Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5801 del 07/12/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 5801 Anno 2013
Presidente: GRASSI ALDO
Relatore: FUMO MAURIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI MAIO CARLO N. IL 24/10/1963
avverso l’ordinanza n. 2457/2012 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
10/04/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MAURIZIO FUMO;

Uditi difen r Avv.;

Data Udienza: 07/12/2012

udito il PG in persona del sost.proc. gen. d.ssa E,. Cesqui, che ha chiesto dichiararsi
inammissibile il ricorso.

1. Nel procedimento a carico di Di Maio Carlo, il TdR di Napoli, con il provvedimento di
cui in epigrafe, ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere con riferimento al
delitto di cui al capo B) (art. 416 cp) e ha cgafermato la medesima ordinanza con riferimento
ai reati dei capi C), D),E) G). In particolare anlaio è contestato di aver raccolto, unitamente ai
suoi familiari i finanziamenti da privati, finanziamenti da destinare alla Di Maio Lines spa (fino
all’ottobre 2009) e quindi alla Di Maio Lines srl. Tali fondi poi, erano confluiti, solo in parte,
nelle casse della società di navigazione predetta, mentre, in altra parte, erano stati incamerati
dagli appartenenti alla famiglia Di Maio.
2. Ricorre per cassazione il difensore e deduce erronea interpretazione ed applicazione
della legge penale in riferimento agli articoli 11 e 130 del decreto legislativo 385 del 1993,
all’articolo 2414 cc, agli articoli 216 e 218 LF.
2.1. Sostiene il ricorrente che Di Maio Carlo ottenne sì, come gli altri suoi familiari,
prestiti da privati, ma li ottenne a titolo personale, come è uso in un centro cittadino di
antichissime tradizioni marinare, quale è Torre del Greco. Irrilevante è il particolare, cui
viceversa il TdR sembra conferire grande importanza, consistente nel fatto che le ricevute
rilasciate ai creditori erano state compilate su carta intestata della compagnia di navigazione.
Non basta certamente ciò a trasformare una mera ricognizione di debito, idonea, in quanto
tale, solo a obbligare il debitore al rimborso delle somme ricevute, in un titolo di credito, del
quale non ha le caratteristiche e le prerogative. Detto documento invero non incorpora il
credito e non ha possibilità di circolare autonomamente. L’unica maniera per trasferire il
credito è quello di ricorrere all’istituto della cessione. E’ dunque erroneo ritenere che le somme
ricevute dal Di Maio siano mai entrate a far parte del patrimonio della società di navigazione e,
quindi, siano state, per la parte non versata in cassa, oggetto di distrazione. Come premesso,
infatti, non si tratta certo di titoli obbligazionari, perché, oltre alla mancanza dei profili cartolari
del diritto e di quelli scritturali del documento, in essi manca anche qualsiasi indicazione sulla
misura dell’operazione complessiva in cui titoli obbligazionari si inseriscono. Si tratta di un
elemento essenziale, sia per verificare il rispetto del limite di emissione posto dall’articolo 2412
cc, sia per evitare l’insorgenza del problema delle obbligazioni soprannumerarie; senza
considerare, infine, l’assenza del riferimento alla delibera di emissione, che di quell’operazione
è il momento fondante.
3. Con altra censura, si deduce travisamento del fatto e contraddittorietà della
motivazione con riferimento all’addebito di bancarotta documentale fraudolenta. Invero, nel
corso dell’udienza innanzi al TdR, la difesa ha esibito copia dei verbali di perquisizione, dai
quali risulta che, sia pure in varie riprese e presso diverse sedi, fu reperita tutta la
documentazione contabile. Peraltro, nello stesso provvedimento impugnato, si legge che il Di
Maio ebbe a consegnare spontaneamente alcuni scatoloni contenenti ulteriore documentazione.
Non si comprende quindi per qual motivo si sia ritenuto che, a carico del ricorrente,
sussistessero gravi indizi con riferimento al delitto di cui al capo C), quasi che la pretesa
attività di occultamento della documentazione societaria e contabile fosse strumentale al
fallimento; viceversa il fallimento fu richiesto proprio dai Di Maio
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Va innanzitutto rilevato come nessuna censura abbia mosso il ricorrente con
riferimento al delitto di cui al capo G) (calunnia). Nessuna censura inoltre risulta formulata con
riferimento alla sussistenza delle esigenze cautelari.
2. Come correttamente si osserva nel ricorso, la sussistenza del reato di cui agli articoli
11 e 130 del decreto legislativo 385 del 1993 costituisce, nel caso in esame, premessa fattuale
e logica per la sussistenza del reato di bancarotta per distrazione.

