Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1378 del 19/01/2018


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Civile Sent. Sez. L Num. 1378 Anno 2018
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: PAGETTA ANTONELLA

SENTENZA
sul ricorso 27723-2015 proposto da:
CASA DI CURA VILLA AZZURRA S.R.L., in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE DELLA VITTORIA 9,
presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MARIA ALMA,
rappresentata e difesa dall’avvocato PLACIDO PETINO,
2017

giusta delega in atti;
– ricorrente –

3473
contro

DI PIETRO MARIA CONCETTA, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 20, presso lo

Data pubblicazione: 19/01/2018

studio dell’avvocato MARIO ANTONINI, rappresentata e
difesa dagli avvocati FRANCESCO ANDRONICO, MAURIZIO
PAPA, giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 519/2015 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/09/2017 dal Consigliere Dott.
ANTONELLA PAGETTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FRANCESCA CERONI che ha concluso per
improcedibilità, in subordine rigetto.

di CATANIA, depositata il 18/05/2015 R.G.N. 181/2013;

Fatti di causa
1. Con sentenza n. 519/2015 la Corte di appello di Catania ha confermato
la sentenza di primo grado che aveva accertato la illegittimità del
licenziamento disciplinare intimato a Maria Concetta Di Pietro dalla Casa di
Cura Villa Azzurra s.r.I., sulla base di contestazione con la quale si addebitava
alla lavoratrice la ingiustificata assenza dal servizio nei giorni 4, 5, 6 e 7

1.1. Il giudice di appello, per quel che ancora rileva, pacifico che il padre
della Di Pietro, nella notte del 30.1.2010, aveva accusato un infarto ed era
stato ricoverato in ospedale, ha ritenuto che la prova orale aveva confermato
sia la circostanza che la lavoratrice, il giorno 10 febbraio, aveva telefonato in
azienda per avvisare della necessità di assentarsi dal lavoro per assistere il
genitore e che la dipendente con la quale aveva parlato le aveva chiesto di
specificare se intendeva prendere giorni di permesso o di ferie, sia che la
domanda di fruizione delle ferie in relazione ai giorni 4, 5, 6 e 7 febbraio era
stata effettivamente presentata, circostanza quest’ultima contestata dalla
società datrice; dalla prova orale era, altresì, emerso che la domanda di ferie,
da presentarsi normalmente in via preventiva, in caso di urgenza poteva
essere presentata anche in un secondo momento, essendo sufficiente la
comunicazione alla società dell’assenza ed il relativo motivo, prescindendosi,
nell’immediato, dall’imputazione dei giorni di assenza a ferie o a permessi,
indicazione demandata alla successiva regolarizzazione della situazione. Il
giudice d’appello ha, quindi, osservato che: anche a voler ritenere che la
istanza di ferie non fosse stata presentata, la ricostruzione degli accadimenti
non consentiva di configurare nella condotta della Di Pietro un’assenza
arbitraria e ingiustificata, espressione di atteggiamento incurante e
disinteressato della dipendente ma, piuttosto, la violazione di regole imposte
dalla parte datoriale in ordine alla richiesta di ferie, in una situazione di
emergenza nella quale la lavoratrice aveva comunque avvisato la società
ricevendo rassicurazioni dall’amministrazione che se vi fossero stati problemi
sarebbe stata avvisata; la contestazione, formulata in prime cure dalla società,
relativa al fatto che il Ganci non era il padre naturale della Di Pietro, non

febbraio 2010.

reiterata nell’atto di gravame ma solo nelle note conclusive, risultava superata
dalla concessione del permesso obbligatorio previsto dalla legge n. 53/2000,
concessione che implicava il riconoscimento del rapporto parentale; non poteva
tenersi conto dei precedenti disciplinari, non contestati quale recidiva,
mancando la indicazione degli specifici fatti cui si riferivano le sanzioni
irrogate; la eccezione ex art. 1227 cod.civ. formulata dalla società, relativa

