Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18179 del 26/07/2013
Civile Ord. Sez. 6 Num. 18179 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: COSENTINO ANTONELLO
ORDINANZA
ci u C
sul ricorso 12284-2011 proposto da:
GALLUCCIO CARMELA GLLCML53C47E815K quale erede di
Celestino Galluccio, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LAURA
MANTEGAZZA 24, presso il dott. MARCO GARDIN,
rappresentata e difesa dall’avvocato PERRONE FRANCO, giusta
delega a margine del ricorso;
– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001 in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE
DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– controricorrente –
Data pubblicazione: 26/07/2013
avverso la decisione n. 362/03/2010 della Commissione Tributaria
Centrale di BARI del 18.2.2010, depositata 11 22/03/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
13/06/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO
COSENTINO.
CENICCOLA.
rilevato che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la relazione di seguito integralmente trascritta:
<< La sig.ra Carmela Galluccio, quale erede di Celestino Galluccio, ricorre contro
l'Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria
Centrale, riformando la sentenza di secondo grado, ha respinto il ricorso introduttivo del suo
dante causa avverso un avviso di accertamento IRPEF — ILOR con il quale l'Ufficio aveva
rideterminato il valore di realizzo di due terreni edificatori venduti dal contribuente nel 1976,
liquidando conseguentemente la maggior imposta sulla plusvalenza.
Il ricorso si fonda su un solo motivo, rubricato "violazione dei principi in tema di motivazione
dell'avviso di accertamento, in relazione all'articolo 360, comma 1, numero 3 c.p.c. e
all'articolo 42 del dp.r. n. 600/73".
Il motivo si articola in una pluralità di censure eterogenee, di cui solo una è riferibile al vizio
di violazione di legge denunciato nella rubrica, e va giudicato inammissibile per le ragioni
che di seguito si espongono.
La prima censura si risolve nella doglianza che la Commissione Tributaria Centrale avrebbe
"omesso di prendere nella dovuta considerazione l'eccezione del contribuente ripetuta in
entrambi i gradi di giudizio di nullità assoluta ed insanabile dell'avviso di accertamento";
nullità derivante dal fatto che l'Ufficio non avrebbe "proceduto all'esame dei singoli atti di
vendita" ma si sarebbe limitato a "compiere una parametrazione priva di qualunque
fondamento", in quanto sulla base dell'esame di un solo atto, peraltro relativo ad un anno
successivo a quello in accertamento, avrebbe stabilito un prezzo a metro quadro che poi
avrebbe applicato indiscriminatamente a tutti i contratti oggetto di accertamento, nonostante
la diversa estensione e posizione dei suoli che ne formavano oggetto (pag.6 del ricorso).
La censura è inammissibile per difetto di specificità in quanto - ancorché il vizio denunciato
consista nella violazione dei principi fissati dall'articolo 42 d.p.r. 600/73 in ordine alla
motivazione dell'atto impositivo - la critica della ricorrente attinge non la statuizione,
implicita, affermativa della legittimità dell'atto impositivo (in relazione alla sussistenza del
requisito di forma rappresentato dalla motivazione dell'atto), bensì la statuizione affermativa
della fondatezza sostanziale della pretesa tributaria. La censura in esame, in sostanza, si Ric, 2011 n. 12284 sez. MT - ud. 13-06-2013
-2- E' presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RAFFAELE risolve nella critica dell'apprezzamento operato dal giudice di merito sulla idoneità delle
risultanze istruttorie a dimostrare la correttezza della valutazione dei terreni in questione
operata dall'Ufficio; critica che, come noto, non può essere proposta in sede di legittimità se
non sotto il profilo del vizio di motivazione di cui all'articolo 360 n. 5 c.p.c.
