Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 37564 del 26/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 37564 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Marega Vincenzo, nato a Cormons 1’1.4.1967, avverso la sentenza
pronunciata dalla corte di appello di Trieste il 27.5.2015;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Alfredo Guardiano;
udito il pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore
generale dott. Alberto Cardino, che ha concluso per il rigetto del
ricorso;
udito per il ricorrente l’avv. Liliana Salemme, del Foro di Roma, in
qualità di sostituto processuale del difensore di fiducia, avv.

Data Udienza: 26/05/2015

Massimo Bruno, del Foro di Monfalcone, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

1. Con sentenza pronunciata il 27.5.2015 la corte di appello di
Trieste confermava la sentenza con cui, in data 16.11.2011, il
tribunale di Udine aveva condannato Marega Vincenzo alla pena
ritenuta di giustizia in relazione ai reati di cui agli artt. 614 e 581,
c.p., commessi in danno di Franceschini Gabriella.
Secondo la ricostruzione dei fatti fornita dalla corte territoriale
l’imputato si era introdotto contro la volontà della persona offesa
nelle pertinenze della abitazione delle medesima, scavalcando la
recinzione del giardino circostante l’abitazione, e, poi, aveva
tentato di introdursi in casa anche spintonando la Franceschini,
con la quale aveva avuto in precedenza una relazione.
La corte territoriale ha condiviso la valutazione del giudice di
primo grado in ordine alla attendibilità del narrato della persona
offesa, confermato da quello dell’attuale convivente della
medesima, nonché il giudizio di inattendibilità del teste addotto
dalla difesa secondo cui l’imputato si era introdotto nel giardino
non scavalcando la recinzione, ma con il consenso della stessa
persona offesa.
Inoltre la corte territoriale ha anche ritenuto superfluo disporre la
rinnovazione dell’istruzione chiesta dall’appellante, avente ad
oggetto l’audizione di diversi testi che avrebbero dovuto riferire in
ordine ai rapporti tra il Marega e la Franceschini, dopo la fine della
loro relazione, rilevando l’insussistenza dei presupposti che, ai

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FATTO E DIRITTO

sensi

dell’art.

603,

giustificano

c.p.p.,

la

rinnovazione

dell’istruttoria in secondo grado.
Ciò in quanto, da un lato le prove richieste non sono
“sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado”, né

dibattimento di primo grado, per la loro congruenza e
attendibilità, sono del tutto sufficienti per decidere allo stato degli
atti” (cfr. p. 9).
2. Avverso la decisione della corte territoriale, di cui chiede
l’annullamento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione
l’imputato, a mezzo del suo difensore di fiducia, avv. Massimo
Bruno, del Foro di Monfalcone, Napoli, con cui lamenta vizio di
motivazione e mancata assunzione di una prova decisiva,
deducendo di avere prodotto innanzi alla corte di appello
investigazioni difensive dalle quali sarebbe emerso che era la
persona offesa a non voler interrompere la relazione con
l’imputato, rendendosi pertanto necessaria la rinnovazione
dell’istruzione dibattimentale.
3. Il ricorso non può trovare, stante l’evidente inammissibilità dei
motivi su cui si fonda, trattandosi di motivi che, riproponendo
acriticamente le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate
dal giudice del gravame, che ha specificamente indicato le ragioni
della superfluità della richiesta rinnovazione istruttoria, motivata
dall’appellante negli stessi termini prospettati in ricorso (cfr., in
particolare, p. 9), devono considerarsi non specifici, ma, piuttosto,
meramente apparenti, in quanto non assolvono la funzione tipica
di critica puntuale avverso la sentenza oggetto di ricorso.
La mancanza di specificità del motivo, infatti, deve essere
apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza,

3

“assolutamente necessarie”, dall’altro “le prove raccolte nel

ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni
argomentate della decisione impugnata e quelle poste a
fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le
esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di

lett. c), c.p.p., all’inammissibilità (cfr. Cass., sez. IV, 18.9.1997 13.1.1998, n. 256, rv. 210157; Cass., sez. V, 27.1.2005 25.3.2005, n. 11933, rv. 231708; Cass., sez. V, 12.12.1996, n.
3608, p.m. in proc. Tizzani e altri, rv. 207389).
4. Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso di cui in
premessa va, dunque, dichiarato inammissibile, con condanna del
ricorrente, ai sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese
del procedimento e della somma di euro 1000,00 a favore della
cassa delle ammende, tenuto conto della circostanza che
l’evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione, non
consente di ritenere il ricorrente medesimo immune da colpa nella
determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilità (cfr.
Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro
1000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma i À6.5.2015

mancanza di specificità, conducente, a norma dell’art. 591, co. 1,

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