Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4892 del 01/03/2018


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Civile Sent. Sez. L Num. 4892 Anno 2018
Presidente: BALESTRIERI FEDERICO
Relatore: SPENA FRANCESCA

SENTENZA

sul ricorso 3917-2016 proposto da:
ALI

SHAIN

ALI

TAWHAIDA

AHMED,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA BOEZI0,19, presso lo studio
dell’avvocato GILBERTO CERUTTI, che la rappresenta e
difende, giusta delega in atti;
– ricorrente 2017
4413

contro

SIRIO S.R.L., LO SCOPETTARO SCARL;
– intimati –

avverso la sentenza n. 10437/2014 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 14/08/2015 R.G.N.

Data pubblicazione: 01/03/2018

10138/11;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/11/2017 dal Consigliere Dott. FRANCESCA
SPENA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato MOZZETTI ROBERTO per delega verbale
Avvocato GILBERTO CERUTTI;

Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il

PROC. nr . 3917/2016 RG

FATTI DI CAUSA
Con ricorso al Tribunale di Roma ALI SHAIN ALI TAWHAIDA AHMED ,
premesso di essere stata dipendente della società SIRIO srl e
successivamente e senza soluzione di continuità della cooperativa LO
SCOPETTARO scarl, agiva nei confronti dei datori di lavoro, per quanto in
questa sede rileva, per impugnare il licenziamento intimatole in data 22

Il giudice del Lavoro, con sentenza del 21.9.2011 ( nr. 14255/2011),
respingeva la domanda.
La Corte d’Appello di Roma, con sentenza del 12.12.2014-14.8.2015
(nr. 104537/2014) , rigettava l’appello della lavoratrice.
La Corte territoriale osservava che nel regime dell’articolo 2 L.
604/1966 applicabile ratione temporis

la comunicazione del licenziamento

doveva essere specificamene motivata soltanto a fronte di una richiesta del
lavoratore: nella fattispecie di causa, in carenza di tale richiesta, la
lavoratrice non poteva impugnare il licenziamento per genericità della
motivazione.
L’appellante non negava la situazione di crisi posta a fondamento del
licenziamento ma affermava essere necessaria la prova della definitività ed
irreversibilità della stessa crisi aziendale.
Sotto questo profilo la impugnazione era infondata.
Quanto alla scelta del dipendente da licenziare, il lavoratore aveva un
onere di allegazione, almeno embrionale, delle circostanze concrete che
comparativamente avrebbe dovuto escluderlo dal novero dei soggetti da
licenziare, onere che non era stato assolto, in quanto la lavoratrice aveva
dedotto genericamente il mancato rispetto dei principi di correttezza e
buona fede .

Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza la lavoratrice,
articolato in tre motivi ed illustrato con memoria ; la società SIRIO srl e la
cooperativa LO SCOPETTARO scarl sono rimaste intimate .

RAGIONI DELLA DECISIONE

1

gennaio 2009 per riduzione del personale.

PROC. nr . 3917/2016 RG

1. Con il primo motivo la parte ricorrente ha dedotto violazione e/o falsa
applicazione del principio sull’obbligo di specificità dei motivi di
licenziamento.
Ha riprodotto la comunicazione del licenziamento, lamentando la
genericità della motivazione della soppressione del posto di lavoro
(«momentanea difficoltà economica che ha colpito la nr. Società ed il ns.

contestualmente al licenziamento, non era suo onere farne richiesta nel
termine di cui all’articolo 2 L. 604/1966, contrariamente a quanto affermato
dalla sentenza impugnata; la Corte territoriale avrebbe dunque dovuto
accogliere il motivo d’appello con il quale veniva dedotta la genericità della
motivazione.

Il motivo è infondato.
Correttamente la sentenza impugnata ha affermato che la lavoratrice,
non avendo richiesto di conoscere i motivi del licenziamento nel termine
previsto dall’articolo 2 L. 604/1966, come vigente ratione temporis (nel
testo anteriore alle modifiche di cui all’art. 1, comma 37 legge 28 giugno
2012, n. 92) non poteva dolersi della genericità delle ragioni esposte nella
comunicazione del recesso, comunicazione che ben avrebbe potuto non
contenere affatto la indicazione dei motivi.
La giurisprudenza di questa Corte secondo cui la motivazione del
licenziamento deve essere sufficientemente specifica e completa

(ex aliis:

Cassazione civile, sez. lav., 26/06/2017, n. 15877) è conferente al
diverso caso in cui, nel regime dell’articolo 2 legge 604/ 1966 vigente
anteriormente al 18 luglio 2012, il lavoratore licenziato chieda al datore di
lavoro la comunicazione dei motivi del recesso; la genericità dei motivi
comunicati contestualmente al licenziamento nel predetto regime resta
irrilevante, giacchè tale ipotesi è sovrapponibile, sotto il profilo della
validità formale dell’atto, alla fattispecie del licenziamento non motivato.

