Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31223 del 29/12/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 31223 Anno 2017
Presidente: SCHIRO’ STEFANO
Relatore: LUCIOTTI LUCIO

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15706-2016 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 06363391001, in persona del
Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, presso la quale è domiciliata in Roma,
alla via dei Portoghesi n. 12

– ricorrente contro
GIUNTA TERESA, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO
PANNUZZO ed elettivamente domiciliata presso lo studio legale
dell’avvocato STEFANO CASU, in ROMA, via Flaminia, n. 405;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 29/12/2017

avverso la sentenza n. 4556/34/2015 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE della SICILIA, SEZIONE STACCATA di
CATANIA, depositata il 29/10/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata dell’8/11/2017 dal Consigliere Dott. Lucio LUCIOTTI.

1. Con la sentenza impugnata la CTR sicula rigettava l’appello
proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della CTP di
Catania che aveva accolto il ricorso proposto dalla contribuente avverso il
diniego tacito opposto dall’amministrazione finanziaria al rimborso della
quota pari al 90% delle imposte IRPEF versate per gli anni 1990, 1991 e
1992, richiesto dalla contribuente, residente in una delle province colpite
degli eventi sismici del dicembre 1990, ai sensi della legge n. 289 del 2002,
art. 9, comma 17.
1.1. Rilevava il giudice di appello, sulla scorta dello jus superveniens
(costituito dalla legge n. 190 del 2014, art. 1, comma 665) e
dell’orientamento espresso da questa Corte nella ordinanza n. 10242 del
2013, in tema di decorrenza del teimine per presentare la relativa istanza,
la sussistenza sub ipecie dei presupposti per il rimborso al contribuente delle
maggiori imposte versate.
2. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre con due motivi
l’Agenzia delle entrate e la contribuente replica con controricorso.
3. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi dell’art. 380 bis cod.
proc. civ. (come modificato dal d.l. 31 agosto 2016, n. 168, convertito con
modificazioni dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197) risulta regolarmente
costituito il contraddittorio, a seguito del quale l’Agenzia ricorrente ha
depositato memorie con richiesta di rimessione della causa alla pubblica
udienza della Quinta Sezione civile cui demandare la verifica di
applicabilità al caso di specie (e ad altri numerosi ricorsi pendenti su
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RILEVATO che

analoga questione) dello ius superveniens rappresentato dall’art. 16-octies,
comma 1, della legge n. 123 del 2017, di conversione con modifiche del
d.l. n. 91 del 2017.
4. Il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con
motivazione semplificata.

1. Con il primo motivo di ricorso la difesa erariale censura la
sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione della legge n. 289
del 2002, art. 9, comma 17, e della legge n. 190 del 2014, art. 1, comma
665, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere
la CTR errato nel ritenere spettante alla contribuente il rimborso delle
ritenute operate dal datore di lavoro della medesima, in quanto dalla ratio
dell’intervento legislativo, siccome evidenziato dalle risoluzioni
dell’amministrazione finanziaria n. 23/E del 2005 e n. 247/E del 2008, il
predetto rimborso spettava in via esclusiva al sostituto d’imposta che
aveva assolto gli obblighi tributari.
2. Il motivo è palesemente infondato alla stregua dell’ormai
consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità (che muove da
Cass. Sez. U., n. 15031 e n. 15032 del 2009) secondo cui «in tema di
rimborso delle imposte sui redditi, ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 602 del
1973, sono legittimati a richiedere all’Amministrazione finanziaria il
rimborso della somma non dovuta e ad impugnare l’eventuale rifiuto
dinanzi al giudice tributario sia il soggetto che ha effettuato il versamento
(cd. “sostituto d’imposta”), sia il percipiente delle somme assoggettate a
ritenuta (c.d. “sostituito”)» (Cass. 16105/2015; cfr. Cass. n. 14911/2007, n.
5653/2014, n. 23142/2017), «rimanendo quest’ultimo, comunque, il
contribuente/debitore principale e come tale beneficiario diretto del
provvedimento agevolativo di che trattasi» (Cass. n. 17472 e n. 17473 del

3

CONSIDERATO che:

2017), al riguardo dovendosi escludere il diverso, ma non vincolante,
parere contenuto nelle circolari dell’Amministrazione.
2.1. Va, quindi, ribadito il principio che il lavoratore, che si identifica
con il contribuente, vanta e può esercitare il diritto al rimborso per le
somme indebitamente ritenute alla fonte e versate dal datore di lavoro,

