Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 56716 del 17/10/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 56716 Anno 2017
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: SARACENO ROSA ANNA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MAZZARELLA MICHELE nato il 14/07/1978 a NAPOLI

avverso l’ordinanza del 21/10/2014 del GIP TRIBUNALE di NAPOLI
sentita la relazione svolta dal Consigliere ROSA ANNA SARACENO;
lette/sentite le conclusioni del PG

Data Udienza: 17/10/2017

Lette le conclusioni del P.G., in persona del dott. Sante Spinaci, che ha
chiesto il rigetto del ricorso.

Ritenuto in fatto e considerato in diritto

1. Con l’ordinanza in epigrafe il Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Napoli, deliberando in funzione di giudice dell’esecuzione,

ottenere la rideterminazione della pena inflitta con sentenza del medesimo G.i.p.
in data 27 ottobre 2008, irrevocabile il 18 febbraio 2013.
2. Avverso l’indicato provvedimento ha proposto ricorso per cassazione
l’interessato a mezzo del difensore, chiedendone l’annullamento per violazione di
legge e vizio di motivazione sia con riferimento alla richiesta esclusione della
recidiva per incompatibilità con la riconosciuta continuazione, sia per l’omessa
applicazione della riduzione di un terzo ex art. 442 cod. proc. pen. sugli aumenti
di pena.
3. L’impugnazione è inammissibile perché basata su motivi manifestamente
infondati.
3.1 L’ordinanza impugnata ha ricordato in premessa che con la sentenza
sopra indicata il Mazzarella è stato condannato alla pena di anni 28 mesi 8 di
reclusione, considerato l’aumento per la recidiva e ritenuta la continuazione con
le condotte di cui alla sentenza della Corte di assise di appello del 29.9.2004,
valutato più grave il reato ivi contestato e con il reato di cui alla sentenza della
Corte di appello di Napoli del 23.4.2007, determinandosi in anni quattro di
reclusione l’aumento ex art. 81 cpv. cod. pen.; ha, quindi, ritenuto di non poter
accogliere la domanda proposta dall’interessato, in quanto le doglianze formulate
avrebbero dovuto essere fatte valere con l’esperimento degli ordinari mezzi di
impugnazione avverso la sentenza di condanna, in quanto attinenti al profilo
della quantificazione della pena e al criterio di calcolo adottato per la
determinazione della stessa.
3.2 La decisione assunta è assolutamente corretta in diritto, in quanto il
ricorrente pretende una nuova deliberazione sulla compatibilità tra continuazione
e recidiva, già negativamente risolta dal giudice della cognizione, e una
rideterminazione della pena sempre stabilita in sede di cognizione, così
sollecitando un intervento inammissibile in fase esecutiva poichè, come già
affermato da questa Corte in casi similari con orientamento che si condivide e si
riafferma, non è consentito al giudice della esecuzione modificare il giudicato nei
ti

respingeva l’istanza proposta dal condannato Mazzarella Michele volta ad

suoi elementi essenziali, operazione possibile soltanto nel giudizio di cognizione
attraverso il rimedio della impugnazione.
È di tutta evidenza, infatti, che con la richiesta di esclusione della recidiva
per presunta incompatibilità con la riconosciuta continuazione si tende ad
ottenere la sovrapposizione di una diversa valutazione su quanto già ritenuto
nella sentenza del processo definito e, dunque, una inammissibile modifica del
contenuto sostanziale della decisione, proponendo in via postuma, con uno
strumento processuale inappropriato, una questione che avrebbe potuto e

