Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35728 del 10/06/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 35728 Anno 2015
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: ZAZA CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Collini Gian Mauro, nato a Brescia il 19/07/1969

avverso la sentenza del 06/10/2014 della Corte d’Appello di Venezia

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Gioacchino Izzo, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Antonetta Faieta in sostituzione dell’avv. Fabiana
Treglia, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza impugnata veniva confermata la sentenza del Tribunale di
Verona, Sezione distaccata di Legnago, del 11/05/2007, con la quale Gian Mauro
Collini era ritenuto responsabile del reato di cui agli artt. 624 e 625 cod. pen.,
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„k,._577

Data Udienza: 10/06/2015

commesso il 01/12/2003 introducendosi con effrazione nel bar gestito da
Stefano Carletto in Vigasio e sottraendo dal registratore di cassa la somma di C
1.900; e condannato alla pena di anni uno e mesi due di reclusione ed C 400 di
multa.
L’imputato ricorrente deduce:
1.

vizio motivazionale sull’applicazione dell’aumento di pena per la

contestata recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale; il riferimento della
sentenza impugnata ad una nutrita serie dei precedenti penali per reati contro il

precedentemente alla data del fatto contestato, il Collini veniva condannato solo
per un reato di furto, altro di tentata violenza privata e due di guida in stato di
ebbrezza, e le altre condanne per reati contro il patrimonio erano successive;
2. violazione di legge e vizio motivazionale sull’intervenuta prescrizione del
reato; difetterebbe la motivazione sulla richiesta, proposta con l’atto di nomina
difensiva in appello, di rilevare il decorso del termine prescrizionale al
11/05/2013 dalla data della sentenza di primo grado, decorso comunque
avvenuto pur tenendosi conto dell’aumento del termine a dieci anni per la
recidiva di cui sopra.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il motivo dedotto sull’applicazione dell’aumento di pena per la contestata
recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale è inammissibile.
La questione non veniva proposta con l’atto di appello, il che ne preclude
l’esame in questa sede; non senza considerare la comunque manifesta
infondatezza della stessa, laddove, nella stessa prospettazione del ricorrente, le
condanne precedenti al fatto contestato erano sufficienti ai fini dell’integrazione
della recidiva nei termini di cui alla contestazione, e le condanne successive ben
possono essere valutate ai fini del giudizio di ingravescente pericolosità, posto
alla base della decisione sull’applicazione in concreto dell’aumento di pena.

2. Sono altresì inammissibili i motivi dedotti sulla prescrizione del reato.
Posto che per quanto detto al punto precedente l’aumento di pena per la
recidiva veniva motivatamente applicato, e che peraltro la recidiva rileva a fini
prescrizionali anche laddove il relativo aumento non sia disposto (Sez. 2, n.
35805 del 18/06/2013, Romano, Rv. 257298), per effetto di ciò il termine
prescrizionale di base per il reato contestato, determinato tenendo conto per
l’appunto della recidiva ai sensi del quarto comma dell’art. 99 cod. pen. con il
2

patrimonio sarebbe contraddittorio rispetto alle circostanze per le quali,

criterio moderatore di cui al successivo comma sesto, è pari a sette anni e sei
mesi, non decorsi fra le sentenze di primo e di secondo grado; ed il termine
massimo, calcolato ai sensi dell’art. 161 cod. proc. pen. con aumento di due terzi
sul termine di base per effetto della natura reiterata, specifica ed
infraquinquennale recidiva, corrisponde a dodici anni e sei mesi, decorrente dalla
data del fatto fino al 01/06/2016. Le censure del ricorrente sono pertanto
manifestamente infondate.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del

Cassa delle Ammende che, valutata l’entità della vicenda processuale, appare
equo determinare in C 1.000.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 10/06/2015

ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della

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