MATTEO

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Data pubblicazione: 06/03/2018

ACCIARI, rappresentato e difeso dall’avvocato BRUNO
GUARALDI giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2128/2014 della CORTE D’APPELLO
di BOLOGNA, depositata il 14/10/2014;

udienza del 01/12/2017 dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PELLECCHIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per il
rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato ATTILIO TAVERNITI per delega;
udito l’Avvocato BRUNO GUARALDI;

2

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

FATTI DI CAUSA.
1. Con sentenza n. 1349/2013, il Tribunale di Reggio Emilia accolse la
domanda formulata da Giuseppe Terzo per la declaratoria della nullità
parziale, ex artt. 644 c.p., 1. 108/1996 e 1815 c.c., del contratto di

con Italcredi S.p.a. nel luglio del 2008.
Per quel che qui ancora rileva, il Tribunale ritenne configurabile la c.d.
usura presunta, posto che il tasso pattuito, compresi i costi assicurativi,
era del 19,033%, mentre il tasso soglia per operazioni analoghe nel
trimestre, in base al d.m. 23.6.2008, il quale recepiva segnalazioni delle
banche che secondo la Banca d’Italia dovevano tener conto anche degli
oneri assicurativi, era del 15,11% (TEGM 10,07%).
Secondo il giudice di primo grado, ricorreva anche la c.d. usura
concreta ex art. 644 comma 3, c.p., sussistendo sia la sproporzione
eccessiva tra i vantaggi del mutuante e quanto ricevuto dal mutuatario
(l’importo da restituire era di € 37.200,00 a fronte di un capitale di €
17.038,03), sia la difficoltà economico-fmanziaria di quest’ultimo
(famiglia monoreddito di circa euro 20.000 annui e precedente prestito),
circostanze non contestate dalla convenuta.
2. La decisione è stata confermata dalla Corte d’Appello di Bologna con
sentenza n. 2128 del 14 ottobre 2014. La Corte, ritenuto che non vi sia
contraddittorietà fra il riconoscimento di usura presunta ed usura
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finanziamento contro cessione del quinto della retribuzione, stipulato

concreta, essendo identiche le conseguenze giuridiche ex art. 1815 c.c.,
ha confermato la sussistenza, nel caso di specie, di entrambe le ipotesi.
Con riferimento alla prima (usura presunta), pur osservando che il
Tribunale aveva errato nel ritenere che nel d.m. dell’epoca fossero

secondo grado ha ritenuto che la conseguenza dell’eventuale illegittimità
dello stesso d.m. per violazione dell’art. 644, comma 4, c.p. non
potrebbe che essere la “disapplica.zione selettiva” e il “ricalcolo” del tasso
soglia “sulla scorta delle rilevaioni già effettuate”, potendosi ipotizzare
comunque “un aumento del I EGM corretto rispetto al 10,07% rilevato”.
Con riferimento all’usura concreta, la Corte di Appello ha ritenuto
incontestato: che il TEG effettivamente praticato in contratto, non
inclusivo dei costi assicurativi previsti ex lege, era del 14,89%, superando
di quasi la metà il TEGM del d.m. citato e quindi sfiorando il tasso
soglia (calcolato escludendo i costi assicurativi predetti e, quindi, di per
sé già censurabile); che il TAEG concreto (comprendente i costi
assicurativi) era del 19,88%; che entrambe tali percentuali erano quindi
ben superiori al tasso medio per operazioni similari praticate da altri
operatori sul mercato rilevato dal d.m.
Di conseguenza, secondo la Corte, risultava sicuramente integrata la
sproporzione richiesta dalla norma rispetto al tasso medio per
operazioni similari. Quanto alle circostanze concrete e allo stato di
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inclusi nel calcolo del TEGM i costi assicurativi ex lege, il giudice di

difficoltà economica, dalle testimonianze escusse risultava che gli inviati
Italcredi avevano rappresentato al Terzo la possibilità di risparmi in
virtù della conclusione del contratto ed erano stati edotti del precedente
finanziamento (non rilevando la volontarietà dei debiti contratti al fine

trattandosi di cessione del quinto, il Terzo avesse dovuto esibire a
Italcredi la sua situazione economica e le sue buste paga

