Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 44376 del 14/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 44376 Anno 2015
Presidente: NAPPI ANIELLO
Relatore: MICCOLI GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
STASI ROSALBA N. IL 25/01/1951
avverso la sentenza n. 1/2013 TRIBUNALE di CROTONE, del
30/10/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GRAZIA MICCOLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 14/05/2015

I

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dott. Mario Maria Stefano PINELLI, ha
concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 30 ottobre 2015 il Tribunale di CROTONE ha confermato la pronunzia di
primo grado emessa dal Giudice di Pace della stessa città con la quale, per quanto qui di
interesse, Rosalba STASI era stata condannata per i reati di ingiurie e minaccia in danno di
Stefania Greco.

deducendo i tre seguenti motivi.
2.1. Vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità per i reati
ascritti.
La ricorrente censura la sentenza nella parte in cui, anche travisando le prove, ha ritenuto
irrilevanti i dati desumibili dalla c.d. prova generica che smentirebbero quelli desunti dalla
prova dichiarativa e, in particolare, dalle dichiarazioni della persona offesa.
2.2. Violazione di legge processuale in relazione agli artt. 516, 519, 521 e 522 cod.
proc. pen.
Viene eccepita la nullità della sentenza che non ha tenuto conto del fatto che l’imputata aveva
dimostrato che nel giorno e nell’ora indicata dalla querelante non aveva telefonato alla STASI,
così come dimostrato dai tabulati prodotti dalla difesa.
2.3. Vizio di motivazione in ordine al reato di cui all’art. 612 cod. pen.
La ricorrente si lamenta del fatto che il Tribunale avrebbe omesso di rispondere specificamente
sulle doglianze avanzate in appello in relazione alla configurabilità del reato di minaccia.
3. Con nota pervenuta in data 24 aprile 2015 sono stati presentati dei “motivi aggiunti”, con i
quali vengono reiterate le doglianze in ordine alla valutazione delle prove da parte dei giudici di
merito e a vizi di motivazione ad essa inerenti.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
I primi due motivi proposti sono generici e fanno riferimento ad elementi di merito, con la
finalità di una rivalutazione dei fatti che sfugge al sindacato di legittimità.
Va ricordato che a questa Corte non possono essere sottoposti giudizi di merito, non consentiti
neppure alla luce del nuovo testo dell’art. 606, lettera e), cod. proc. pen.; la modifica
normativa di cui alla legge 20 febbraio 2006 n. 46 lascia inalterata la natura del controllo
demandato alla Corte di cassazione, che può essere solo di legittimità e non può estendersi ad
una valutazione di merito. Il nuovo vizio introdotto è quello che attiene alla motivazione, la cui
mancanza, illogicità o contraddittorietà può essere desunta non solo dal testo del
provvedimento impugnato, ma anche da altri atti del processo specificamente indicati; è perciò
possibile ora valutare il cosiddetto travisamento della prova, che si realizza allorché si

2. Con atto sottoscritto dal suo difensore ha proposto ricorso per cassazione l’imputata STASI,

introduce nella motivazione un’informazione rilevante che non esiste nel processo oppure
quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronunzia. Attraverso
l’indicazione specifica di atti contenenti la prova travisata od omessa, si consente nel giudizio
di cassazione di verificare la correttezza della motivazione. Più approfonditamente, si è
affermato che la specificità dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., dettato in tema di ricorso per
Cassazione al fine di definirne l’ammissibilità per ragioni connesse alla motivazione, esclude
che tale norma possa essere dilatata per effetto delle regole processuali concernenti la
motivazione, attraverso l’utilizzazione del vizio di violazione di legge di cui al citato articolo,

norme processuali stabilita a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, sia
perché la puntuale indicazione di cui al punto e) ricollega ai limiti in questo indicati ogni vizio
motivazionale; sicché il concetto di mancanza di motivazione non può essere utilizzato sino a
ricomprendere ogni omissione od errore che concernano l’analisi di determinati, specifici
elementi probatori (Sez. 3, n. 44901 del 17/10/2012, F., Rv. 253567).
Tanto premesso, occorre rilevare che i motivi proposti dalla ricorrente in ordine
all’affermazione della sua responsabilità in effetti si limitano a censurare proprio la sussistenza
di prove a suo carico. Quanto dedotto però risulta non avere alcuna effettiva considerazione
degli elementi evidenziati e degli argomenti spesi nella sentenza impugnata, che invece ha
trattato le argomentazioni difensive in maniera esaustiva ed esente da vizi logici, anche con
specifico riferimento alla attendibilità della persona offesa.
2. Riguardo l’ultimo motivo proposto nell’interesse della ricorrente, va in effetti rilevato che il
Tribunale non ha specificamente motivato sulla configurabilità del reato di minacce.
Tale circostanza, però, non può essere negativamente valutata, giacché in ordine al reato di
minacce sia l’atto di appello che il ricorso in esame contengono doglianze del tutto generiche e
per questo inammissibili.
In proposito, giova ricordare che il difetto di motivazione della sentenza di appello in ordine a
motivi generici, proposti in concorso con altri motivi specifici, non può formare oggetto di
ricorso per Cassazione, poiché i motivi generici restano viziati da inammissibilità originaria
anche quando la decisione del giudice dell’impugnazione non pronuncia in concreto tale
sanzione (Sez. 3, n. 10709 del 25/11/2014, Botta, Rv. 262700; Sez. 2, n. 49007 del
16/09/2014, lussi e altri, Rv. 261423).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della cassa dell ammende.
Così deciso in Roma, il 14 maggio 2015
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lett. c). E ciò, sia perché la deducibilità per Cassazione è ammessa solo per la violazione di

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