Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1510 del 04/12/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 1510 Anno 2016
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BELLOMO MAURIZIO N. IL 14/03/1963
avverso la sentenza n. 10/2013 TRIBUNALE di TRAPANI, del
22/04/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;

Data Udienza: 04/12/2015

RILEVATO IN FATTO

– che con l’impugnata sentenza, in conferma di quella di primo grado,
BELLOMO MAURIZIO era ritenuto responsabile del delitto di ingiuria in
danno di MARRONE GIUSEPPE, rappresentato dall’espressione “pagliaccio”,
e condannato alla pena di giustizia;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione

all’articolo 599 cod. pen., poiché l’imputato si è limitato a reagire davanti a
un atto arrogante della persona offesa commesso 9 giorni prima,
rappresentato dall’aver lasciato un biglietto sulla sua autovettura nel quale
gli dava del “millantatore”;
– che con memoria del 27 novembre 2015 il difensore dell’imputato, avv.
Camillo Rossi, sollecita l’applicazione dell’articolo 131-bis cod. pen.,
introdotto con il decreto legislativo 16 marzo 2015 n. 28, evidenziando che
la fattispecie ictu oculi sia qualificabile di “particolare tenuità”;

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza e
genericità, poiché la ricorrenza dell’esimente è stato esclusa in punto di
fatto, laddove è stata esclusa l’immediatezza della reazione;
– che il concetto di immediatezza non va inteso come contestualità, ma non
può certamente essere dilatato fino al punto da ricomprendere la
manifestazione di rancore per fatti pregressi, poiché è necessario che tra
l’insorgere della reazione ed il fatto ingiusto altrui vi sia una reale
contiguità temporale (Sez. 5, n. 30502 del 16/05/2013, Quaretti, Rv.
257700);
– che con riferimento alla richiesta di applicazione dell’articolo 131-bis cod.
pen., va rilevato che se è certamente vero che, in assenza di una disciplina
transitoria, la declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto
è applicabile anche ai procedimenti pendenti in Cassazione al momento
della sua entrata in vigore (Sez. 3, n. 15449 del 08/04/2015, Mazzarotto,
Rv. 263308; Sez. 2, n. 41742 del 30/09/2015, Clemente, Rv. 264596),
l’istituto non è applicabile ai reati di competenza del giudice di pace;
– che ai sensi dell’art. 2, comma 1, del d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274,
rubricato “principi generali del procedimento davanti al giudice di pace”, nel
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personalmente l’imputato, deducendo violazione di legge in relazione

procedimento davanti al giudice di pace, si osservano di regola le norme
contenute nel codice di procedura penale e nei titoli I e II del decreto
legislativo 28 luglio 1989, n. 271, “in quanto applicabili” e salvo le
specifiche eccezioni quanto ad istituti e procedimenti speciali ad esso
espressamente dichiarati non applicabili;
– che il rito davanti al giudice di pace conosce l’istituto del fatto di
particolare tenuità, disciplinato dall’art. 34 del D. Lgs. n. 274 del 2000, che

sia pure ratione temporis successiva, dell’art. 131-bis cod. pen., poiché il
primo si ha quando, rispetto all’interesse tutelato, l’esiguità del danno o del
pericolo che ne è derivato, nonché la sua occasionalità e il grado della
colpevolezza non giustificano l’esercizio dell’azione penale, tenuto conto
altresì del pregiudizio che l’ulteriore corso del procedimento può recare alle
esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute della persona
sottoposta ad indagini o dell’imputato, mentre nel secondo la punibilità è
esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o
del pericolo, valutate ai sensi dell’articolo 133, comma 1 (con parametri
valutativi quindi ulteriori rispetto all’elemento costituito, ai sensi dell’art. 34
D. Lgs. n. 274 del 2000, dal solo grado della colpevolezza), l’offesa è di
particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale (anziché
occasionale ex art. 34 cit.);
– che milita in tal senso anche una indicazione desumibile dai lavori
preparatori del decreto legislativo n. 28 del 2015, perché il legislatore
delegato non ha accolto l’invito rivolto dalla Commissione Giustizia della
Camera a valutare “l’opportunità di coordinare la disciplina della particolare
tenuità del fatto prevista dell’art. 34 del d.lgs. 28 ottobre 2000, n. 274, in
riferimento ai reati del giudice di pace, con la disciplina prevista dal
provvedimento in esame” ed è stato anche disatteso il suggerimento
avanzato da talune precedenti Commissioni ministeriali di abrogare
espressamente l’art. 34 D. Lgs. n. 274 del 2000;
– che in conclusione, essendo il reato di ingiuria di competenza del giudice
di pace (nel caso di specie di Erice), l’art. 131-bis cod. pen. non può essere
invocato, poiché trova invece applicazione la disciplina speciale della
tenuità prevista dall’art. 34 del D. Lgs. n. 274 del 2000;
– che il ricorrente nulla ha dedotto sul punto, per cui la questione non può
essere esaminata di ufficio da questa Corte;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui
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rappresenta una disposizione speciale rispetto a quella generale codicistica,

all’art. 616 cod. proc. pen., ivi compresa, in assenza di elementi che
valgano ad escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della
prescritta sanzione pecuniaria, il cui importo stimasi equo fissare in euro
mille;

P. Q. M.

spese processuali e al versamento della somma di mille euro alle cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2015
Il consigliere estensore

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

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