circostanza che la somma, oggetto di richiesta di rimborso, sia stata
versata tramite ritenute operate dal sostituto d’imposta.
2.2. Principio che ha recentemente trovato l’avallo del Legislatore
che con l’art. 16-octies, comma 1, lett. b), della legge n. 123 del 2017, di
conversione con modifiche del d.l. n. 91 del 2017, ha modificato l’art. 1,
comma 665, della legge n. 190 del 2014 specificando espressamente che
tra «i soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le
province di Catania, Ragusa e Siracusa, [..], che hanno versato imposte per il
triennio 1990-1992 per un importo superiore al 10 per cento previsto dall’articolo 9,
comma 17, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modifìcnioni» e che
«hanno diritto, con esclusione di quelli che svolgono attività d’impresa, […] al rimborso
di quanto indebitamente versato», sono «compresi i titolari di redditi di lavoro
dipendente, nonché i titolari di redditi equiparati e assimilati a quelli di lavoro
dipendente in relaione alle ritenute subite». E nel senso dell’effettiva spettanza
del rimborso ai lavoratori dipendenti si è espressa anche l’Agenzia delle
entrate nel provvedimento direttoriale prot. n. 195405/2017 del
26/09/2017, emesso ai sensi del terzo periodo del novellato comma 665
dell’art. 1 legge 190/2014, che prevede che «Con provvedimento del
direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanare entro il 30 settembre
2017, sono stabilite le modalità e le procedure finalizzate ad assicurare il
rispetto dei limiti di spesa stabiliti dal presente comma».
2.3. Al riguardo va rilevato che, invariata la previsione del limite di
spesa fissato nella misura «pari a 30 milioni di curo per ciascuno degli anni
4

restando del tutto indifferente ai fini della spettanza del beneficio la

2015-2017» , la novella introdotta dalla legge n. 123 del 2017, art. 16-octies,
comma 1, si è limitata a precisare che il rimborso di quanto indebitamente
versato spetta ai soggetti specificamente individuati «nei limiti della spesa
autorizzata dal presente comma» (primo periodo del comma 665
modificato dalla lettera a) del citato art. 16-ocities, comma 1), ovvero nei

stabilendo che «in relazione alle istanze di rimborso presentate, qualora
l’ammontare delle stesse ecceda le complessive risorse stanziate dal
presente comma, i rimborsi sono effettuati applicando la riduzione
percentuale del 50 per cento sulle somme dovute» e che «a seguito
dell’esaurimento delle risorse stanziate dal presente comma non si procede
all’effettuazione di ulteriori rimborsi» (quinto periodo del comma 665
come introdotto dalla lettera b) del citato art. 16-ocities, comma 1),
demandando al direttore dell’Agenzia delle entrate l’emanazione di un
provvedimento (quello indicato al precedente punto 2.2) che stabilisca «le
modalità e le procedure finalizzate ad assicurare il rispetto dei limiti di
spesa stabiliti dal presente comma», in precedenza riservando il citato
comma 665 al Ministro dell’economia e delle finanze l’emanazione di un
«decreto» con cui stabilire «i criteri di assegnazione dei predetti fondi».
2.4. Orbene, ritiene il Collegio che il delineato _i/1s supervelliens, attuato
con il sopra citato provvedimento direttoriale, per nulla incide sulla
questione, della quale è investita la corte con il ricorso in esame, del diritto
al rimborso spettante ai soggetti colpiti dal sisma del 1990, qual è il
controricorrente, operando i limiti delle risorse stanziate e venendo in
rilievo eventuali questioni sui consequenziali provvedimenti liquidatori
emessi dall’Agenzia delle entrate soltanto in fase esecutiva e/o di
ottemperanza. Inoltre, costituisce jus receptum l’affermazione che, in
mancanza di disposizioni transitorie, non incida sui giudizi in corso
l’introduzione, con legge sopravvenuta, di un diverso procedimento
5

limiti dei suddetti 90 milioni di curo complessivi per il triennio 2015-2017,

amministrativo di rimborso (es. tra le tante Cassazione civile, sez. trib.,
24/04/2015, n. 8373, in tema di IVA). Il che rende complessivamente
tuttora operanti e pienamente attuali i principi di diritto già
consolidatamente enunciati in materia da questa Corte e, dunque,
“decidibile” l’odierno ricorso con rito camerale a mente degli artt. 375 e

udienza, pur sollecitata dalla difesa erariale.
3. Il secondo motivo, con cui la ricorrente, deducendo la violazione e
falsa applicazione degli artt. 112 e 132 cod. proc. civ., nonché 36, comma
2, lett. d), d.lgs. n. 546 del 1992, lamenta l’omessa pronuncia della CTR sul
motivo di appello dedotto con riferimento alla medesima questione posta
con il primo motivo (ovvero la spettanza del rimborso IRPEF al sostituto
d’imposta piuttosto che al sostituito), va rigettato in applicazione
dell’insegnamento giurisprudenziale secondo il quale «alla luce dei principi
di economia processuale e di ragionevole durata del processo come
costituzionalizzato nell’art. 111, comma 2, Cost., nonché di una lettura
costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c. ispirata a tali
principi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di gravame,
la Suprema Corte può omettere la cassazione con rinvio della sentenza
impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di
diritto posta con quel motivo risulti infondata», come si è detto
esaminando il primo motivo di ricorso, «di modo che la statuizione da
rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello
(determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito),
sempre che si tratti di questione che [come nel caso di specie] non richiede
ulteriori accertamenti di fatto» (Cass. n. 16171 del 2017; n. 2313 del 2010).
4. Conclusivamente, quindi, i motivi di ricorso vanno rigettati con
compensazione delle spese processuali per l’incidenza sulla decisione di
orientamenti giurisprudenziali sopravvenuti al ricorso.
6

380-bis cod. proc. civ., senza la necessità della celebrazione della pubblica

5. Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla
prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione
pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art.
13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

P.Q.M.

Così deciso in Roma, 1’8/11 /2017

rigetta i motivi di ricorso e compensa le spese proces uali.

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