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settore»). Ha dedotto che essendo stata comunicata la motivazione

PROC. nr . 3917/2016 RG

2. Con il secondo motivo la ricorrente ha dedotto violazione e falsa
applicazione dell’indirizzo giurisprudenziale in materia di prova del
giustificato motivo oggettivo.
Ha censurato la sentenza per avere affermato che la domanda non era
fondata sulla negazione della crisi aziendale ma sulla sola affermazione che
fosse necessaria anche la sua definitività ed irreversibilità.

assolvimento del datore di lavoro all’onere di provare il giustificato motivo
oggettivo, che nella specie doveva identificarsi nella esistenza di perdite non
recuperabili nel medio termine e nella comparazione con posizioni
lavorative di maggior peso per anzianità di servizio e carico familiare .

Il motivo è inammissibile.
Nella parte in cui assume il mancato esame del motivo di appello la
denunzia investe un vizio di omessa pronunzia ex art. 112 cod.proc.civ.
ovvero di erronea interpretazione da parte del giudicante della domanda di
appello e non già di violazione di principi di diritto; sostiene, infatti, parte
ricorrente che la motivazione della sentenza impugnata «è frutto
dell’omessa disamina del motivo di appello dedotto a pag. 4 del ricorso ex
articolo 433 cpc.» .
Nei predetti termini il motivo è inammissibile poiché non reca univoco
riferimento alla nullità della decisione (cfr. Cass. civ. S. Un. 24/07/2013, n.
17931 ) ovvero ad un fatto non esaminato in sentenza, controverso e di
rilievo decisivo, che determinerebbe un vizio di motivazione.
Nella parte in cui sostiene il mancato assolvimento dell’onere della
prova a carico del datore di lavoro la censura non indica né la statuizione
della sentenza impugnata né le ragioni della impugnazione, in violazione
dell’articolo 366 nr. 4 cod. proc. civ. Piuttosto essa sollecita questa Corte a
compiere un non consentito riesame della statuizione di merito.
Essa è inoltre inconferente alla ratio decidendi: il giudice dell’appello ha
ritenuto non essere contestata con l’atto di impugnazione la esistenza di
una situazione economica aziendale sfavorevole e non contingente ed ha
ritenuto che detta situazione, definitivamente accertata, integrava il

3

Ha dedotto l’omesso esame del motivo di appello e sostenuto il mancato

PROC. nr . 3917/2016 RG

giustificato motivo oggettivo, essendo pacifica la effettività della
soppressione del posto di lavoro. In tale affermazione non si ravvisa alcuna
violazione di norme di diritto.
Quanto alla esistenza di altre posizioni fungibili da porre in
comparazione con la lavoratrice ai fini della scelta dal dipendente da
licenziare, il giudice dell’appello ha affermato esservi un onere del

avrebbe dovuto essere escluso dal novero dei soggetti da licenziare; tale
statuizione non è stata specificamente censurata in questa sede.

3. Con il terzo motivo la ricorrente ha denunziato violazione e/o falsa
applicazione dell’indirizzo giurisprudenziale circa l’obbligo del repechage nei
casi di riassetto organizzativo con soppressione del posto di lavoro.
Ha dedotto che era a carico del datore di lavoro la prova della
impossibilità di adibire il lavoratore ad altre mansioni, equivalenti ed
eventualmente inferiori ed ha censurato la sentenza per avere affermato la
legittimità del licenziamento senza farsi carico di tale verifica.

Il motivo è inammissibile.
Nel giudizio di cassazione, che ha per oggetto solo la revisione della
sentenza in rapporto alla regolarità formale del processo ed alle questioni di
diritto proposte, non sono proponibili nuove questioni di diritto o temi di
contestazione diversi da quelli dedotti nel giudizio di merito, a meno che si
tratti di questioni rilevabili di ufficio e non richiedenti accertamenti di fatto
o, nell’ambito delle questioni trattate, di nuovi profili di diritto compresi nel
dibattito e fondati sugli stessi elementi di fatto dedotti ( ex plurimis: Cass.
nr 25043 dell’ 11/12/2015; n. 23675 del 18/10/2013; n. 4787 del
26/03/2012, n. 3664 del 21/02/2006) .
La questione della possibilità di collocare utilmente il lavoratore in altre
posizioni lavorative disponibili non è stata trattata dalla sentenza
impugnata; era pertanto onere della parte ricorrente, al fine di evitare una
statuizione di inammissibilità per novità della censura, di allegare l’avvenuta
deduzione del tema di indagine innanzi al giudice del merito nonché di

4

lavoratore di allegare le concrete circostanze di fatto in ragione delle quali

PROC. nr . 3917/2016 RG

indicare, in ossequio al principio di specificità del ricorso stesso, l’ atto del
giudizio nel quale la questione era stata introdotta.
Tale onere non è stato assolto.

Il ricorso deve essere conclusivamente respinto.
Nulla per le spese, per la mancata costituzione degli intimati.

sussistono le condizioni per dare atto- ai sensi dell’art.1 co 17 L. 228/2012
( che ha aggiunto il comma 1 quater all’art. 13 DPR 115/2002) – della
sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la
impugnazione integralmente rigettata .

PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Nulla per le spese.
Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater del DPR 115 del 2002 dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per
il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma in data 14 novembre 2017

Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013

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