lavorativa, risultava inammissibile in quanto tardiva e comunque, anche a
volerla configurare quale eccezione in senso lato, la stessa andava respinta per
essersi la lavoratrice immediatamente attivata con ricorso cautelare; la
mancata iscrizione nelle liste del collocamento non aveva aggravato le
conseguenze del danno tenuto conto del breve tempo trascorso tra il
licenziamento e la reintegra e delle notorie difficoltà del mercato del lavoro
siciliano.
2. Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso la Casa di Cura Villa
Azzurra s.r.l. sulla base di quattro motivi.
2.1. La parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso.
2.2. Entrambe le parti hanno depositato memoria
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo si deduce violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. ,
dell’art. 115 cod. proc. civ. e dell’art. 2697, comma secondo, cod. civ.. Si
sostiene che la Di Pietro aveva l’onere, in conformità di quanto allegato, di
provare di avere presentato la domanda di ferie e che la Corte aveva
riconosciuto che tale domanda non era mai stata presentata ; al giudice di
appello, pertanto, non era dato di supplire al mancato assolvimento dell’onere
probatorio a carico della lavoratrice, peraltro andando oltre le difese di questa
che assumeva di avere presentato la istanza di ferie preventiva ( e cioè il
giorno 4 febbraio per i giorni successivi)
2. Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 115 e dell’art. 416
ult. comma cod. proc. civ., e dell’art. 2697 cod. civ. sia con riguardo alla

alla mancata attivazione della ricorrente nella ricerca di una nuova occupazione

presunta assistenza continuativa del Ganci da parte della Di Pietro, sia con
riguardo alla effettività o meno del dedotto rapporto parentale; si denunzia,
inoltre, omesso esame della circostanza decisiva, costituente dato di comune
esperienza e comunque suffragata dalla documentazione in atti, rappresentata
dal fatto che il ricovero in strutture pubbliche non consente alcuna continuità di
assistenza da parte dei congiunti dei ricoverati, posto che gli orari di visita dei

la inidoneità del certificato prodotto dalla Di Pietro ad attestare la continuità di
presenza della lavoratrice presso il genitore.
3. Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione
dell’art. 2697, 1 e 2° comma. cod. civ., dell’art. 2727 cod. civ., dell’art. 112
cod. proc. civ., dell’art. 115 in relazione all’art. 41 ccnI categoria AIOP del
19.1.2005, violazione dell’art. 2729 cod. civ., dell’art. 2119 in relazione agli
artt. 2104, 1175, 1176, 1375, 1453 cod. civ. . Si censura, in sintesi, la
decisione sul rilievo che la Di Pietro non avrebbe assolto all’onere su di essa
gravante di dimostrare il fatto impeditivo (rappresentato dalla richiesta scritta
e autorizzazione alla fruizione ferie) ragionevolmente idoneo ad escludere la
mancata giustificazione delle assenze, e che non era dimostrata l’assistenza al
genitore. Si assume la inidoneità del ragionamento presuntivo alla base del

decisum

in punto di avvenuta presentazione della domanda di ferie e si

assume che il ricorso ad esso non poteva supplire al mancato assolvimento da
parte della Di Pietro degli oneri probatori su questa gravanti. Si nega la
sussistenza di un atipico dovere di avvertimento a carico della parte datoriale,
come adombrato dalla Corte di merito e si afferma l’assoluta inattendibilità dei
testi escussi .
4. Con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione
degli artt. 1362 e 1363 cod. civ., violazione e mancata applicazione del ccnI
AIOP 19.1.2005 con riferimento all’art. 39 dello stesso ccnI e all’art. 39 Cost.
nonché dell’art. 30 L. n. 183 del 2010; violazione dell’art. 111, comma 2 Cost.
con riferimento agli artt. 1175, 1375 e 2104 cod. civ. in relazione agli artt.
2086, 2094 2555 . Si sostiene che il combinato disposto degli artt. 39 e 41 ccnI
imponeva di valutare in termini di mancanza gravissima la assenza arbitraria

