Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50143 del 12/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 50143 Anno 2015
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: AIELLI LUCIA

SASSATELLI DONATELLA nata a Sassuolo il 22.10.1965
avverso la sentenza n. 2037/2013 della Corte d’Appello di Bologna del 9/7/2013;
visti gli atti , la sentenza ed il ricorso;
udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere dott. Lucia AIELLI ;
udito il Sostituto procuratore generale dott. Alfredo VIOLA che ha concluso per il rigetto
del ricorso,
udito il difensore della parte civile: avv. Domenico Giovanardi che ha concluso come da
conclusioni scritte ed ha depositato nota spese;

Ritenuto in fatto

Con sentenza del 9.7.2013 la Corte d’Appello di Bologna confermava la
sentenza del GUP del Tribunale di Milano pronunciata in esito al giudizio
abbreviato, il 12.10.2011, che condannava SASSATELLI Donatella, alla pena di
mesi 8 di reclusione ed euro 400,00 di multa, per il reato di truffa posto in

essere in danno della sorella Sassatelli Barbara.

Data Udienza: 12/11/2015

Avverso la sentenza di appello proponeva ricorso per cassazione
l’imputata tramite il suo difensore di fiducia che eccepiva: I) mancanza,
contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione avuto riguardo: 1) alla
interpretazione delle parole rese dalla parte civile, con riferimento alla
destinazione della somma di denaro ricavata dalla vendita di un immobile, di
proprietà delle due sorelle Sassatelli , di cui il padre aveva l’usufrutto, in quanto
dette dichiarazioni, tra loro contrastanti, sarebbero state erroneamente
interpretate dalla Corte rendendo la motivazione illogica per travisamento della

Sassatelli Barbara a Sassatelli Donatella, la Corte d’Appello pur ritenendo le
dichiarazioni della prima non del tutto genuine, relega , ad avviso della difesa, le
censure difensive a mero ” dettaglio” , motivando così in maniera illogica
circa la sussistenza degli artifizi e raggiri della truffa e in maniera contraddittoria,
per travisamento della prova, avuto riguardo, altresì, alla valorizzazione, delle
preoccupazioni manifestate da Sassatelli Barbara, circa il suo coinvolgimento
con le situazioni debitorie della sorella e del padre , da cui, a parere della difesa,
non si può ricavare il dato della non conoscenza della revoca della delega da
parte della parte civile; 3) infine la motivazione sarebbe carente, non avendo la
Corte, tenuto in considerazione le argomentazioni difensive circa la non
attendibilità della parte civile, laddove avanzava pretese anche sull’immobile di
via Spilamberto , limitando la rilevanza di tale argomento al processo civile.
II) Con il secondo motivo di gravame la difesa contestava la motivazione
in punto di travisamento della prova laddove la Corte ha utilizzato l’argomento
della vendita di altro immobile e le dichiarazioni di Ferrari Bianca , madre delle
Sassatelli, per ritenere che la vendita dell’immobile di via Formigine fosse
avvenuta negli stessi termini resi dalla parte civile, ovvero “al fine di distribuire
gli immobili”.
III)

Il terzo motivo di gravame ripercorreva il primo ed evidenziava

l’illogicità della motivazione in punto di sussistenza degli artifizi e raggiri avuto
riguardo alla sussistenza dell’accordo per la cointestazione del conto ;
IV) con il quarto motivo la difesa lamentava l’illogicità della motivazione
in punto di trattamento sanzionatorio, laddove la Corte di merito, ha valutato
che la pena inflitta dal primo giudice , fosse prossima al minimo edittale, senza
considerare, invece, che la pena base è pari al triplo del minimo edittale ;
V) e VI ) con il quinto e sesto motivo di gravame , la difesa censurava la
motivazione per travisamento della prova, avuto riguardo agli argomenti posti a
base del sequestro conservativo delle somme depositate sul conto corrente di
Sassatelli Donatella e cioè la dispersione della garanzia reale, derivante dalla