3. Avverso tale decisione, propone ricorso in Cassazione Italcredi S.p.a.,
sulla base di cinque motivi.

3.1 Resiste con controricorso Giuseppe Terzo.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1. Con il primo motivo, la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360
c.p.c. n. 3, la “falsa applicazione della legge n. 108 del 1996 art. 1 (art.
644 c.p.)” per la ritenuta “concomitanza di usura presunta e concreta”
La legge 108 del 1996 imporrebbe una gradazione di giudizio in base
alla quale andrebbe innanzitutto vagliata la sussistenza dell’usura
presunta e, solo ove questa non sia individuata o non possa essere
individuata, potrebbe essere esaminata la ricorrenza di quella concreta.
Sarebbe infatti contraddittorio concludere per il superamento del tasso
soglia e, contemporaneamente, concludere anche per la sussistenza
dell’usura concreta, che presuppone un tasso d’interesse sotto soglia.

5

di accertare lo stato di difficoltà). Inoltre, non era contestabile che,

Il motivo è inammissibile.
Infatti, nella sentenza impugnata non si afferma la contemporanea
configurabilità dell’una e dell’altra ipotesi di usura.
La Corte di Appello si limita invece a rilevare che, anche qualora non

superamento del tasso soglia, nel caso in cui non debbano essere
conteggiati nel TEG i costi assicurativi), ricorrerebbe comunque la c.d.
usura in concreto, ponendo dunque a fondamento della declaratoria di
parziale nullità del contratto de quo due ragioni tra di loro non
concorrenti, bensì alternative.

4.2. Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360
c.p.c. n. 3, la “falsa applicazione della legge n. 108 del 1996 e della legge
n. 2 del 2009”.
Con riferimento all’usura presunta, la Corte di Appello avrebbe errato
nel dare ingresso ad una rimodulazione selettiva del d.m. e ad un
ricalcolo della soglia.
Non avrebbe infatti tenuto conto della giurisprudenza di legittimità in
tema di commissione di massimo scoperto, secondo la quale, ferma
l’esigenza di confronti omogenei tra tassi previsti in contratto e soglie
coeve, spettando per legge al M.E.F. di stabilire le voci di costo o spesa
che compongono il TEGM (e quindi, per la suddetta omogeneità,
anche quelle che compongono il TEG contrattuale), sarebbero preclusi
6

dovesse ritenersi sussistente la c.d. usura presunta (per mancato

interventi interpretativi difformi mediante rimodulazione ex post dei
TEG.
Inoltre, dall’art. 2 bis della 1. 2/2009, che impone il nuovo conteggio del
TEG contrattuale dal momento nel quale la Banca d’Italia e il M.E.F.

impostazione di conteggio, si dedurrebbe che prima di tale momento
manterrebbero piena valenza i TEG e le soglie già individuati dal
M.E.F.
Il motivo è inammissibile.
Occorre preliminarmente precisare quanto segue:

A. le istruzioni della Banca d’Italia in vigore all’epoca della conclusione
del contratto (emanate nel febbraio 2006) prevedono che, nel conteggio
del TEG contrattuale ai fini della rilevazione del TEGM, “le spese per
assicurazioni e garanzie non sono ricomprese quando derivino
dall’esclusivo adempimento di obblighi di legge” e che “nelle operazioni
di prestito contro cessione del quinto dello stipendio e assimilate
indicate nella Cat. 8, le spese per assicurazione in caso di morte,
invalidità, infermità o disoccupazione del debitore non rientrano nel
calcolo del tasso purché siano certificate da apposita polizza”.
Le successive istruzioni di vigilanza (emanate nell’agosto 2009)
contemplano invece l’inclusione nel calcolo del TEG di tutte “le spese
per assicurazioni o garanzie intese ad assicurare il rimborso totale o
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avranno compiuto le rilevazioni del TEGM seguendo la nuova

