Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4945 del 02/03/2018


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 4945 Anno 2018
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: GRECO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 461-2012 proposto da:
MARIANI EMILIO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
RAFFAELE CAVERNI 6, presso lo studio dell’avvocato
PAOLA ARMELLIN, che lo rappresenta e difende giusta
delega a margine;
– ricorrente 2017
760

contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente

Data pubblicazione: 02/03/2018

avverso la sentenza n. 77/2010 delJa COMM.TRIB.REG. di
TORINO, depositata il 25/10/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 01/03/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO
GRECO;

Generale Dott. PAOLA MASTROBERARDINO che ha concluso
per il rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente l’Avvocato CALDERONE per delega
dell’Avvocato ARMELLIN che ha chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato CASELLI che ha
Chic3t0 11 rigetto.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

FATTI DI CAUSA

Emilio Mariani propone ricorso per cassazione con tre
motivi nei confronti della sentenza della Commissione tributaria
regionale del Piemonte che, rigettandone l’appello, ed
accogliendo l’appello incidentale dell’Agenzia delle entrate, ha
confermato la legittimità della pretesa avanzata con l’avviso di
accertamento ai fini dell’IRPEF per l’anno 2003 con il quale gli
veniva contestata la mancata dichiarazione della plusvalenza
della licenza per l’esercizio del servizio di taxi. E ciò a
seguito di segnalazione del Comune di Torino e della
quantificazione del detto importo derivante da dichiarazione
dello stesso Giardino, che rivelava di aver corrisposto tale
somma per perfezionare l’acquisizione della licenza.
Il giudice d’appello, dichiarati inammissibili in quanto
domande nuove i motivi di gravame con i quali si censurava la
sentenza di primo grado per non aver dichiarato la nullità
dell’avviso per nullità dell’accordo per la cessione, e per aver
abbattuto del 35% il valore di trasferimento accertato, laddove
“avrebbe dovuto dichiarare l’annullamento integrale” – in ragione
dell’illiceità del negozio di compravendita di licenza di taxi -,
riteneva nondimeno che la pretesa ed asserita illiceità della
cessione della licenza di taxi era priva del “supporto o
dell’ancoraggio di un qualsivoglia riferimento normativo o
regolamentare”.
In ordine al valore della cessione, osservava che la
circostanza pacifica che sul conto del cedente Mariani era
transitata la somma di euro 40.000 proveniente dal Giardino,
acquirente della licenza, costituiva prova dell’effettiva volontà
delle parti di stipulare un negozio oneroso di trasferimento
della licenza di taxi, ma non costituiva affatto motivo per
ritenere che tale somma ammessa fosse esaustiva di quanto
effettivamente incassato a seguito della stipula del negozio di
trasferimento della licenza, tanto più che l’acquirente aveva
riferito ed ammesso di aver di aver corrisposto la somma
complessiva di euro 110.000.
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
PAGICNI DELLA DECISIONE

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sulla cessione ad Antonio Nicola Giardino, per euro 110.000,

Col primo motivo il contribuente denuncia omessa nonché
contraddittoria motivazione ed errata applicazione degli artt.
1418, 1346 e 1421 cod. civ., con riguardo alla rilevabilità
d’ufficio della nullità assoluta del negozio, laddove la CTR
aveva ritenuto inammissibili le domande formulate nell’appello
per essere state dedotte per la prima volta in appello; con il
secondo motivo denuncia omessa nonché contraddittoria motivazione
della sentenza in ordine alla ritenuta carenza di prova

laddove il giudice d’appello avrebbe dovuto escludere la
“possibilità di determinazione dell’imposta da applicare su un
contratto insanabilmente nullo”; col terzo motivo denuncia vizio
di motivazione della sentenza per il mancato esame di elementi
probatori contrastanti con quelli posti a fondamento della
pronunzia ai fini della determinazione del quantum del valore del
trasferimento.
Il primi due motivi si rivelano inammissibili in quanto non
colgono la ratio decidendi della pronuncia, la quale ha escluso
la rilevanza, nella presente sede, della nullità del negozio di
cessione della licenza di taxi.
La legge 15 gennaio 1992, n. 21