RITENUTO IN FATTO

4. La seconda censura, viceversa, è fondata, in quanto il provvedimento impugnato non
chiarisce se la non immediata reperibilità di tutta la documentazione societaria e contabile sia
stata dovuta ad una condotta dolosamente orientata in tal senso da parte del Di Maio, il quale,
come lo stesso TdR ha evidenziato, ebbe comunque a consegnare, a quanto sembra
spontaneamente, parte della predetta documentazione.
5. Sul punto, dunque, s’impone l’annullamento con rinvio per nuovo esame. Nel resto il
ricorso deve essere rigettato.
6. La Cancelleria provvederà alle comunicazioni di cui all’art. 94 disp. att. cpp.
PQM
annulla l’ordinanza impugnata nel solo punto della ritenuta sussistenza di gravi indizi di
colpevolezza in ordine al reato di bancarotta fraudolenta documentale e rinvia al tribunale di
Napoli per nuovo esame su di esso; rigetta nel resto il ricorso e manda alla Cancelleria per le
comunicazioni di cui all’art. 94 disp. att. cpp.
Così deciso in Roma, camera di consiglio, il giorno 7 dei mese di dicembre dell’anno
2012.

3, Orbene, sostiene il ricorrente che, innanzitutto, non vi è ragione di ritenere che egli
abbia ottenuto i prestiti in favore della compagnia di navigazione, piuttosto che a titolo
personale. Secondo quanto si legge nel ricorso, il fatto che le ricevute fossero rilasciate su
carta intestata della Di Maio Lines è del tutto irrilevante. Diversamente ha opinato il TdR, che
ha, innanzitutto, messo in rilievo come, attraverso il meccanismo descritto, furono raccolti
circa 6 milioni di euro; in secondo luogo ha ricordato come tutti i finanziatori fossero in
possesso delle ricevute, che non solo erano compilate su carta intestata della compagnia, ma
risultavano firmate a nome della Di Maio Lines; gli stessi, d’altra parte, ritenevano di aver
finanziato la compagnia e non certo i signori Di Maio. Costoro, per parte loro, qualificavano le
persone presso le quali avevano raccolto liquidità come “obbligazionisti”, certo in senso
atecnico, ma, senza dubbio, sintomatico delle modalità e delle ragioni per cui erano stati
chiesti i prestiti. D’altra parte, un certo quantitativo del danaro così raccolto fu effettivamente
versato nelle casse della società (altra parte fu oggetto di appropriazione da parte dei Di Maio).
3.1. Il TdR mette in evidenza come in tal maniera la società risultava debitrice nei
confronti dei Di Maio (perché sui loro conti correnti erano transitate le cifre poi fatte
convergere nelle casse della società di navigazione) e non dei singoli finanziatori e ciò
costituisce, indubbiamente una grave irregolarità contabile, con evidenti riflessi patrimoniali.
3.2. Non è dubbio che le ricevute rilasciate ai finanziatori non possono essere
qualificate, in alcun modo, come titoli di credito, ma ciò non osta alla sussistenza del reato di
abusiva attività di raccolta del risparmio, atteso che, per l’articolo 11 del decreto legislativo
385 del 1993, per raccolta del risparmio si intende l’acquisizione di fondi con obbligo di
rimborso, sia in forma di depositi, sia sotto altra forma; laddove l’ipotesi in cui il reperimento di
liquidità presso terzi non costituisce raccolta del risparmio tra il pubblico è indicato nei commi
2 bis e 2 ter del ricordato articolo 11.
3.3. Non occorre dunque che il creditore veda rispecchiata la sua pretesa in un titolo di
credito tecnicamente inteso.

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