Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20780 del 11/09/2013
Civile Sent. Sez. 5 Num. 20780 Anno 2013
Presidente: ADAMO MARIO
Relatore: CIRILLO ETTORE
SENTENZA
sul ricorso 24715-2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro
AVIS AUTONOLEGGIO SPA;
– intimato –
avverso la sentenza n. 104/2008 della COMM.TRIB.REG.
di ROMA, depositata il 26/09/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
Data pubblicazione: 11/09/2013
udienza del 14/05/2013 dal Consigliere Dott. ETTORE
CIRILLO;
udito per il ricorrente l’Avvocato DETTORI che si
riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
per l’accoglimento del ricorso.
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso
Ritenuto in fatto
1.
Nell’anno d’imposta 1996 la Soc. AVIS AUTONOLEGGIO
vendeva, in regime di non imponibilità intracomunitaria
(art.41 d.l. 331/93), autovetture usate e le fatturava
a nome di tale Albert SAUER, cittadino tedesco
indicando il numero di
in Germania,
residente
cit.).
A seguito di verifica, l’Ufficio IVA di Roma appurava
che tale numero d’identificazione risultava invece
attribuito alla ditta Edgar LOTHER e che il SAUER aveva
ottenuto il suo diverso numero d’identificazione IVA
<133864485> solo nel marzo 1997.
Pertanto, l’Agenzia delle entrate notificava all’AVIS
avviso
di
rettifica
per
aver
fatto
cessioni
intracomunitarie senza applicazione di IVA nei
confronti di soggetto residente in Germania sprovvisto
di codice identificativo.
2.
Il ricorso della contribuente che,
adduceva
trattarsi d’irregolarità puramente formale, era accolto
in prime cure con sentenza confermata in appello.
La CTR-Lazio motivava la sua decisione con quattro
argomenti: (i) riteneva che l’indicazione inesatta del
codice identificativo del cessionario Albert SAUER
fosse mero errore formale; (ii) rilevava che costui non
era un privato ma un imprenditore; (iii) aggiungeva che
l’AVIS (quale cedente nazionale) non aveva alcun
obbligo giuridico di verificare l’esattezza e la
validità del numero d’identificazione IVA fornitogli
dal cessionario Albert SAUER;
(iv) affermava che
l’infondatezza della pretesa erariale risultava da
altre sentenze tributarie per gli anni d’imposta 1995 e
1997.
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1
identificazione IVA
3.
Ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sei
motivi, l’Agenzia delle entrate; l’AVIS non spiega
attività difensiva.
Considerato in diritto
1.
91
Prendendo le mosse dai motivi ricorso per errori
giuridici, con i primi due mezzi la ricorrente denuncia
co.1-2) e della Sesta Direttiva (art.4), sotto plurimi
profili.
Afferma che il possesso del numero d’identificazione
IVA e la sua successiva annotazione in fattura siano
presupposti indispensabili per qualificare l’operazione
come cessione intracomunitaria non imponibile e che,
conseguentemente, sia errata la sentenza d’appello
nella parte in cui qualifica tale mancanza quale mero
errore formale (primo motivo).
Inoltre,
sostiene
che l’onere di dimostrare la
sussistenza dei presupposti per la non imponibilità
della cessione intracomunitaria spetta alla ditta
cedente e non invece al Fisco e che, contrariamente
all’assunto della sentenza d’appello, il cedente ha
l’onere di verificare la validità del numero
d’identificazione fornito dal cessionario,
comporta
l’inapplicabilità
del
regime
il che
di
non
imponibilità IVA quando il cessionario sia privo di
numero d’identificazione e ne utilizzi uno non suo.
Infine, con altri due mezzi (quarto e quinto), la
ricorrente censura la sentenza d’appello (artt. 324
c.p.c. e 124 att.; art. 2009 c.c.)
riguardo alla
dimostrazione e all’efficacia del giudicato esterno
relativamente ad altri anni d’imposta.
2.
I
suddetti
quattro
mezzi,
giuridicamente correlati tra loro,
logicamente
e
devono essere
trattati congiuntamente e accolti.
Il comma 2 dell’art.46 cit. prescrive che «per le
cessioni intracomunitarie di cui all’articolo 41
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2
la
violazioni del d.l. 331/93 (art. 41 co.1, 46 co.2 e 50
fattura
numero
contenere
deve
del
l’indicazione
di identificazione attribuito, agli effetti
dell’imposta sul valore aggiunto, al cessionario o
di appartenenza».
committente dallo Stato membro
Il comma 1 dell’art.50 cit., inoltre, stabilisce che
«le cessioni intracomunitarie di cui all’articolo 41 …
sono effettuate senza applicazione dell’imposta nei
dei committenti che
e
abbiano comunicato il numero di identificazione agli
stessi attribuito dallo Stato membro di appartenenza».