(«Legge quadro per il

trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non
linea»),

di

per quanto qui interessa, qualifica i titolari di

licenza per l’esercizio del servizio di taxi come «titolari di
impresa artigiana di trasporto» (art. 7) e prevede che la licenza
è rilasciata dalle amministrazioni comunali (art. 8) e che la
stessa, in presenza di determinate condizioni, può essere
trasferita, su richiesta del titolare, a persona dallo stesso
designata, iscritta nel ruolo di cui all’art. 6 e in possesso dei
requisiti prescritti (art. 9). In primo luogo, pertanto, il
trasferimento della licenza è effettuato dall’autorità comunale,
munita del potere di rilascio, su domanda del titolare e alla
persona da lui indicata, previa verifica dei presupposti di
legge; in secondo luogo, trattandosi, come detto, di attività
d’impresa, alla “cessione” della licenza, effettuata con le
indicate modalità, è applicabile la disciplina dettata dall’art.
86 del d.P.R. n. 917 del 1986 (nel nuovo testo, vigente
temporis,

ratione

già art. 54), secondo il quale concorrono alla

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dell’abbattimento del valore di cessione disposto in primo grado,

formazione del reddito d’impresa le plusvalenze realizzate
mediante cessione a titolo oneroso dei beni relativi all’impresa,
costituendo la licenza un bene immateriale strumentale
all’esercizio di tale attività.
Ne consegue che, qualora il reddito che si contesta non sia
stato indicato in dichiarazione, si rende applicabile il disposto
dell’art. 39, comma 2, lett. a), del d.P.R. n. 600 del 1973, che,
in tale ipotesi, abilita l’Ufficio ad utilizzare, ai fini

sua conoscenza, con facoltà di avvalersi anche di presunzioni
prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza (cfr.
Cass. n. 21762 del 2017, in motivazione); analoga abilitazione è
contenuta nella successiva lettera d bis), introdotta nel secondo
comma del detto art. 39 dall’art. 25 della legge n. 28 del 1999,
per l’ipotesi, in cui il contribuente non abbia dato seguito agli
inviti disposti dagli uffici ai sensi dell’art. 32, primo coma,
n. 3 e 4, come nel caso in esame, riconducibile, appunto al
numero 4.
Questa Corte ha infatti chiarito come “la licenza per
l’esercizio del servizio di taxi costituisce un bene primario
nell’ambito dei beni organizzati per l’esercizio dell’attività
individuale di trasporto di persone ed il suo trasferimento,
previsto dall’art. 9 della 1. n. 21 del 1992, che consente al
titolare di ottenere la cd. volturazione da parte del comune, a
determinate condizioni ed a favore di un terzo avente i requisiti
di legge, realizza, se, come si presume, avviene a titolo
oneroso, una plusvalenza che concorre alla formazione del reddito
giusta l’art. 86, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986, risultando
irrilevante, ai fini tributari, la nullità della cessione per
contrasto con norme imperative” (Cass. n. 17476 del 2017),
vigendo in ambito tributario il principio della tassabilità dei
proventi illeciti “derivanti da fatti, atti o attività
qualificabili come illecito civile, penale o amministrativo”, a
norma dell’art.14, comma 4, della legge 24 dicembre 1993, n.537
(id., in motivazione).
Il terzo motivo è infondato, perché, con riguardo alla
determinazione del quantum del “prezzo” del trasferimento, il
giudice d’appello dà conto delle ragioni che ne costituiscono il

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dell’accertamento, dati e notizie comunque raccolti o venuti a

fondamento, tra le quali è la dichiarazione del cessionario
Giardino, il quale “riferisce ed ammette di aver corrisposto la
soma complessiva di euro 110.000,00”.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano
come in dispositivo.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
giudizio, che liquida in euro 3.800 per compensi di avvocato,
oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma il 1 0 marzo 2017
Il consigliere estensore

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del

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