Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 661 del 25/11/2015
Penale Ord. Sez. 7 Num. 661 Anno 2016
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
ROMA
nei confronti di:
FRATINI FRANCO N. IL 14/07/1960
avverso la sentenza n. 2992/2013 GIP TRIBUNALE di VITERBO, del
26/09/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI;
Data Udienza: 25/11/2015
Fatto e diritto
Il Procuratore generale di Roma ricorre avverso la sentenza che ha applicato la pena ex
articolo 444 c.p.p. a FRATINI FRANCO per la violazione dell’articolo 73 del dpr n. 309 del
1990, riconoscendogli le attenuanti generiche e quella di cui al comma 7 del citato
articolo 73.
come concordato.
Il ricorso è inammissibile.
Come è noto, l’applicazione della pena su richiesta si fonda su un accordo tra l’imputato e
il pubblico ministero rispetto al quale il giudice ha solo funzioni di controllo del rispetto
delle regole del procedimento, con effetti che si riflettono sul contenuto della sentenza e
sul potere delle parti di impugnarla.
Sotto il primo profilo, dall’assetto strutturale del procedimento deriva che la sentenza non
contiene un vero e proprio giudizio, ma si limita a prendere atto dell’accordo e della
richiesta congiunta delle parti, dandovi esecuzione con una motivazione che non contiene
un accertamento e una valutazione dei fatti, ma piuttosto un resoconto del controllo di
legalità eseguito dal giudice, mediante l’identificazione del fatto, quale è delineato
nell’imputazione, e la verifica della correttezza della qualificazione giuridica di esso,
dell’inesistenza delle cause di non punibilità indicate nell’articolo 129 c.p.p. e della
legittimità e congruità della pena patteggiata, nel rispetto dell’articolo 27 della
Costituzione.
Sotto l’altro profilo, dalla rilevata ricostruzione del “patteggiamento” consegue che a
ciascuna parte non è poi consentito di “rimettere in discussione” la descrizione del fatto,
la sua configurazione giuridica nonché la congruità della pena sulla base della quale si è
raggiunto l’accordo, essendo possibile l’impugnazione della sentenza che abbia ratificato
l’accordo solo ove sia contro legge, giacchè questa, altrimenti, rende incontroversi i punti
della vicenda sui quali questo si è formato.
Tale limitazione nella possibilità di impugnare la sentenza di patteggiamento, vale non
solo per l’imputato ma, simmetricamente, per il principio costituzionale di uguaglianza
fra le parti del processo, anche per il pubblico ministero, non essendo al riguardo
suscettibile di deroga neppure per effetto dell’autonomo e concorrente potere di
impugnazione assegnato dall’articolo 570 c.p.p. agli organi del pubblico ministero:
pertanto, anche il Procuratore generale resta vincolato alle determinazioni pattiziamente
assunte in primo grado dal pubblico ministero mediante l’accordo sull’applicazione della
Contesta il riconoscimento di dette attenuanti e quindi il trattamento sanzionatorio finale
pena (cfr. tra le altre, Sezione VI, 24 maggio 2004, Proc. gen. App. Venezia in proc.
Ansah).
P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Il Consigliere estensore
Così deciso in data 25 novembre 2015