Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 992 del 16/12/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 992 Anno 2016
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BEVILACQUA FABIO N. IL 24/05/1983
avverso la sentenza n. 2492/2013 CORTE APPELLO di
CATANZARO, del 26/06/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;

Data Udienza: 16/12/2015

RILEVATO IN FATTO

– che con l’impugnata sentenza, con conferma di quella di primo grado,
BEVILACQUA FABIO era condannato per il reato di furto aggravato di energia
elettrica e condannato alla pena di giustizia;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore
dell’imputato, avv. Mary Aiello, con il quale deduce violazione di legge e vizio di

pronuncia di assoluzione ai sensi dell’articolo 530, comma 2, cod. proc. pen.; il
ricorrente deduce altresì erronea valutazione della prova in relazione al giudizio
di bilanciamento delle attenuanti generiche ed all’eccessività della pena, atteso lo
scarso allarme sociale del fenomeno di sottrazione di energia elettrica;

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile, poiché il primo motivo è del tutto
generico, risolvendosi in petizioni di principio e non in specifiche censure alla
motivazione la sentenza impugnata; sotto questo profilo va ribadito che la Corte
di cassazione non ha il compito di trarre valutazioni autonome dalle prove o dalle
fonti di prova e, pertanto, non si può addentrare nell’esame del contenuto
documentale delle stesse, neppure se riprodotte nel provvedimento impugnato e,
tanto meno, se contenute in un atto di parte, poiché in sede di legittimità è
l’argomentazione critica che si fonda sugli elementi di prova e sulle fonti
indiziarie contenuta nel provvedimento impugnato che è sottoposta al controllo
del giudice di legittimità, al quale spetta di verificarne la rispondenza alle regole
della logica, oltre che del diritto, e all’esigenza della completezza espositiva (Sez.
6, n. 28703 del 20/04/2012, Bonavota, Rv. 253227);
– anche la doglianza in ordine al diniego delle attenuanti generiche e più in
generale al trattamento sanzionatorio è manifestamente infondata, poiché la
Corte territoriale evidenzia la non lievità del fatto, in relazione alle insidiose e
pericolosissima modalità dell’allaccio e dal fatto che il reato sia stato commesso
da soggetto sottoposto a misura cautelare;
– in questa ottica va ricordato che per costante giurisprudenza (Sez. 5, n. 5582
del 30/09/2013 – dep. 04/02/2014, Ferrario, Rv. 259142; Sez. 3, n. 1182 del
17/10/2007, Cilia, Rv. 238851) non vi è margine per il sindacato di legittimità
quando la decisione sia motivata in modo conforme alla legge e ai canoni della
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motivazione in relazione alla valutazione le prove, che avrebbero giustificato una

logica, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; d’altra
parte non è necessario, a soddisfare l’obbligo della motivazione, che il giudice
prenda singolarmente in osservazione tutti gli elementi di cui all’art. 133 cod.
pen., essendo invece sufficiente l’indicazione di quegli elementi che assumono
eminente rilievo nel discrezionale giudizio complessivo (Sez. 2, n. 3609 del
18/01/2011, Sermone, Rv. 249163);
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui

escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione
pecuniaria, il cui importo stimasi equo fissare in euro mille;

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di mille euro in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2015
Il consigliere ‘st sore

Il presidente

all’art. 616 cod. proc. pen., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad

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