Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2343 del 31/01/2018
Civile Ord. Sez. 3 Num. 2343 Anno 2018
Presidente: DI AMATO SERGIO
Relatore: SESTINI DANILO
CC
ORDINANZA
sul ricorso 8490-2015 proposto da:
MOTOLESE ELIGIO,
SOCIEVOLE ELENA,
MOTOLESE CARMELA,
elettivamente
MOTOLESE ELISABETTA,
MOTOLESE ANTONIO,
domiciliati
in
ROMA,
MOTOLESE MAURIZIO,
VIA
A.
AUBRY
presso lo studio dell’avvocato
CLAUDIO TURCI,
rappresenta
procura
e
difende
giusta
in
che
calce
l,
li
al
ricorso;
– ricorrenti contro
2017
2216
COMUNE AMANTEA , in persona del Sindaco pro tempore,
elettivamente
in
domiciliato
ROMA,
V.FEDERICO
CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato ANDREA
REGGIO D’ACI, che lo rappresenta e difende giusta
1
Data pubblicazione: 31/01/2018
procura a margine del controricorso;
– controricorrente
–
avverso la sentenza n. 1411/2014 della CORTE D’APPELLO
di CATANZARO, depositata il 09/10/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 16/11/2017 dal Consigliere Dott. DANILO
S7STINI;
2
Rilevato che:
Gaetano Motolose convenne in giudizio il Comune di Amantea
per essere risarcito dei danni che assumeva di avere subito
inciampando in una buca, non segnalata, presente sul manto stradale
di una piazza cittadina;
il Tribunale di Paola accolse la domanda, condannando il Comune
pronunciando sul gravame proposto dall’Amministrazione, la
Corte di Appello ha riformato la sentenza, rigettando la domanda per
non essere «stato dimostrato in modo certo che la caduta sia
ontologicamente da ascrivere alle condizioni della strada»;
hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi,
Elena Socievole e Elisabetta, Eligio, Antonio, Carmela e Maurizio
Motolose, quali eredi di Gaetano Motolose; ha resistito il Comune con
controricorso.
Considerato che:
pi-levat-e–Ghe la dinamica del fatto era stata illustrata, nell’atto
introduttivo, «in modo estremamente sommario senza il corredo di un
minimo [di] descrizione, e di eventuale documentazione fotografica,
che consenta di apprezzare le caratteristiche dell’avvallamento», la
Corte ha dato atto che dalle deposizioni dei testi si ricavava che
entrambi «videro il Motolose in terra e lo soccorsero, notando la
presenza di una buca nelle vicinanze (buca di cui nessuno dei due ha
peraltro descritto posizione e caratteristiche)»; ciò premesso, ha
affermato che «nessuna prova vi è, invece, sul fatto che la caduta si
sia verificata esattamente sulla buca e a causa di essa», atteso che
gli elementi emersi avevano «una certa valenza indiziaria, ma non
sufficientemente grave, precisa e concordante da assurgere a prova»;
col primo motivo, articolato nelle lettere A) e B), i ricorrenti
deducono «illegittimità e/o infondatezza della sentenza impugnata
per violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto nonché per
erronea e contraddittoria valutazione delle risultanze istruttorie (art.
3
al pagamento di oltre 50.000,00 euro;
360, comma 1, n. 3 c.p.c. – art. 2051 c.c.»: censurano la Corte
perché, scrutinando la vicenda ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., non ha
considerato che all’attore bastava dimostrare il verificarsi dell’evento
dannoso e il rapporto di causalità fra lo stesso e il bene in custodia
dell’Ente e, per altro verso, che una corretta lettura delle risultanze
istruttorie (segnatamente delle due deposizioni testimoniali) forniva la
non segnalata e la caduta del Motolese;
il motivo è infondato nella parte in cui prospetta la violazione
dell’art. 2051 cod. civ., giacché la Corte ha correttamente applicato la
disciplina della responsabilità del custode, ponendo a carico del
danneggiato la prova del nesso di causa fra il danno e la situazione di
pericolo insita nella cosa in custodia (prova che, se fornita, avrebbe
onerato il custode della dimostrazione del caso fortuito); il motivo è,
invece, inammissibile nella parte in cui contesta la valutazione delle
prove e ne propone una diversa lettura (funzionale all’affermazione
dell’avvenuta dimostrazione del nesso di causa), in tal modo
sollecitando un non consentito apprezzamento di merito in sede di
legittimità;
il secondo motivo denuncia l’«illegittimità della sentenza
impugnata ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 del Cod. Proc. Civ.
per omessa pronuncia e violazione del principio di corrispondenza tra
chiesto e pronunciato in violazione dell’art. 2043 c.c., nonché dell’art.
112 del Cod. Proc. Civ:»: i ricorrenti assumono che la Corte ha
«omesso di pronunciarsi su uno specifico motivo di appello», non
avendo preso in esame la domanda dell’attore circa l’eventuale
responsabilità del Comune ex art. 2043 cod. civ., proposta in primo
grado e ribadita nella comparsa di costituzione e risposta depositata
nel giudizio di appello;
premesso che non è configurabile l’omesso esame di un motivo
di appello (non essendo stato proposto alcun gravame da parte degli
eredi Motolese), bensì il mancato esame della domanda risarcitoria
4
prova della sussistenza del nesso di causa fra la presenza della buca
sotto il profilo dell’art. 2043 cod. civ. (secondo la prospettazione
reiterata con la comparsa di costituzione in appello), il motivo risulta
privo di interesse giacché il difetto di prova sul nesso di causa
affermato dalla Corte di Appello comporta egualmente l’esclusione
della responsabilità sia ex art. 2051 cod. civ. che ex art. 2043 cod.
civ. (sussistendo in punto di nesso causale un’identità di regime
le spese di lite seguono la soccombenza e vanno distratte in
favore del difensore del Comune, come da richiesta formulata con la
memoria ex art. 378 cod. proc. civ.;
trattandosi di ricorso proposto successivamente al 30.1.2013,
sussistono le condizioni per l’applicazione dell’art. 13, comma 1
quater del D.P.R. n. 115/2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al
pagamento delle spese di lite, liquidate in euro 2.800,00 per compensi,
oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli
esborsi (liquidati in euro 200,00) e agli accessori di legge, con
distrazione delle stesse in favore del difensore del Comune di Amantea.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà
atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei
ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso
articolo 13.
Roma, 16.11.2017
Il Presidente
4
–
Y2
probatorio);