nella competente sede, in conformità all’orientamento maggioritario della
giurisprudenza di legittimità che ha ripetutamente sostenuto la piena
compatibilità fra i due istituti e, nella ricorrenza dei rispettivi presupposti, la loro
contestuale applicazione (Sez. U, n. 9148 del 17/04/1996, P.M. in proc. Zucca,
Rv. 205543; Sez. 4 n. 37759 del 21/06/2013, Lopreste e altro, Rv. 256212; sez.
5, n. 41881 del 02/07/2013, Marrella e altro, Rv. 256712; sez. 4, n. 49658 del
2014, Paternesi ed altro, Rv. 261169; sez. 2, n. 19477 del 20/04/2016, Calise e
altro, Rv. 266522), alla stregua del rilievo che «altro è (…) ritenere che singole
condotte criminose siano state eseguite in esecuzione di una medesima
ideazione, il che consente il consolidamento dei fatti con il vincolo della
continuazione e la conseguente mitigazione del trattamento sanzionatorio
discendente dalla valorizzazione del particolare atteggiamento soggettivo di chi
esegue più condotte in esecuzione di un medesimo disegno criminoso; altro è
valutare la concreta e crescente pericolosità dell’imputato che si esprime
attraverso la reiterazione di condotte penalmente rilevanti, indipendentemente
dal fatto che le stesse possano ritenersi unificate dal vincolo della continuazione
in considerazione del riconoscimento del particolare atteggiamento soggettivo
dell’agente» ( Rv. 266522 cit.).
3.3 Parimenti, e per le stesse ragioni, è stata implicitamente disattesa la
questione relativa alla riduzione per il rito che, peraltro, il ricorrente prospetta in
parte in modo erroneo, laddove sostiene che la riduzione per il rito deve essere
applicata sull’intera pena determinata dopo l’applicazione degli aumenti, anche
nel caso in cui, come nella specie, sia stata individuata quale più grave la
violazione giudicata con il rito ordinario, e ciò in manifesto contrasto con quanto
affermato in alcuni recenti arresti di questa Corte, evocati nel ricorso: così sez. 3
n. 37848 del 19/05/2015, Cutuli e altri, Rv. 264812, “nell’ipotesi in cui venga
riconosciuta, in fase di cognizione, la continuazione tra più reati, oggetto, alcuni,
di condanna all’esito di giudizio abbreviato e, altri, di condanna all’esito di
giudizio ordinario, la riduzione ex art. 442 cod. proc. pen. va applicata, – qualora
il reato più grave sia stato giudicato con il rito speciale – sulla pena finale

dovuto essere sollevata nell’ambito del giudizio di cognizione, peraltro risolta,

determinata dopo l’aumento disposto per i reati satellite, anche se definiti con il
rito ordinario; qualora invece il giudice procedente individui, quale reato più
grave, quello giudicato con rito ordinario, la riduzione di pena dovrà essere
disposta per i soli reati satellite giudicati con rito abbreviato”; in termini, per la
continuazione riconosciuta in sede di esecuzione, Sez. 5 n. 20113 del
27/11/2015 Cc. (dep. 13/05/2016), Moreo, Rv. 267244.
Va, infine, rilevato, quanto alla ventilata mancata applicazione della
riduzione per il rito sugli aumenti determinati per i reati satellite giudicati con

stata allegata a sostegno della stessa la parte della sentenza 27.10.2008 relativa
al trattamento sanzionatorio e, di contro, risultando dal casellario giudiziale
operata la detta riduzione; sicché tutte le altre questioni agitate sono state
correttamente e implicitamente disattese dalla decisione impugnata, essendo
inibito al giudice dell’esecuzione apportare modifiche alla pena irrogata in
cognizione ed essendo il suo intervento giustificato nei soli casi di illegalità
manifesta o sopravvenuta della pena, non riscontrabili nella fattispecie.
4. Per le considerazioni svolte il ricorso, palesemente privo di fondamento
nelle sue deduzioni, va dichiarato inammissibile con la conseguente condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di
colpa insiti nella proposizione di siffatta impugnazione, anche al versamento di
una sanzione pecuniaria in favore della cassa delle ammende, che si reputa equo
determinare in euro 2.000,00.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2017
Il onsigliere tensore

Il Presidente

rito abbreviato, che la censura non è nemmeno autosufficiente, non essendo

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