Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 24949 del 22/05/2013
Penale Sent. Sez. 2 Num. 24949 Anno 2013
Presidente: GENTILE DOMENICO
Relatore: GALLO DOMENICO
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Kaire Khadi, nata in Senegal 18/10/1976
avverso la sentenza 25/9/2012 della Corte d’appello di Genova, I sezione
penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Luigi Riello, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1.
Con sentenza in data 25/9/2012, la Corte di appello di Genova,
confermava la sentenza del Tribunale di Genova, in data 28/12/2009, che
aveva condannato Kaire Khadi alla pena di mesi quattro di reclusione ed C.
300,00 di multa per i reati di detenzione per la vendita di prodotti con
marchi contraffati e di ricettazione degli stessi.
2.
La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello,
Data Udienza: 22/05/2013
in punto di falso grossolano e di sussistenza dell’elemento soggettivo per il
reato di ricettazione, e confermava le statuizioni del primo giudice,
ritenendo accertata la penale responsabilità dell’imputata in ordine ai reati
a lei ascritti, ed equa la pena inflitta.
3.
Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputata personalmente,
sollevando quattro motivi di gravame con il quali deduce:
Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in
relazione al mancato riconoscimento del falso innocuo o grossolano con
riferimento all’art. 474 cod. pen.
3.2
Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in
relazione alla valutazione circa la sussistenza dell’elemento soggettivo del
reato di ricettazione;
3.3
Erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt.
163 e 164 cod. pen., dolendosi della mancata concessione della
sospensione condizionale della pena;
3.4
Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in
relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.
Il ricorso è infondato.
2.
Per quanto riguarda il primo motivo di ricorso, la censura è
infondata. In punto di diritto la S.C. ha statuito che integra il delitto di cui
all’art. 474 cod. pen. la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio
contraffatto; né, a tal
• fine, ha rilievo la configurabilità della cosiddetta
contraffazione grossolana, considerato che l’art. 474 cod. pen. tutela, in via
principale e diretta, non già la libera determinazione dell’acquirente, ma la
pubblica fede, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi o segni
distintivi, che individuano le opere dell’ingegno e i prodotti industriali e ne
garantiscono la circolazione; si tratta, pertanto, di un reato di pericolo, per
la cui configurazione non occorre la realizzazione dell’inganno e nemmeno
ricorre l’ipotesi del reato impossibile qualora la grossolanità della
contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità
2
3.1
che gli acquirenti siano tratti in inganno (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 20944
del 04/05/2012 Ud. (dep. 31/05/2012 ) Rv. 252836). Nel caso di specie
nessuna censura può essere mossa alla sentenza impugnata in quanto le
conclusioni a cui è pervenuta la Corte territoriale sono pienamente coerenti
con i principi di diritto sopra richiamati.
3.
Ugualmente infondate sono le censure in punto di elemento
ritenuto che nel caso di specie sussiste quanto meno il dolo eventuale, non
potendosi dubitare del fatto che l’imputata abbia consapevolmente
accettato il rischio della provenienza delittuosa dei beni, essendo in grado di
rappresentarsi la loro provenienza da delitto (per la contraffazione dei
marchi).
4.
Per quanto riguarda la mancata concessione delle attenuanti
generiche la Corte territoriale ha adeguatamente motivato sul punto.
5.
Per quanto riguarda la mancata concessione della sospensione
condizionale della pena, la questione non è stata oggetto di una specifica
richiesta con i motivi d’appello e pertanto non è stata devoluta alla Corte
d’appello, che non aveva l’obbligo di motivare sul punto.
6.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
rigetta il ricorso, l’imputata che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso, il 22 maggio 2013
Il Consigliere estensore
Il Presidente
soggettivo per il reato di ricettazione in quanto correttamente la Corte ha