congiunti sono limitati a qualche ora al giorno; in questa prospettiva si deduce

ed ingiustificata superiore a tre giorni della lavoratrice e che dalla previsione
collettiva non era dato evincere l’eventuale degradazione dell’assenza per tre
giorni consecutivi a mera irregolarità delle modalità giustificative della stessa.
5. Il primo motivo di ricorso risulta inammissibile quanto alla dedotta
violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. la quale, oltre a non essere sorretta

alla stregua della medesima prospettazione della parte ricorrente che non
specifica, quale sia l’alterazione, operata dal giudice di merito, degli elementi
obiettivi dell’azione – petitum e causa petendi

e quale il provvedimento

adottato diverso da quello richiesto (petitum immediato), oppure il bene della
vita attribuito o negato, diverso da quello conteso (petitum mediato) (sugli
elementi richiesti al fine della configurazione del vizio di ultrapetizione v., di
recente, Cass. 24/09/2015 n. 18868); parte ricorrente, sembra, piuttosto,
ricondurre il denunziato vizio di attività del giudice di merito all’assenza di
prova della circostanza dell’avvenuta presentazione della domanda di ferie da
parte della lavoratrice, e quindi al profilo della ricostruzione del fatto, profilo
non direttamente sindacabile dal giudice di legittimità (v., di recente, Cass.
04/04/2017 n. 8758).
5.1. Con riferimento alle ulteriori violazioni di norme di diritto denunziate è
da rilevare che l’articolazione delle censure non appare conforme alla
indicazione di questa Corte secondo la quale, in ipotesi di denunzia
riconducibile all’art. 360 comma primo n 3 cod. proc. civ. , si richiede la
puntuale indicazione delle norme assuntivamente violate e la dimostrazione,
mediante specifiche e intelligibili argomentazioni, del modo nel quale
determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano
ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie,
diversamente impedendosi alla Corte di Cassazione di verificare il fondamento
della lamentata violazione ( v. tra le altre, Cass. 29/11/2016 n. 24298; Cass.
08/03/2007 n. 5353). Parte ricorrente, invece, incentra le proprie critiche sul
governo delle risultanze istruttorie, così investendo un tipico accertamento di

dalla adeguata esposizione della vicenda processuale, appare inconfigurabile

fatto la cui verifica, secondo quanto già osservato, è sottratta al giudice di
legittimità.
6. Il secondo motivo di ricorso è anch’esso da respingere. Quanto alla
deduzione di violazione di norme di diritto, richiamati i principi sopra esposti
in tema di corretta deduzione del vizio di cui all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ.,si
rileva che anche in relazione a tale motivo le critiche alla decisione impugnata

ascritto alla sentenza impugnata, risultando le stesse, in estrema sintesi,
intese, piuttosto, a contestare il governo della prova nella ricostruzione degli
elementi fattuali alla base del decisum .
6.1. Con specifico riferimento alla violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. che
si ascrive al giudice di appello per non avere ritenuto incontestata la
circostanza che il Ganci non il padre rdella Di Pietro, se ne rileva la
inammissibilità per difetto di pertinenza con le ragioni del decisum sul punto,
non specificamente investite da doglianza; invero, parte ricorrente non ha in
alcun modo censurato il rilievo del giudice di secondo grado il quale ha
evidenziato che tale questione non era stata riproposta con l’atto di appello, e
quindi ritualmente, ma solo con le note conclusive del giudizio di secondo
grado, così mostrando implicitamente di ritenere precluso l’esame nel merito
della questione.
6.2. Infine, in ordine al vizio di motivazione, per il quale, ratione temporis,
risulta applicabile il disposto dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. nel testo
attualmente vigente risultante dalla modifica introdotta da dall’art. 54 del d.l.
22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, se ne rileva la
inammissibilità non avendo che parte ricorrente, in violazione del disposto
dell’art. 366 n. 6 cod. proc. civ., riprodotto il contenuto di tutti i documenti
destinati, in tesi, a dimostrare la circostanza il cui esame si assume omesso,
costituita dal limitato orario di visite presso la struttura ospedaliera dove era
ricoverato il genitore della Di Pietro . Tale circostanza appare, peraltro, priva
di decisività, in quanto il giudice di appello ha fatto riferimento ad una generica
esigenza di assistenza del genitore in ospedale, esigenza che non può ritenersi