parziale del credito ovvero a tutelare altrimenti i diritti del creditore […]
se la conclusione del contratto avente ad oggetto il servizio assicurativo
è contestuale alla concessione del finanziamento ovvero obbligatoria
per ottenere il credito o per ottenerlo alle condizioni contrattuali

caso di morte, invalidità, infermità o disoccupazione del debitore” nei
prestiti contro cessione del quinto dello stipendio e della pensione.
Tuttavia, le medesime istruzioni prevedono che, fino al 31 dicembre
2009, “al fine di verificare il rispetto del limite oltre il quale gli interessi
sono sempre usurari ai sensi dell’articolo 2, comma 4, della legge 7
marzo 1996, n. 108, gli intermediari devono attenersi ai criteri indicati
nelle Istruzioni della Banca d’Italia e dell’UIC pubblicate
rispettivamente nella G.U. n. 74 del 29 marzo 2006 e n. 102 del 4
maggio 2006″. Pertanto, nel periodo transitorio, gli oneri assicurativi
imposti per legge direttamente a carico del cliente (anche per il tramite
dell’intermediario), pur dovendo essere inclusi nel calcolo TEG per
l’invio delle segnalazioni alla Banca d’Italia, ne rimangono esclusi al fine
della verifica del rispetto del limite di usura.

B. Il primo problema che si pone è quello della validità delle istruzioni
della Banca d’Italia antecedenti a quelle del luglio 2009 e delle
disposizioni transitorie di queste ultime, nonché dei D.M. recanti i tassi

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offerte”, includendo tra tali spese anche “le spese per assicurazione in

soglia determinati in base alle rilevazioni effettuate in conformità alle
stesse istruzioni.
Tale normativa, infatti, appare contrastare con il principio di
onnicomprensività fissato dall’art. 644, comma 3, c.p. e valevole sia

determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle
commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse
quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito”.
La giurisprudenza di legittimità ha affrontato, anche se non nello
specifico, la questione della validità del conteggio degli oneri assicurativi
nell’ambito dei contratti di finanziamento mediante cessione del quinto
dello stipendio o della pensione. Ha cioè esaminato il problema nel
diverso caso di un contratto di finanziamento con oneri assicurativi
facoltativi (per i quali le istruzioni della Banca d’Italia ante 2009 non
prevedevano espressamente l’esclusione dai conteggi).
In quell’occasione, la Corte ha affermato che la “centralità sistematica”
di tale norma in punto di definizione della fattispecie usuraria rilevante
non può non valere pure per “l’intero arco normativo che risulta
regolare il fenomeno dell’usura e quindi anche per le disposizioni
regolamentari ed esecutive e per le istruzioni emanate dalla Banca
d’Italia”. Infatti, “se è manifesta l’esigenza di una lettura a sistema di
queste varie serie normative, pure appare chiaro che al centro di tale
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sotto il profilo penale che sotto quello civile, secondo cui “per la

sistema si pone la definizione di fattispecie usuraria tracciata dall’art.
644, alla quale si uniformano, e con la quale si raccordano, le diverse
altre disposizioni che intervengono in materia.” (Cass. civ. Sez. I, 05-042017, n. 8806).

C’è da aggiungere, inoltre, che la contestualità tra credito e
assicurazione — quale espressione indicativa e presuntiva del
‘collegamento’ tra questi elementi che è richiesto dal comma 5 dell’art.
644 si pone, prima di ogni altra cosa, come manifestazione tipica di
un’offerta sul mercato che si modella sull’articolazione di prodotti
predisposti in modo unitario e preassemblati (ovvero a pacchetto).

