Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30087 del 14/12/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 30087 Anno 2017
Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE
Relatore: DI PAOLANTONIO ANNALISA

ORDINANZA

sul ricorso 28299-2012 proposto da:
REGIONE CALABRIA 02205340793, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 61, presso lo studio
dell’avvocato GIUSEPPE MARIA TOSCANO, rappresentata e
difesa dall’avvocato FERDINANDO MAllACUVA, giusta
delega in atti;
– ricorrente 2017
3760

contro

LA PORTA TOMMASO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA ANTONIO MORDINI 14, presso lo studio
dell’avvocato ANTONINO SPINOSO, che lo rappresenta e
difende giusta delega in atti;

Data pubblicazione: 14/12/2017

- controricorrente

avverso la sentenza n. 970/2012 della CORTE D’APPELLO
di CATANZARO, depositata il 10/07/2012 R.G.N.

/

775/2010.

R.G. 28299/2012

RILEVATO CHE
1. con sentenza in data 10 luglio 2012 la Corte di Appello di Catanzaro, in
riforma della sentenza del locale Tribunale che aveva rigettato il ricorso, ha
accolto la domanda proposta da Tommaso Laporta nei confronti della Regione
Calabria ed ha condannato l’ente appellato al pagamento della somma di C
131.586,21 dovuta a titolo di incentivo di progettazione ex art. 18 della legge n.

2. la Corte territoriale ha rilevato che aveva errato il Tribunale nel ritenere non
realizzata la condizione richiesta dall’art. 9 della delibera di Giunta Regionale n.
379 del 2004, perché i decreti di liquidazione formati dal dirigente del
dipartimento lavori pubblici attestavano l’avvenuto svolgimento delle attività, non
contestato dalla Regione, rimasta contumace in entrambi i gradi del giudizio;
3.

avverso tale sentenza la Regione Calabria ha proposto ricorso affidato ad un

unico motivo, al quale ha opposto difese Tommaso Laporta.

CONSIDERATO CHE

1. il ricorso denuncia con un unico motivo « erroneità della sentenza impugnata
per violazione o falsa applicazione di norme di diritto – per omessa insufficiente e
contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ.»
perché la Corte territoriale non avrebbe considerato il disposto dell’art. 7, comma
4, d.p.r. n. 554 del 1999, con il quale è stato previsto che il responsabile del
procedimento non può assumere anche le funzioni di progettista e di direttore dei
lavori in caso di interventi di importo superiore a C 500.000;

1.1. sostiene, inoltre, la ricorrente che il giudice di appello avrebbe errato nel
richiamare il regolamento adottato con la delibera di Giunta n. 379 del 15.6.2004
perché la stessa aveva fatto salvi gli effetti degli atti già adottati in forza della
delibera n. 35 del 28.1.2000, alla luce della quale doveva essere esaminata la
fondatezza della domanda proposta dal Laporta, in quanto i decreti di
liquidazione erano stati emessi in data 29.12.2003 sulla base di impegni di spesa
del 16.12.2003;
2. le censure non sono scrutinabili nel merito perché inammissibili per plurime
ragioni concorrenti;

109 del 1994;

2.1. la giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell’affermare che qualora
una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non
risulti trattata in alcun modo nella sentenza, il ricorrente che proponga
tale questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di
inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare
l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di
indicare in quale scritto difensivo o atto del giudizio precedente lo abbia fatto,
onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale

recenti Cass. 22.4.2016 n. 8206 e Cass. 11.4.2016 n. 7048);

2.2. il principio rileva nella fattispecie perché la asserita applicabilità dell’art. 7,
comma 4, del d.p.r. n. 554 del 1999 presuppone un accertamento di fatto sulle
funzioni svolte dal Laporta, sicché il motivo finisce per prospettare una questione
che non è di puro diritto;

2.3. la censura, inoltre, è formulata senza il necessario rispetto dell’onere di
specificazione di cui all’art. 366 nn. 3 e 6 cod. proc. civ. perché il ricorrente
fonda i motivi di doglianza su atti deliberativi dei quali non trascrive nel ricorso il
contenuto e non precisa se gli stessi siano stati prodotti ( da chi e con quali
modalità) nel giudizio di merito;

3. alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo;

3.1. non sussistono ratione temporis

le condizioni di cui all’art. 13 c. 1 quater

d.P.R. n. 115 del 2002

P.Q.M.

La Corte

dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la ricorrente al

pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in C 200,00 per
esborsi ed C 4.000,00 per competenze professionali, oltre rimborso spese
generali del 15% e accessori di legge
Così deciso nella Adunanza camerale del 28 settembre 2017
Il Presidente

Il Funzionario Giudiziario
Dotts

ateila C

ETM

asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa ( cfr. fra le più

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