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prova; 2) alla cointestazione del conto corrente alle due sorelle , su delega di

cessione, da parte dell’imputata, della nuda proprietà dell’immobile di via
Spilamberto, al padre e dalla alienazione di altro immobile, alla figlia.
La difesa sostiene il travisamento della prova in quanto si tratterebbe ,
nel primo caso non già di cessione della nuda proprietà ma di comodato d’uso ,
nel secondo caso di atto non utilizzabile, in quanto prodotto nel corso di un
procedimento definito con ordinanza di inammissibilità. Infine la difesa si duole
della conferma del sequestro in quanto la Corte d’Appello avrebbe valorizzato il
dato della vendita dell’immobile, avvenuta successivamente alla preliminare

IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato .
Difatti tutti i motivi proposti attengono a valutazioni di merito che sono
insindacabili nel giudizio di legittimità, quando il metodo di valutazione delle
prove sia conforme ai principi giurisprudenziali e l’argomentare scevro da
vizi logici, come nel caso di specie. (Sez. U., n. 24 del 24/11/1999, Spina,
Rv. 214794; Sez. U., n. 12 del 31.5.2000, Sakani, Rv. 216260; Sez. U. n.
47289 del 24.9.2003, Petrella, Rv. 226074).
Ed inoltre, nel caso in esame , ci si trova dinanzi ad una “doppia
conforme” e cioè doppia pronuncia di eguale segno (nel nostro caso di
condanna) per cui il vizio di travisamento della prova può essere rilevato in
sede di legittimità solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica
deduzione) che l’argomento probatorio asseritamente travisato, è stato per
la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del
provvedimento di secondo grado. Invero, sebbene in tema di giudizio di
Cassazione, in forza della novella dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e),
introdotta dalla legge n. 46 del 2006, è ora sindacabile il vizio di
travisamento della prova, che si ha quando nella motivazione si fa uso di
un’informazione rilevante che non esiste nel processo, o quando si omette
la valutazione di una prova decisiva, esso può essere fatto valere
nell’ipotesi in cui l’impugnata decisione abbia riformato quella di primo
grado, non potendo, nel caso di c.d. doppia conforme, superarsi il limite del
“devolutum” con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice
d’appello, per rispondere alla critiche dei motivi di gravame, abbia
richiamato atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice (sez.
2 n. 5223 del 24/1/2007, Rv. 236130). Nel caso di specie, invece, il giudice
di appello ha riesaminato lo stesso materiale probatorio già sottoposto al

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richiesta di sequestro , con ciò violando l’art. 597 c.p.p..

,

tribunale e, dopo avere preso atto delle censure dell’appellante, è giunto
alla medesima conclusione in punto di sussistenza di responsabilità.
Fatta questa doverosa premessa e sviluppando coerentemente i
principi suesposti, deve ritenersi che la sentenza impugnata regga al vaglio
di legittimità, non palesandosi assenza, contraddittorietà od illogicità della
motivazione, ovvero travisamento del fatto o della prova.
In particolare la Corte territoriale dà, adeguatamente, atto, del
vaglio di credibilità al quale è stata sottoposta la deposizione della persona

del 22/1/2008, Rv. 239342); in tal senso la Corte evidenzia che nel
racconto di Sassatelli Barbara non vi sono rilevanti e significative
contraddizioni e, partendo dalla querela del 10.10.2009, maggiormente
lineare , in quanto resa senza filtro della verbalizzazione (pag. 10 in nota),
ricostruisce il fatto trovando significativi riscontri: a) nell’accordo stipulato
tra le parti nel 1999 in cui si dava atto dell’esistenza di controversie circa la
ripartizione degli immobili e della necessità di procedere ad ulteriore vendita
della casa di via Formigine , garantendo, al padre ed alla due figlie, una
pianificata divisione del ricavato; b) nelle dichiarazioni della vicedirettrice e
del funzionario della banca, in ordine all’apertura del conto corrente, il
pomeriggio del 30.9.2009; c) nelle dichiarazioni di Sassatelli Marino che ha
smentito le dichiarazioni della figlia Donatella circa la sussistenza di un
accordo con la sorella Barbara, per la revoca della delega.
Le censure difensive di cui al punto I (n. 1,2,3), sono state
specificamente affrontate dalla Corte d’Appello che ha evidenziato come tali
argomenti siano stati già oggetto di puntuale disamina da parte del primo
giudice, sicchè la Corte ha offerto, rispetto ad essi, una ricostruzione del
fatto che ha tenuto conto di tali specifici motivi di gravame e così in
particolare , con riferimento al profilo della destinazione della somma che ,
ad avviso della Corte , non poteva costituire la provvista per ripianare i
debiti del padre , ma il residuo derivante dalla differenza tra il ricavato della
vendita dell’immobile di via Formigine e la somma occorrente all’acquisto
dell’immobile di via Spilamberto e si diffonde sulle, solo apparenti,
contraddizioni della parte civile (pagg. 10, 11 e 12 della sentenza); sulla
cointestazione del conto corrente e sulla delega ad operare sul conto ( pag.
15 della sentenza in cui viene anche dato atto della marginale
contraddizione della p.c.) ed apprezza, nel complesso, la linearità, coerenza
e genuinità del narrato richiamando in maniera pertinente il principio della
frazionabilità del racconto del dichiarante: ( Cass. 20.12.2010 rv.249200;
Sez. 6, n. 20037/14 rv. 260160).

offesa con motivazione in fatto immune da vizi di legittimità (sez. 3 n. 8382

Riguardo al secondo motivo la Corte a pag. 13 e 14 della sentenza (e
nella nota n. 12), affronta la questione della non credibilità della versione
dell’imputata, circa la distribuzione degli immobili e valorizza le dichiarazioni
rese dalla madre dell’imputata: Ferrari Bianca nonché il tenore di una
scrittura privata intervenuta tra le parti in data 15.10.1999 , non
modificabile se non con consenso scritto, che corrobora la versione dei fatti
per come ricostruita dalla parte offesa.
Con riferimento al terzo motivo denunciato dalla difesa ovvero l’insussistenza

conferimento della delega , la Corte in maniera chiara, evidenzia che il raggiro è
consistito nel convincere la sorella a depositare sul conto corrente a lei intestato,
l’assegno di euro 105.032,50, prevedendo la concessione della delega e
procedendo, il giorno dopo, alla sua revoca ( pag. 14), da cui fa discendere la
prova che tra esso e l’errore in cui la parte offesa è caduta, sussista un preciso
nesso di causalità ( Sez. 5, Sentenza n. 11441 del 27/03/1999, Rv. 214868). In
tale direzione nella decisione di appello , da leggersi congiuntamente a quella
impugnata, gli artifizi o raggiri, che hanno determinato l’induzione in errore della
persona offesa, sono stati correttamente ravvisati nell’affidamento che la
persona offesa stessa ha posto sul buon esito dell’ affare , giustificato sulla base
della natura del rapporto familiare tra le due sorelle , oltre che dalle modalità
stesse dell’ operato dell’ imputata e dal precedente accordo intercorso fra le
stesse parti ( scrittura del 1999).
Riguardo al quarto motivo di censura attinente al trattamento sanzionatorio , la
difesa si duole della motivazione apparente quanto alla determinazione della
pena e della sua illogicità laddove considera la pena inflitta dal primo giudice
prossima al minimo edittale, mentre invece sarebbe a pari al triplo. Orbene con
riferimento alla motivazione sul quantum, si deve ricordare che in tema di
determinazione della misura della pena, il giudice di merito, con la enunciazione,
anche sintetica, della eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri indicati
nell’articolo 133 cod. pen., assolve adeguatamente all’obbligo della motivazione;
infatti, tale valutazione rientra nella sua discrezionalità e non postula un’analitica
esposizione dei criteri adottati per addivenirvi in concreto ( Sez.2, n. 5787/1993,
Croci; Sez. 6, n. 9120/1998, rv.211582; Sez.2, 12749/2008, Gasparri ed altri).
Con riferimento al calcolo, deve osservarsi che nel caso di specie la Corte ha
condiviso la statuizione del primo giudice ed ha specificato che questi si è
attenuto ad una pena base più prossima al minimo che al massimo edittale , a
nulla rilevando, poi , che tale pena possa essere pari al triplo del minimo, atteso
che il suo computo, poggia su specifiche caratteristiche del fatto, quali la sua
entità e l’intensità del dolo , di cui la Corte ha dato espressamente conto, sicchè

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degli artifici o raggiri, e la sussistenza dell’accordo tra le due sorella al

A

il motivo di ricorso sul punto si appalesa del tutto generico, non argomentando
alcun motivo in forza del quale si sarebbe dovuto riconoscere un trattamento più
mite.
Quanto infine, alla misura ablativa del sequestro conservativo, la Corte
territoriale, ha riscontrato la sussistenza del requisito del periculum di
dispersione della garanzia del credito, in relazione alle operazioni di
trasferimento dei beni eseguite dall’imputata, ma ha limitato ad euro 10.000,00
l’importo del sequestro, correlandolo al danno fatto valere in sede penale (danno

parti.
Le censure difensive si sostanziano nel travisamento della prova, relativamente
alla cessione della nuda proprietà dell’immobile di via Spilamberto al padre, nella
inutilizzabilità di atti ed informazioni acquisiti dalla Corte d’Appello, (in
particolare la relazione depositata dalla difesa di parte civile all’udienza davanti
al Tribunale del riesame del 15.11.2011), ad avviso della difesa
“probatoriamente inesistenti”, nella violazione del limite del devolutum avendo la
Corte d’appello valutato il comportamento della Sassatelli successivo al
sequestro.
Deve premettersi che la prima censura costituisce una censura in fatto non
valutabile in questa sede avendo la Corte, con motivazione congrua e sufficiente,
rappresentato il percorso attraverso il quale ha ritenuto provato il dato delle
dispersione della garanzia (cessione del bene al padre, una settimana dopo il suo
acquisto), sicchè tale motivo si appalesa, per le considerazioni indicate in
premessa, inammissibile; quanto alla eccepita inutilizzabilità della relazione della
parte civile , occorre precisare che nel caso in esame il processo è stato definito,
in primo grado, nelle forme del rito abbreviato con la conseguenza che in esso,
devono ritenersi utilizzabili tutti gli atti contenuti nel fascicolo del P.m., ad
eccezione di quelli viziati da inutilizzabilità patologica ovvero quelli assunti contra
legem , situazione non riscontrabile nel caso di specie trattandosi, al più, di
documenti prodotti in un procedimento di riesame, dichiarato inammissibile per
motivi procedurali, che legittimamente possono essere acquisiti al fascicolo
processuale, anche successivamente al sequestro, dovendosi ritenere, quale
limite al quadro probatorio, “lo stato degli atti” esistente al momento della
richiesta di rito, ferme restando le possibilità di integrazione probatoria
dell’interrogatorio dell’imputato e del ricorso ai poteri istruttori del giudice ex art.
441 c. 5 c.p.p.( Sez.6, n. 45806/2008, Alagna ed altri).
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’articolo
616 cod. proc. pen., la condanna dell’imputata che lo ha proposto al pagamento
delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella
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morale) rappresentato dall’avvenuto del tradimento del rapporto fiduciario tra le

determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della
Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del

dictum della Corte

costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si
stima equo determinare in C 1.000,00 .
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle ammende,
nonchè alla rifusione delle spese processuali sostenute nel grado dalla

euro 3.500,00 oltre accessori di legge .
Così deciso, il 12 novembre 2015
Il consigliere estensore

Il presidente

costituita parte civile SASSATELLI BARBARA , che liquida in complessivi

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