4.3. Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360
c.p.c. n. 3, la “falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c.”.
Il principio di non contestazione di cui alla nuova formulazione dell’art.
115 c.p.c. non poteva essere applicato nel caso di specie, in quanto la
causa era stata radicata prima della novella.
Peraltro i fatti ritenuti pacifici dalla Corte di Appello sarebbero
incontestabili.

Il motivo è inammissibile.
E’ inammissibile perché è carente di autosufficienza, essendo il ricorso
privo di una corretta ed essenziale narrazione della condotta

10

La sentenza impugnata appare conforme a tale ultimo orientamento.

processuale osservata dalle parti che avrebbe dato la stura alla
conseguente soluzione accolta dal giudice di merito nonché
dell’illustrazione dell’errore da quest’ultimo commesso e, in particolare,
delle ragioni in fatto e M diritto che inducono a considerano come tale,

Ma in ogni caso va osservato che già molto tempo prima della riforma
dell’art. 115 c.p.c., che ha formalmente introdotto nel nostro
ordinamento il principio di “non contestazione” (secondo cui il giudice
deve porre a fondamento della decisione i fatti non specificatamente
contestati dalla parte costituita), questa Corte era pervenuta per via
interpretativa all’affermazione di analogo principio: dapprima con
riferimento al rito del lavoro (Cass. Sez. Un. , n. 761 del 23/01/2002,
Cass. Sez. Un., n. 11353 del 17/06/2004), quindi con riferimento al rito
ordinario (ex multis, Cass. civ., Sez. 3, n. 2299 del 06/02/2004; Cass.
civ., Sez. 1, n. 6936 del 08/04/2004; Cass. civ., Sez. 3, n. 5356 del
05/03/2009, Cass. civ., Sez. 1, n. 25516 del 16/12/2010; Cass. civ., Sez.
3, n. 10860 del 18/05/2011; Cass. civ., Sez. 3, n. 3727 del 09/03/2012;
Cass. civ., Sez. 6-1, Ordinanza n. 20870 del 11/09/2013).
Questo principio, prima che fosse riformato l’art. 115 c.p.c., veniva
fondato sulla lettera dell’art. 167 c.p.c.; tale previsione infatti impone al
convenuto di prendere posizione in comparsa di risposta sui fatti posti
dall’attore a fondamento della domanda: e da tale regola si trasse la
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addossando in tale modo alla Corte,ith compito, ad essa non spettante.

conseguenza che la mancata contestazione, a fronte di un onere
esplicitamente imposto dal dettato legislativo, costituisce di per sè
adozione d’una condotta incompatibile con la negazione del fatto
costitutivo della domanda, la cui prova diviene perciò inutile (Cass. civ.

Ma il motivo è pure inammissibile per difetto di interesse, posto che la
stessa ricorrente ammette che i dati ritenuti pacifici dalla Corte di
appello (il TEG effettivamente praticato in contratto, il TEGM del d.m.
di riferimento ed il TAEG concreto comprendente i costi assicurativi
era del 19,88%) erano incontestati perché incontestabili.
4.4. Con il quarto motivo, la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360
c.p.c. n. 3, la “falsa applicazione dell’art. 644 c.p. comma 3 e dell’art. 2
della 1. 108 del 1996”, nonché la “violazione della legge n. 180 del
1950″.
La Corte di appello non avrebbe verificato la sussistenza dell’elemento
soggettivo dell’usura concreta, consistente nella consapevolezza, da
parte del finanziatore, della sproporzione tra importo mutuato e
importo da restituire, nonché nella volontà di praticare interessi esosi
sfruttando l’appreso stato di bisogno del soggetto passivo.
Inoltre, il dato relativo alla media degli interessi praticati per operazioni
similari preso quale riferimento dalla sentenza impugnata non sarebbe
corretto, perché farebbe riferimento al trimestre aprile-maggio-giugno
12

Sez. III, Sent., 06-10-2015, n. 19896).