Il comma 2 della stessa disposizione aggiunge che «agli
effetti della disposizione del comma 1 l’ufficio,
su richiesta degli esercenti imprese,
arti
e
professioni, e secondo modalità stabilite con decreto
conferma la validità del
del Ministro delle finanze,
numero di identificazione attribuito al cessionario o
committente da altro Stato membro della Comunità
economica europea, nonché i dati relativi alla ditta,
ragione sociale, e in mancanza, al
denominazione o
nome e al cognome».
Infine, il decreto ministeriale del 28 gennaio 1993
esercenti
chiarisce che «Gli
che
professioni,
impresa
o
arti
e
cessioni
effettuano
intracomunitarie senza l’applicazione dell’imposta,
validità del numero
possono ottenere conferma della
di identificazione del cessionario
o committente
residente in un altro Stato membro della
Comunità
economica europea nonché i dati relativi alla ditta,
ragione sociale e, in mancanza, al
denominazione o
nome
e
presso
cognome,
l’ufficio IVA di
competenza, che, su richiesta dei soggetti
interessati, rilascia un’attestazione su cui devono
essere apposti il timbro dell’ufficio e la firma del
funzionario responsabile».
3.
Ciò che la normativa prescrive, per il non
assoggettamento a imposta sul territorio italiano
dell’operazione,
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è
che
3
il
cliente
estero
confronti dei cessionari
intracomunitario abbia trasmesso al cedente il proprio
numero di partita IVA, nel senso che il cessionario
s’identifichi come soggetto passivo del tributo nel
proprio Stato di residenza (Sez. 5 n. 12455 del 2007 in
motivazione).
Più in dettaglio, le cessioni intracomunitarie, a norma
dell’art. 50, commi 1 e 2 del d.l. n. 331 del 1993,
confronti dei cessionari e dei committenti che abbiano
comunicato il numero di identificazione attribuito
dallo Stato di appartenenza.
Per accedere al regime esente, però, non basta che gli
esercenti imprese, arti e professioni indichino tale
numero nella documentazione relativa allo scambio
intracomunitario, ma occorre anche che il soggetto
attivo dello scambio dia impulso ad una apposita
procedura di verifica, richiedendo al Ministero la
conferma della validità attuale del numero di
identificazione attribuito al cessionario.
In
assenza
di
tali
adempimenti,
legittimamente
l’Ufficio finanziario può ritenere che lo scambio abbia
carattere nazionale e procedere al recupero dell’IVA,
restando onere del contribuente provare la sussistenza
dei presupposti di fatto che giustificano la deroga al
normale regime impositivo. (Sez. 5, Sentenza n. 3603
del 13/02/2009, Rv. 606843)
La Corte di Giustizia, con la sentenza del 27 settembre
2012 (C-587/10), afferma che il diritto comunitario non
osta a che l’amministrazione tributaria di uno Stato
membro subordini l’esenzione dall’IVA di una cessione
intracomunitaria alla comunicazione, da parte del
fornitore, del numero d’identificazione ai fini
dell’IVA dell’acquirente, purché, tuttavia, il diniego
dell’esenzione non sia opposto unicamente a motivo del
fatto che detto obbligo non è stato rispettato, qualora
il fornitore non possa, in buona fede, e dopo aver
adottato tutte le misure che gli si possono
ragionevolmente richiedere, comunicare tale numero
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sono effettuate senza applicazione d’imposta nei
d’identificazione e fornisca invece indicazioni idonee
a dimostrare sufficientemente che l’acquirente è un
soggetto passivo che agisce in quanto tale nell’ambito
dell’operazione di cui trattasi.
4.
Orbene, la Sesta Direttiva stabilisce:
a) «si considera soggetto passivo chiunque esercita in
produttore, di commerciante o di prestatore di servizi,
comprese le attività estrattive, agricole, nonché
quelle
delle professioni
liberali
o assimilate»
(art.4);
b) “«ogni soggetto passivo deve dichiarare l’inizio, il
cambiamento e la cessazione della propria attività in
qualità di soggetto passivo» (art.22);
c) «gli Stati membri prendono i provvedimenti necessari
affinché sia possibile identificare tramite un numero
individuale ogni soggetto passivo…» (art.28-nonies).
Dunque,
è
incontestabile
che
il
numero
d’identificazione IVA dell’acquirente sia
intrinsecamente connesso allo
status
di soggetto
passivo nell’ambito del regime istituito dalla Sesta
Direttiva (CGCE cit. §48).
Tuttavia, siccome la definizione del soggetto passivo
si riferisce unicamente a chiunque eserciti in modo
indipendente e in qualsiasi luogo una delle attività
economiche indicate, la Sesta Direttiva non subordina
tale status al fatto che il soggetto possieda un numero
d’identificazione IVA.