non sono articolate in modo da dare contezza dell’errore di diritto in tesi

del tutto pregiudicata dal limitato orario di visita in vigore presso la struttura
ospedaliera in oggetto.
7. Il terzo motivo di ricorso è infondato in quanto, al di là della formale
enunciazione in rubrica della violazione di norme di diritto e di contratto
collettivo, lo stesso risulta inteso a sollecitare direttamente un diverso
apprezzamento delle risultanze probatorie e quindi un vizio di motivazione il

giudice di legittimità il potere di riesaminare autonomamente il merito della
intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio bensì soltanto quello di
controllare, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico formale, le argomentazioni svolte dal giudice di merito al quale spetta in via
esclusiva il compito di individuare le fonti del proprio convincimento,
controllarne l’attendibilità e concludenza nonché scegliere tra le complessive
risultanze del processo quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la
veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o
all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla
legge (Cass. 04/11/2013 n. 24679, Cass. 16/12/2011 n. 2197, Cass.
21/09/2006 n. 20455, Cass. 04/04/2006 n. 7846, Cass. 07/02/2004 n. 2357)
7.1. Parimenti da respingere è la censura con la quale si critica il
ragionamento presuntivo seguito dal giudice di merito in punto di ritenuta
presentazione della istanza di ferie e di effettività dell’assistenza prestata dalla
lavoratrice non avendo parte ricorrente offerto elementi idonei a far ritenere la
assoluta incongruità o contraddittorietà del percorso logico – argomentativo
seguito dal giudice di merito. Secondo il consolidato orientamento di questa
Corte spetta, infatti, al giudice di merito valutare l’opportunità di fare ricorso
alle presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo
processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con
apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge
al sindacato di legittimità, dovendosi tuttavia rilevare che la censura per vizio
di motivazione in ordine all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non
può limitarsi ad affermare un convincimento diverso da quello espresso dal

quale, secondo l’insegnamento costante di questa Corte, non conferisce al

giudice di merito, ma deve fare emergere l’assoluta illogicità e
contraddittorietà del ragionamento decisorio, restando peraltro escluso che la
sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa dare luogo al vizio di
omesso esame di un punto decisivo (v. tra le altre, Cass. 02/04/2009 n. 8023).
8. Il quarto motivo di ricorso è improcedibile ai sensi dell’art. 369 n 4 cod.

del contratto collettivo sul quale sono fondate le censure articolate; in atti,
secondo quanto si evince anche dtl’esposizione di cui al ricorso è depositato
solo un estratto del contratto collettivo relativo alle norme della cui
interpretazione ci si duole. In tal modo la società ricorrente si è sottratta
all’onere prescritto al fine della valida impugnazione della decisione, avendo
questa Corte ripetutamente chiarito che nel giudizio di cassazione, l’onere di
depositare i contratti e gli accordi collettivi – imposto, a pena di improcedibilità
del ricorso, dall’art. 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., nella
formulazione di cui al d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 – può dirsi soddisfatto solo
con la produzione del testo integrale del contratto collettivo, adempimento
rispondente alla funzione nomofilattica della Corte di cassazione e necessario
per l’applicazione del canone ermeneutico previsto dall’art. 1363 cod. civ. ; né,
a tal fine, può considerarsi sufficiente il mero richiamo, in calce al ricorso,
all’intero fascicolo di parte del giudizio di merito, ove manchi una puntuale
indicazione del documento nell’elenco degli atti ( Cass. 04/03/2015 n. 4350)
9. Le spese del giudizio sono regolate secondo soccombenza.
La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30
gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 quater,
d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17,
legge 24 dicembre 2012, n. 228 ( Cass. Sez. 17/10/2014. n. 22035/2014).
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle
spese di lite che liquida in C 4.500,00 per compensi professionali, C 200,00 per
esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 1 5 % e accessori di legge.

proc. civ.. Parte ricorrente, infatti, ha omesso di depositare il testo integrale

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza
dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente is›~. dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello
stesso articolo 13 .

Roma, 14 settembre 2017

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