2008 (e quindi ad un periodo non coevo ma precedente alla stipula del
contratto de quo, avvenuta nel luglio 2008) e perché si riferirebbe a
tutte le cessioni di quinto e non solo a quelle praticate in ambito
privato.

sé di accertare la sproporzione e l’usura concreta, dovendosi porre
attenzione anche alle concrete modalità del fatto.
Infine, non sarebbe corretta la sentenza nella parte in cui ritiene non
contestabile che Italcredi abbia effettuato indagini economicopatrimoniali prodromiche alla concessione del finanziamento.
Infatti, nel caso di finanziamento contro cessione del quinto,
diversamente da quanto avviene per gli altri prestiti personali, il
cessionario dovrebbe solo ottenere conferma dell’esistenza del rapporto
di lavoro dipendente, verificare che non esista un altro contratto di
cessione del quinto, esaminare l’ultima busta paga e verificare che sia
realizzabile la rata mensile fino al quinto della retribuzione in rapporto
al periodo di ammortamento.
Il motivo è inammissibile, poiché con esso la parte si limita a sostenere
un’interpretazione diversa dei fatti (le concrete modalità del fatto, le
condizioni di difficoltà economico-finanziaria del Terzo, la conoscenza
delle stesse da parte di Italcredi), a fronte della valutazione degli stessi
da parte della Corte del merito, richiedendo un nuovo giudizio di
13

Peraltro, il confronto con i tassi medi praticati non consentirebbe di per

merito, laddove il controllo di legittimità non equivale alla revisione del
ragionamento decisorio f nè costituisce un terzo grado ove far valere la
supposta ingiustizia della decisione impugnata.
Inammissibile è pure la censura circa l’utilizzabilità quale parametro di

per la prima volta in questo grado di giudizio.
4.5. Con il quinto motivo, la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360
c.p.c. n. 5, l’omesso esame su fatto decisivo per il giudizio oggetto di
discussione tra le parti”.
La Corte di Appello non avrebbe tenuto conto del fatto che Italcredi
non era destinataria del premio, né riceveva alcuna utilità dallo stesso.
Il TEG, nel periodo ante 2009, avrebbe incluso solo gli importi fissati
contrattualmente a carico del cedente e remunerativi per il cessionario e
non le garanzie del credito.
Premesso che dalla formulazione del motivo, non si comprende se le
censure del ricorrente attengano al capo della sentenza che ha ritenuto
sussistente l’usura c.d. presunta, ovvero si riferiscano a quello che ha
ritenuto che, in alternativa, ricorre comunque l’usura c.d. in concreto,
richiamando quell’orientamento giurisprudenziale secondo cui, anche se
è accertato lo stato di difficoltà economica, la sussistenza della
sproporzione non può ritenersi

in re ipsa, dovendo comunque

14

riferimento dei dati rilevati dal d.m. del luglio 2008, che viene dedotta

dimostrarsi il vantaggio unilaterale conseguito dalla banca. (cfr. Cass.
Civ. sez III, n. 19282 del 2014).
Nel primo caso, le censure sarebbero infondate. Infatti, le spese per le
assicurazioni o garanzie intese ad assicurare al creditore il rimborso

prima del 2009 ove imposte dal creditore, a prescindere dalla
circostanza che il medesimo creditore fosse o meno destinatario del
premio.
Nel secondo caso, la censura è inammissibile poiché del tutto
irrilevante, posto che le spese assicurative non sono state considerate
dalla Corte di Appello ai fini della valutazione sulla ricorrenza della
usura in concreto.
5. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
6. Infine, dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente
al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, deve darsi
atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002,
art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1,
comma 17.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento in favore del controricorrente da distrarsi a favore
15

totale o parziale del credito erano incluse nel conteggio del TEG, già

dell’avvocato antistatario, delle spese del giudizio di legittimità che
liquida in Euro 7.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella
misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200, ed agli
accessori di legge.

dall’art. 1, comma 17 della 1. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza
dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis del citato art.
13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito

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