Risulta, invece, dalla giurisprudenza comunitaria che
il soggetto passivo agisce in questa qualità quando
effettua operazioni nell’ambito della sua attività
imponibile (cit. §49)
Ne deriva che il numero d’identificazione IVA fornisce
sì la prova dello status fiscale del soggetto passivo e
agevola il controllo delle operazioni intracomunitarie,
pur essendo requisito formale che non mette in
discussione il diritto all’esenzione dall’IVA qualora
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modo indipendente e in qualsiasi luogo … le attività di
ricorrano le condizioni sostanziali di una cessione
intracomunitaria (cit. §51).
Sicché il fatto che l’AVIS abbia ottenuto un numero
d’identificazione IVA dal cessionario Albert SAUER e
che quest’ultimo, non disponendone, abbia trasmesso
alla cedente il numero d’identificazione del LOTHER,
non esclude comunque che si operasse in modo
riguardasse beni destinati a essere utilizzati
nell’ambito di una impresa propria dell’acquirente.
Infatti, la corretta indicazione di un valido numero
d’identificazione riguardo al cessionario comunitario
garantisce la capacità di tale soggetto di applicare
l’imposta nel Paese di appartenenza secondo il
principio della tassazione nel luogo di destinazione
dei beni; la detassazione nel Paese di partenza dei
beni, ai sensi della Sesta Direttiva (art.
28-quater),
si giustifica proprio in ragione della tendenziale
imponibilità nello Stato membro in cui la merce giunge
al consumo finale (CGCE, 6 aprile 2006, 0-245/04).
Fa eccezione, secondo la prassi nazionale, solo il caso
in cui il cessionario comunitario, pur non essendo
dotato del numero d’identificazione, dimostri di essere
soggetto IVA e di aver chiesto la relativa partita alle
autorità del suo Paese, nel quale caso il cedente può
emettere la fattura come non imponibile riservandone
l’integrazione con detto numero (C.M. n.13-VII-15463/1994, par. B.9.3). Nulla di ciò ricorre nella
specie.
In siffatta prospettiva non vale allegare il dato
storico che la Soc. AVIS possa aver ceduto negli anni
numerosi veicoli usati ad Albert SAURER tra il 1995 e
il 1997, non essendo ciò sufficiente a dimostrare che
egli non operasse in modo fraudolento e che le vendite
riguardassero veicoli destinati a essere utilizzati
nell’ambito di un’attività economica (individuale)
propria e non di altri.
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fraudolento e non dimostra affatto che la cessione
5.
Né vale addurre, come fa la sentenza d’appello,
pretesi giudicati esterni su altri anni d’imposta.
Infatti, le controversie in materia di IVA sono
soggette a norme comunitarie imperative, la cui
applicazione non può essere ostacolata dal carattere
vincolante del giudicato nazionale e dalla eventuale
sua proiezione anche oltre il periodo di imposta che ne
specifico
oggetto,
ove
gli
stessi
impediscano (secondo quanto stabilito dalla sentenza
della Corte di Giustizia 3 settembre 2009, in causa C2/08) la realizzazione del principio di contrasto
dell’abuso del diritto, individuato dalla
giurisprudenza comunitaria come strumento teso a
garantire la piena applicazione del sistema armonizzato
d’imposta. (Sez. 5, Sentenza n. 16996 del 05/10/2012,
Rv. 624024)
Peraltro,
è addirittura palese l’inesistenza del
ridetto giudicato esterno per l’anno d’imposta 1997,
atteso che le infrazioni per detta annualità sono
oggetto del ricorso 8848/09 trattato nell’odierna
udienza.
6.
L’accoglimento dei
quattro mezzi per errori
giuridici comporta l’assorbimento dei logicamente
subordinati due motivi per vizi motivazionali (il terzo
e il sesto) e la cassazione della sentenza d’appello
senza rinvio e l’immediato rigetto nel merito del
ricorso introduttivo della contribuente, non essendo
necessari ulteriori accertamenti di fatto.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono
la soccombenza e sono liquidate in dispositivo, mentre
si stima equo compensare quelle dei gradi di merito in
ragione della particolarità della fattispecie e
dell’evolversi della vicenda processuale.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, il secondo, il quarto e il
quinto motivo di ricorso, dichiara assorbiti il terzo e
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7
costituisce
ENTE D.1:(
Al SENSI DEI.I…?’ &.2.441 I906
N. 131 TAI3. ALI_ – N.5
IVIATEXIA TRfatl’AilA
il sesto, cassa senza rinvio la sentenza d’appello e,
decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo
della contribuente,
che condanna alle spese del
presente giudizio di legittimità, liquidate in C 3000’00
per compensi oltre alle spese prenotate a debito;
compensa le spese dei gradi di merito.
Così deciso in Roma, il 14 maggio 2013.