Va peraltro soggiunto che, quand'anche la censura in esame potesse intendersi come rivolta
alla statuizione (non di fondatezza della pretesa tributaria, ma) di legittimità dell'atto
impositivo, egualmente essa dovrebbe considerarsi inammissibile, per mancanza di difensivi di primo e di secondo grado in cui il contribuente avrebbe sollevato l'eccezione di
illegittimità dell'atto impositivo per carenza di motivazione, né si trascrive la motivazione
dell'avviso di accertamento impugnato; a quest'ultimo proposito deve infatti ribadirsi il
principio, scolpito nella sentenza di questa Corte n. 15867/04, cui si sono conformate le
sentenze nn. 12786/06 e 13007/07, che "In base al principio di autosufficienza de/ricorso per
cassazione, sancito dall'art. 366 cod. proc, civ., qualora il ricorrente censuri la sentenza di
una commissione tributaria regionale sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in
ordine alla motivazione di un avviso di accertamento - il quale non è atto processuale, bensì
amministrativo, la cui motivazione, comprensiva dei presupposti di fatto e delle ragioni
giuridiche che lo giustificano, costituisce imprescindibile requisito di legittimità dell'atto
stesso -, è necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso riporti testualmente i passi
della motivazione di detto atto che si assumono erroneamente interpretati o preterm essi dal
giudice di merito, al fine di consentire alla Corte di cassazione di esprimere il suo giudizio
sulla suddetta congruità esclusivamente in base al ricorso medesimo."
La seconda censura si risolve nella doglianza che la Commissione Tributaria Centrale non
avrebbe preso "nella dovuta considerazione l'eccezione relativa alla mancanza assoluta di
elementi probatori richiamati dall'Ufficio imposte"; anche questa censura è inammissibile,
perché si risolve in una critica all'apprezzamento delle risultanze istruttorie operato dal giudice
di merito, che non può trovare ingresso in sede di legittimità se non sotto il profilo della
denuncia del vizio di motivazione di cui all'articolo 360 n. 5 c.p.c.
La terza censura si risolve nella doglianza che la Commissione Tributaria Centrale non
avrebbe preso nella dovuta considerazione l'eccezione del contribuente in ordine all'utilizzo, da
parte dell'Ufficio, di presunzioni a catena; tale censura si articola in una serie di
argomentazioni di fatto, sviluppate nei paragrafi nn. 3, 4 e 5 del ricorso, palesemente estranee
all'ambito di cognizione proprio del giudizio di legittimità; pure tale censura va dunque
giudicata inammissibile.
Con la quarta censura, sviluppata nel paragrafo n. 6 del ricorso, si lamenta che nell'avviso
impugnato non sarebbero state indicate le aliquote e le imposte applicate, risultando
menzionate soltanto l'aliquote minima e quella massima ai fini IRPEF. Questa censura - che di
tutte quelle svolte nel ricorso è l'unica effettivamente pertinente al denunciato vizio di
violazione dell'articolo 42 d.p.r. 600/73 - é inammissibile per carenza di autosufficienza, Ric. 2011 n. 12284 sez. MT - ud. 13-06-2013
-3- autosufficienza. Nel ricorso, infatti, non si fornisce la precisa indicazione dei luoghi degli atti giacché, analogamente a quanto già rilevato con riferimento alla prima censura, la ricorrente
non fornisce la precisa indicazione dei luoghi degli atti difensivi di primo e di secondo grado
in cui sarebbe stata sollevata l'eccezione di illegittimità dell'atto impositivo per mancata
precisazione delle aliquote e delle imposte applicate, né trascrive la motivazione dell'avviso di
accertamento impugnato.
In conclusione, si propone la declaratoria di inammissibilità del ricorso..>>
che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti;
che non sono state depositate memorie difensive.
Considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio,
condivide le argomentazioni esposte nella relazione;
che, pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile;
che le spese di questo giudizio seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente a rifondere all’Agenzia delle entrate le spese del
presente giudizio che liquida in € 1.000 per onorari oltre spese prenotate a
debito.
Così deciso in Roma il 13 giugno 2013.
che l’ Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso;