Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44439 del 26/11/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 44439 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MANCUSO LEONARDO, nato il 19/09/1977
avverso la sentenza n. 2844/2009 CORTE APPELLO di CATANIA del
24/09/2013;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in pubblica udienza del 26/11/2014 la relazione fatta dal
Consigliere dott. Angela Tardio;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Oscar Cedrangolo,
che ha chiesto annullarsi senza rinvio la sentenza impugnata per
intervenuta prescrizione;
preso atto che nessuno è comparso per il ricorrente.

Data Udienza: 26/11/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 19 gennaio 2009 il Tribunale di Catania – sezione
distaccata di Giarre ha dichiarato Mancuso Leonardo colpevole del reato di cui
all’art. 9, comma 1, legge n. 1423 del 1956, a lui contestato per avere
contravvenuto il 21 marzo 2005 alla prescrizione impostagli con decreto del 29

della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, allontanandosi dalla propria
dimora senza preventivo avviso all’autorità di P.S., e, richiamate le modalità del
fatto oltre ai precedenti penali, che avevano fondato la contestazione della
recidiva reiterata e infraquinquennale, lo ha condannato alla pena di mesi
quattro di arresto.

2. La Corte di appello di Catania, con sentenza del 24 settembre 2013, in
riforma della sentenza di primo grado, impugnata dal solo imputato, ha escluso
la contestata recidiva e ha ridotto la pena a mesi tre di arresto.
La Corte riteneva, a ragione della decisione, infondato l’appello quanto alla
contestazione della responsabilità dell’imputato, e, mentre escludeva la
concessione delle attenuanti generiche, riteneva la recidiva non applicabile alle
contravvenzioni.

3. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del
suo difensore, l’imputato, che ne chiede l’annullamento senza rinvio per essere la
contravvenzione estinta per prescrizione, deducendo, con unico motivo,
inosservanza o erronea applicazione della legge penale, ai sensi dell’art. 606,
comma 1, lett. b) , cod. proc. pen., in relazione agli artt. 129 cod. proc. pen. e
157 e segg. cod. pen.
Secondo il ricorrente, la Corte di appello ha omesso di rilevare che,
trattandosi di contravvenzione commessa il 21 marzo 2005, la prescrizione, in
virtù della normativa antecedente alla legge n. 251 del 2005, era maturata il 21
settembre 2009, e l’ammissibilità del ricorso contenente soltanto il dedotto
motivo è stata già affermata da questa Corte con le sentenze richiamate in
ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso per cassazione è fondato sul solo rilievo della intervenuta
estinzione del reato contravvenzionale, ascritto e ritenuto, il 21 settembre 2009

settembre 2000 del Tribunale di Catania, applicativo della misura di prevenzione

per il decorso del termine di prescrizione prima della pronuncia della sentenza
impugnata (11 giugno 2013) e con essa non rilevato.
1.1. Tale termine, cui non vi è alcun riferimento nella sentenza, è
effettivamente maturato alla data indicata, dovendo essere calcolato in base alla
disciplina del tempo in cui fu commesso il reato, e quindi previgente alla legge n.
251 del 2005.
Alla data di entrata in vigore di detta legge il processo non era, infatti,
pendente in grado di appello, essendo stata emessa il 19 gennaio 2009 la
sentenza di primo grado, che, secondo il condiviso principio di diritto fissato dalle
Sezioni unite di questa Corte (Sez. U, n. 47008 del 29/10/2009,
dep. 10/12/2009, D’Amato, Rv. 244810), è l’atto che determina la pendenza del
giudizio di appello, in quanto ritenuto idoneo a segnare la linea di demarcazione
temporale tra la pregressa e la nuova normativa, ai fini dell’applicazione delle
disposizioni transitorie della nuova disciplina della prescrizione, in linea con gli
interventi della Corte costituzionale (v. sentenza Corte Cost. n. 72 del 2008, che
ha richiamato la precedente sentenza n. 393 del 2006, e ordinanza della stessa
Corte n. 43 del 2012).
1.2. Il fatto ascritto al ricorrente, in particolare, è stato accertato in
Serradifalco il 21 marzo 2005.
Il reato di cui all’art. 9, comma 1, legge n. 1423 del 1956 si prescriveva nel
termine massimo di anni quattro e mesi sei, ai sensi degli artt. 157, comma 1, n.
5, e 160 cod. pen. e tale termine, non emergendo dagli atti alcun utile periodo di
sospensione del suo decorso, è spirato il 21 settembre 2009, prima della
sentenza pronunciata 1’11 giugno 2013 dalla Corte di appello di Catania, che ha
riformato la sentenza di primo grado in punto pena escludendo la contestata
recidiva, non più applicabile tra delitti e contravvenzioni, senza rilevare la
indicata emergenza in applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen.

2. Al rilievo del decorso del termine di prescrizione maturato in data
anteriore alla pronuncia della sentenza di appello non osta, conformemente con il
rilievo difensivo, la circostanza che il ricorso per cassazione sia stato proposto
per l’unico motivo della violazione di legge consistente nella omessa
dichiarazione della causa estintiva della prescrizione maturatasi prima della
emissione della sentenza impugnata .
2.1. Questa Corte ha, invero, più volte affermato che nella indicata ipotesi il
ricorso per cassazione è ammissibile anche se la questione attinente alla
maturazione del termine non sia stata dedotta nel grado di appello o comunque
nei precedenti gradi di giudizio (tra le altre, Sez. 4, n. 6835 del 15/01/2009,
dep. 17/02/2009, Casadei, Rv. 243649; Sez. 2, n. 38704 del 07/07/2009, dep.
06/10/2009, Ioinne, Rv. 244809; Sez. 5, n. 47204 del 11/07/2011, dep.

3

“f f

20/12/2011, Varone, Rv. 251209; Sez. 6, n. 11739 del 21/03/2012, dep.
28/03/2012, Mazzaro, Rv. 252319; Sez. 5, n. 595 del 16/11/2011, dep.
12/01/2012, Rimauro, Rv. 252666; Sez. 4, n. 49817del 06/11/2012, dep.
21/12/2012, Cursio, Rv. 254092; Sez.3, n. 11103 del 30/01/2014, dep.
07/03/2014, Colosso, Rv. 258733).
Tale orientamento muove dal richiamo al principio enunciato dalle Sezioni
unite di questa Corte (Sez. U, n. 23428 del 22/03/2005, dep. 22/06/2005,
Bracale, Rv. 231164) alla cui stregua, secondo la operatane massimazione,

delle doglianze) preclude ogni possibilità sia di far valere sia di rilevare di ufficio,
ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., l’estinzione del reato per prescrizione, pur
maturata in data anteriore alla pronunzia della sentenza di appello, ma non
dedotta né rilevata da quel giudice”,

e, nella sua articolata elaborazione e

prospettazione:
– rimarca che nella stessa richiamata sentenza si é ammessa l’esistenza di
ipotesi in cui il giudice, pur in presenza di una impugnazione inammissibile,
mantiene intatta la sua cognizione e, conseguentemente, la possibilità/necessità
di rendere una pronuncia che non sia meramente enunciativa della predetta
inammissibilità (quale è il caso della morte dell’imputato, dell’abolitio criminis,
della dichiarazione di incostituzionalità della norma incriminatrice della quale si
dovrebbe fare applicazione);
– rappresenta che la funzione e la stessa ratio dell’istituito della prescrizione
militano a conforto della fondatezza dell’assimilazione a dette ipotesi di quella
ipotesi della prescrizione, quale

“morte del reato”,

maturata prima delle

conclusioni della fase di merito, che comporta l’obbligo per il giudice procedente
di riconoscerla;
– evidenzia che esiste una sostanziale differenza tra la prescrizione maturata
prima della sentenza di appello (che il giudicante di merito avrebbe dovuto
rilevare con un mero atto di ricognizione, che non ha compiuto), e quella
maturata dopo di essa o dopo la proposizione del ricorso per cassazione (che può
non aver rilievo, se l’imputato non è in grado di sottoporre al giudice di
legittimità una impugnazione che sia tale da “mantenere in vita” il rapporto
processuale e l’atto di ricognizione riguarda, pertanto, la

“morte” di tale

rapporto, e dunque la inoperatività della prescrizione, non la “morte” del reato
per prescrizione), (in tal senso, Sez. 5, n. 47204 del 11/07/2011, citata, in
motivazione).
2.2. Il Collegio, che condivide l’indicato orientamento e apprezza le
argomentazioni che lo sostengono, ritiene che non debba prescindersi dal
rimarcare anche che il principio enunciato dalle Sezioni unite con la suddetta
decisione è chiaramente riferibile al caso in cui, pur essendo maturata la
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“l’inammissibilità del ricorso per cassazione (nella specie, per assoluta genericità

prescrizione prima della sentenza impugnata, e pur non essendo stata la stessa
rilevata dal giudice, il ricorrente, con il ricorso, si sia limitato a dedurre censure
generiche senza evidenziare l’omessa applicazione da parte del giudice del
merito dell’art. 129, comma 1, cod. proc. pen., in forza del quale la causa
estintiva del reato deve essere rilevata e dichiarata dal giudice in ogni stato e
grado del procedimento anche di ufficio (in tal senso anche, tra le altre, Sez. 4,
n. 6835 del 15/01/2009, citata, in motivazione); che la denuncia che attiene alla
mancata applicazione, a cura del giudice di merito, dell’art. 129, comma 1, cod.

606 cod. proc. pen. come violazione di legge (in tal senso anche, tra le altre,
Sez. 3, n. 11103 del 30/01/2014, citata, in motivazione) e che, nella ipotesi di
omessa applicazione da parte del giudice di merito del disposto della detta
norma, pur ricorrendone i presupposti, l’imputato viene a conoscenza di tale
omissione solo a seguito della pronuncia della sentenza e, quindi, non potrebbe
dedurla se non con il ricorso (in tal senso anche, tra le altre, Sez. 6, n. 11739 del
21/03/2012, citata, in motivazione).
2.3. Non si ignora l’esistenza di pronunce di segno contrario (da ultimo, Sez.
1, n. 6693 del 20/01/2014, dep. 12/02/2014, Cappello, Rv. 259205; Sez. 6, n.
25807 del 14/03/2014, dep. 16/06/2014, Rizzo e altro, Rv. 259202) rispetto al
ricordato condiviso orientamento avuto riguardo alla loro massimazione
conforme a quella della suddetta decisione delle Sezioni unite (Sez. U, n. 23428
del 22/03/2005, citata), ma le stesse non fanno emergere l’esistenza di alcun
contrasto, poiché:
– con riguardo alla prima (Sez. 1, n. 6693 del 20/01/2014). l’estinzione del
reato pe’r prescrizione del reato contravvenzionale, intervenuta prima della
pronuncia della sentenza di appello, non costituiva motivo di ricorso, attinente al
solo vizio logico della motivazione, giudicato inammissibile;
– con riguardo alla seconda (Sez. 6, n. 25807 del 14/03/2014), l’estinzione
del reato per prescrizione era stata dedotta non con il ricorso principale giudicato
inammissibile, ma con i motivi nuovi in correlazione alla chiesta rideterminazione
della pena e al reclamato termine prescrizionale più breve a seguito dell’entrata
in vigore del d.l. n. 146 del 2013, convertito con modificazioni nella legge n. 10
del 2014, giudicati manifestamente infondati.

3. Il ricorso è, pertanto, fondato.
Consegue che alla dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione, non
fatta dalla Corte di appello, deve provvedersi in questa sede annullandosi senza
rinvio la sentenza impugnata con l’adozione della pertinente formula.

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proc. pen. in punto di declaratoria di estinzione del reato è qualificabile ex art.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per
prescrizione.
Così deciso in Roma, in data 26 novembre 2014

Il Consigliere estensore

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